Lo sguardo di Greta Thunberg all'arrivo di Donald Trump al vertice Onu sul clima (screenshot da youtube)

Populisti e ambientalisti sono più simili di quanto pensino

I due movimenti sono accomunati dall'odio verso il sistema capitalistico. In futuro potrebbero allearsi, scrive il Financial Times

Periodicamente torna a farsi sentire la voce di chi vorrebbe rifondare il capitalismo. Ad agosto la Business Roundtable – un gruppo di amministratori delegati delle più importanti aziende americane – ha firmato un documento secondo cui lo scopo di un'impresa non è solo creare profitto, ma anche di proteggere l'ambiente e trattare i dipendenti con dignità e rispetto. Una posizione, questa, che si discosta dal liberismo più ortodosso. Un mese dopo, il Financial Times annunciava in prima pagina che è giunto “il tempo per un reset” del capitalismo. Il quotidiano londinese, massima espressione della City, ha lanciato una nuova agenda per “riformare e preservare” il sistema che ha garantito la creazione di ricchezza e lavoro. Nell'editoriale, scritto da Martin Wolf, l'autore spiega che il capitalismo non è più efficace come una volta: non produce più produttività, mentre aumenta le disuguaglianze e genera choc finanziari. Ma il problema non sarebbe da ricercare nelle argomentazioni delle forze populiste, che vedono nella globalizzazione e nell'immigrazione le cause del malessere delle società postmoderne. Il fallimento del capitalismo si spiega nell'assenza di competizione, nel ruolo della finanza, sempre più automatizzata e fuori controllo, e nell’aumento della rendita monopolistica che impoverisce gli individui, limita gli investimenti e rende poco dinamico il sistema. 

 

 

Ora nel dibattito sono entrati anche i movimenti ambientalisti, che sono in ascesa anche grazie agli scioperi per il clima invocati dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg. Chi manifesta lo fa perché desidera vivere in un mondo meno inquinato, dove il clima sia stabile. Per i più radicali, l'idea è che proprio l'innovazione industriale abbia condotto il pianeta al tracollo. Ma la modernità, appunto, si è sviluppata nel contesto di un sistema capitalistico. Perciò – dicono – se ami l'ambiente devi odiare il capitalismo. 

 

 

Sempre sul Financial Times, un articolo a firma Janan Ganesh racconta le priorità dell'anticapitalismo ecologista e lancia dei parallelismi tra il movimento populista e quello a difesa dell'ambiente. I due fenomeni sono accomunati dalla sfiducia verso il sistema, scrive Ganesh. “Per i populisti il capitalismo minaccia il sentimento nazionale. Per gli ambientalisti mette in pericolo l'esistenza” del pianeta, e quindi quella di tutti noi. Entrambi hanno un'impostazione malthusiana, che si focalizza sullo stretto rapporto che intercorre tra popolazione e risorse naturali. “I populisti ritengono che gli immigrati prosciughino la ricchezza nazionale dei cittadini. Ma allo stesso tempo gli ambientalisti più radicali equivalgono la crescita economica, e persino quella demografica, allo sfruttamento del pianeta”. 

 

 

I due movimenti non sono solo virtualmente allineati. In Francia parte dei gilet gialli, nati per contrastare l'aumento delle tasse sul carburante, ora marcia assieme agli ambientalisti. Nel Regno Unito invece impazza la moda dell'autarchia agricola tra i sostenitori della Brexit. In America, questo conservatorismo romantico è presente fin dagli albori della storia nazionale. Thomas Jefferson, ad esempio, immaginava una repubblica agraria. In seguito fu Woodrow Wilson, non meno di Nixon, a formare la coscienza ambientalista del popolo.

 

Oggi “un'alleanza tra populisti e ambientalisti sarebbe coerente. Entrambi odiano la parola 'liberal' o 'liberale'. Entrambi hanno quella che potremmo definire come un'ala extraparlamentare”, scrive Ganesh. Anche se non scendono in piazza assieme, per far fuori il capitalismo basta che i sostenitori di entrambi i movimenti inizino a votare partiti, certamente diversi, ma che comunque osteggiano il libero mercato. Ora come non mai, il capitalismo è stretto in una morsa.