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Così la Brexit metterà in crisi l'economia e l'ambiente delle Falkland

Maurizio Stefanini

Pesca e allevamenti potrebbero risentire pesantemente dell'uscita del Regno Unito dall'Ue. E a essere preoccupata è anche la Spagna

“Vogliamo uscire dall'Unione Europea perché non è giusto che le sorti di un popolo siano decise da gente non eletta da quel popolo”: questo è stato, più o meno, uno degli slogan della Brexit. In base a questo stesso slogan, dalle Falkland arriva l'ennesimo allarme sulle conseguenze devastanti che la stessa Brexit potrebbe avere per un arcipelago i cui 3.400 abitanti non hanno votato al referendum, ma che dipendono in maniera massiccia dall'export nell'Unione Europea. E così i politici locali si preoccupano per le conseguenze dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea in una Dipendenza che sta a 12.000 chilometri da Londra, ma che rappresenta da sola il 90 per cento della biodiversità di tutti i territori su cui regna la Regina Elisabetta.

 

Essendo le Falkland un British Overseas Territory, i suoi cittadini non votano alle elezioni britanniche. Però sono comprese nell'unione doganale europea. Grazie a ciò esportano l'89 per cento del pescato in Ue. Tra il 2007 e il 2016 i proventi di questo settore hanno rappresentato il 43 per cento del pil dell'arcipelago. È lo stesso governo locale a stimare che in caso di mancato accordo le entrate potrebbero diminuire del 16 per cento, per la semplice applicazione di dazi che secondo gli standard del Wto andrebbero dal 6 al 18 per cento.

 

E a essere preoccupata è anche la Spagna. Dalle Falkland infatti arriva un terzo di tutti i calamari consumati nell'Unione Europea, e il 95 per cento passa per il porto di Vigo. Oggi la pesca nelle isole è praticata da 43 pescherecci: 24 con bandiera spagnola, 19 con bandiera delle Falkland, ma con una maggioranza di marinai iberici nell’equipaggio, tutti associati alla Cooperative degli Armatori di Vigo (Arvi). Secondo il governo regionale della Galizia, sono almeno 1.700 i marinai spagnoli che potrebbero subire i danni di una Hard Brexit.

 

Anche l'industria della carne potrebbe venire danneggiata anche se in maniera minore, dato che l'export è soprattutto rivolto verso il Regno Unito. Se si considera però che a sua volta il Regno Unito esporta in Europa, ecco che anche le vendite in Gran Bretagna si contrarrebbero.

 

“Attualmente beneficiamo di una esenzione da dazi e quote. Ma se questa situazione cambia ci troveremmo in una situazione molto difficile, con una caduta considerevole per le entrate del governo”, è l'allarme lanciato da Leona Roberts, uno degli otto membri dell'Assemblea Legislativa e membro del governo locale come incaricata alle Pubbliche Relazioni. Anche perché l'indebolimento della sterlina sta già avendo effetti sui consumatori.   

 

Assieme a Leona Roberts un altro allarme lo ha lanciato Esther Bentram. Secondo la direttrice esecutiva della Ong Falklands Conservation con la Brexit sarebbero a rischio i programmi di tutela delle balenottere boreali, degli albatros sopracciglio nero, e di cinque specie di pinguini ed elefanti marini del sud, dato che la loro protezione, assieme a quelli degli ecosistemi nei quali vivono sono finanziati dal Best, un apposito programma Ue destinato a regioni remote e territori europei di oltremare.

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