Totò Bonanno, Ritratto di Leonardo Sciascia, 1986

Che cosa avrebbe scritto oggi Sciascia di Salvini, di Grillo e del cretino di sinistra?

Giampiero Mughini

Trent’anni senza e l’Italia uguale e peggiore del terzo millennio

A ricordarmi che sono passati ben trent’anni da quando s’è spenta la voce di Leonardo Sciascia, una voce che era assieme uno atto di stile letterario e un atto morale, c’è voluto che mi arrivasse via mail un comunicato dell’Associazione Amici di Leonardo Sciascia. Trent’anni fa. Caso volle che a darmi la notizia, quella mattina, fosse Antonello Trombadori, la medaglia d’argento al valor militare della Resistenza che di Sciascia era stato amicissimo e talvolta complice intellettuale. Né mai dimenticherò una cena in un ristorante milanese in cui eravamo tutti e tre, Sciascia Antonello e io – due siciliani e un siciliano ad honorem quale Antonello (figlio di un pittore siciliano) –, a chiacchierare di dannate cose italiane recenti e meno recenti.

 

Trent’anni da quando s’è spenta la voce di Leonardo, quel suo stare al di fuori di tutto e di tutti pur stando addentro a ognuna delle cose che conta nella topografia del nostro vivere civile. Stare al di fuori delle congreghe editoriali, delle verità da quattro soldi seppur diffuse, delle apparentemente irrinunciabili correnti alla moda del pensare pubblico, delle giaculatorie dei Professionisti del Bene, dei continui e apodittici riferimenti all’“esser di sinistra” o all’“esser fascisti”. Fascista Matteo Salvini? Ma non diciamo sciocchezze. Lo fosse, sarebbe tutto più facile. Più facile contrastarlo, più facile sgambettarlo, più facile parare la riuscita plebea ma non soltanto plebea del salvinismo e dei suoi addentellati anche giornalistici e intellettuali (chiamiamoli così). E invece ci troviamo di fronte a una tragedia nazionale inedita, a cominciare dal fatto che uno dei protagonisti della storia italiana dell’ultimo Novecento, Silvio Berlusconi o comunque quel che resta della sua insegna, si è fatto risucchiare dall’adunata oceanica dei sostenitori di Salvini e di Giorgia Meloni. E’ questa la “destra” italiana del Terzo millennio, quelli che ce l’hanno a morte con Fabio Fazio e con alcune centinaia di poveri sciagurati eruttati dai drammi del continente africano e sempre che prima non muoiano annegati? Da piangere. 

 

Che ne avrebbe scritto Sciascia se fosse vivo? Che ne avrebbe scritto lui che era aguzzo su tutti e su tutto, lui che non perdonava nulla al “cretino di sinistra” di cui nei primi anni Sessanta era stato il primo a intravederne la nascita? Che avrebbe scritto di queste miserevoli geremiadi partitanti se sì o no aumentare di qualche euro alcune aliquote Iva, e laddove il nostro paese non ha più i soldi di che fare le manutenzioni le più necessarie in una città/vetrina come Roma? E che avrebbe scritto di Beppe Grillo, il quale vorrebbe togliere il voto a noi che abbiamo i capelli bianchi e dunque non abbiamo sufficientemente a cuore il destino del paese dato che siamo lì lì per stramazzare di vecchiaia? A Grillo, e ammesso che ne valga la pena, vorrei offrire il ritratto di me stesso ventenne, di uno che all’Università faceva spaventose concioni a favore del Bene e contro i Cattivi, per poi tornare a casa dove mia madre mi faceva trovare gli spaghetti bell’e pronti sul piatto. E invece adesso che sono “un quasi ottantenne” come mi ha definito un pensatore di rara eleganza quale Vittorio Sgarbi, sono invece uno che la domenica monta su un treno e va a guadagnarsi la pagnotta su cui pagherà il 50 per cento di tasse. Non proprio uno che se ne strainfischia del suo paese.

 

E a proposito di chi evade le tasse e chi non le evade, lo sapete vero che il 12 per cento degli italiani paga il 58 per cento delle tasse complessivamente incassate dall’Agenzia delle Entrate. Trovereste immorale, lo ha già scritto su queste pagine Stefano Cingolani, che qualcuno di quelli che stanno nel fatidico 12 cento di italiani tentasse di sottrarre qualche dindino ai colpi cruenti dell’ascia fiscale? Evasori e tartassati, era il titolo di un meritorio libro del grande economista Giorgio Fuà di ben 40 anni fa. C’è chi evade e c’è chi viene massacrato dal fisco. Un libro che potresti rileggere oggi avendone l’impressione che è stato scritto ieri mattina.