(foto LaPresse)

Cattivi scienziati

Cautele e buon senso per evitare il moltiplicarsi dei contagi

Enrico Bucci

Il lockdown è servito, ma sono altre le misure che ne prolungano gli effetti. Buone maniere da non perdere

E’ difficile riconoscere il valore di un comportamento volto a metterci in sicurezza quando il risultato non sia immediatamente percepibile o quando il pericolo non sia evidente.

 

Per questo motivo, oggi moltissimi, in Italia ma anche in altre nazioni, mettono in discussione la politica di distanziamento e gli ordini di rimanere a casa che sono stati ricevuti dai cittadini qualche mese orsono. Credo quindi sia giusto far comprendere cosa abbiamo evitato in una maniera quanto più chiara possibile, ovviamente riferendoci ai dati: nello specifico, a un lavoro appena pubblicato su Lancet, che mette in correlazione i dati di mobilità, misurati in 25 contee degli Stati Uniti attraverso i cellulari dei cittadini, prima e dopo gli eventuali ordini di rimanere a casa (perché si è avuta un’estrema variabilità negli Stati Uniti, al contrario che in Italia), con l’effetto sui nuovi casi di Covid-19. Nello specifico, i dati di mobilità sono stati misurati dal primo gennaio 2020 al primo aprile 2020, e il cambio di mobilità eventualmente registrato è stato posto in correlazione con i nuovi casi misurati al 16 aprile. I dati sono eclatanti, perché mostrano una correlazione strettissima tra diminuita mobilità, diminuiti contatti sociali con estranei e calo dei casi nel periodo di osservazione. Il lockdown, quindi, innegabilmente funziona e ha un effetto immediato: ma la cosa interessante è che funziona benissimo anche a livello locale, indicando come sia possibile una politica di restringimento della mobilità in corrispondenza di quei focolai che dovessero eventualmente andare fuori controllo, senza necessariamente dover mettere in quarantena un’intera nazione. 

 

Vi è poi, però, il rovescio della medaglia di una tale politica di contenimento: proprio come l’effetto è immediato, e va quindi bene per tamponare eventuali emergenze, essa non è certo stata sufficiente, come si vede dalla ripresa in grande stile del virus in tutti gli Stati Uniti – anche in quelle contee oggetto dello studio pubblicato da Lancet. Questo significa che il lockdown non è e non sarà mai risolutivo, come è ovvio visto il fatto che ci troviamo in una pandemia, in cui il contenimento e l’eradicazione locale a poco servono, se il virus può riprendere a circolare non appena avvenga la riapertura: è assolutamente necessario, quindi, mantenere per un periodo di tempo più prolungato una serie di cautele – come quelle che in Italia, inconsultamente, le persone stanno abbandonando – che, ripeterò fino alla noia, consistono nell’uso della mascherina in presenza di altre persone, soprattutto in luoghi chiusi, nel mantenimento della massima distanza possibile dagli estranei e nell’igiene continua delle mani. Il tutto, naturalmente, va accoppiato a un monitoraggio che dovrebbe essere potenziato, anziché abbandonato; e, come insegna il recente caso dell’acquisto di tutte le scorte di Remdesivir da parte degli Stati Uniti, con lo stoccaggio di quei rimedi che sono stati identificati come utili (tocilizumab, desametasone, dispositivi di protezione individuale eccetera).

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