Christine Lagarde (foto LaPresse)

Una moneta globale?

Pier Carlo Padoan

L’èra Lagarde in un mondo di rapporti multilaterali tesi. Dovrà pensare anche a un ruolo nuovo per l’euro

Con il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Christine Lagarde la moneta unica entra in una nuova èra, caratterizzata da due fattori principali. Quello di cui si parla di più è quello che sembra consolidarsi come un mondo di tassi zero o negativi e il cui aspetto problematico è come uscirne. Il secondo, di cui si parla di meno, riguarda il mutato quadro delle relazioni internazionali, o meglio della geopolitica globale. Un quadro sempre più caratterizzato da rapporti bilaterali piuttosto che multilaterali. Da conflitti piuttosto che dalla cooperazione. In un quadro simile si pone il problema del ruolo che la moneta unica potrà svolgere non tanto e non solo come valuta europea quanto come valuta globale. Non è un problema nuovo per l’Europa. Negli anni 70, dopo il crollo del sistema di Bretton Woods emerse un possibile ruolo internazionale per il marco tedesco, sospinto dalla forza crescente delle esportazioni tedesche. Il processo venne arrestato dalle stesse autorità della Germania che temevano che un maggior ruolo internazionale del marco avrebbe indebolito il controllo della politica monetaria della Bundesbank.

 

Ma quali potrebbero essere i benefici per l’euro e per i paesi che ne fanno parte? Un ruolo globale per una valuta può riguardare diversi aspetti. Può essere valuta di fatturazione del commercio internazionale, scaricando il rischio di cambio sulla controparte. Può essere valuta di denominazione di beni strategici come le materie prime. Può essere valuta di denominazione di operazioni finanziarie, dal credito alle esportazioni, alle operazioni di investimento. Ne consegue che le autorità che regolano le operazioni nella propria valuta hanno un potere di controllo sulle operazioni che utilizzano tale valuta. Controllo che può essere motivato da ragioni economiche, ma anche da ragioni politiche come mostra il recente comportamento delle autorità americane nei confronti dell’Iran. Ma il ruolo globale di una valuta richiede anche altro. Richiede che i mercati trovino utile utilizzare una valuta al di fuori dei confini della sua giurisdizione di origine. Questo significa che se l’euro deve diventare valuta globale deve poter disporre di strutture di mercato di respiro globale. L’euro deve avere un mercato dei capitali unico, si deve completare la Unione bancaria e un’Unione dei mercati dei capitali. Il nesso vale nella direzione opposta. La prospettiva di un ruolo globale dell’euro può accelerare il completamento di Unione bancaria e di Unione dei capitali. Si metterebbero in moto effetti cumulativi positivi. Lo sviluppo di un’unione finanziaria europea (Unione bancaria + Unione dei mercati dei capitali) rende più attraente l’investimento in euro. Il rafforzamento dell’euro come valuta internazionale rende più efficace la formazione e lo sviluppo di una unione finanziaria. Consideriamo, per finire, due possibili argomenti critici. Primo, senza il Regno Unito, o meglio senza il suo mercato finanziario, la forza di questo ragionamento viene meno o quantomeno si indebolisce. La risposta è che questo problema si pone a prescindere dallo status internazionale dell’euro. E anzi un ruolo globale dell’euro rende l’uscita del Regno Unito meno preoccupante per l’integrazione finanziaria europea. Secondo, una valuta globale può comportare una spinta all’apprezzamento della moneta con conseguenze per la crescita dell’economia della zona euro. Andrebbe risposto che la crescita della zona euro non può dipendere dalla svalutazione della sua moneta, ma dalla crescita della produttività e dall’attività di innovazione. Paradossalmente un euro globale potrebbe essere più utile per la stabilità che fornisce all’economia. L’esempio degli Stati Uniti lo conferma.

 

Tutto ciò può sembrare un ragionamento per un futuro lontano ma sarebbe sbagliato ragionare in questi termini. Il quadro geopolitico globale sta cambiando rapidamente. Gli Stati Uniti stanno adottando una linea sempre più guidata da interessi strettamente nazionali. La Cina ambisce da tempo a fare del renminbi una valuta globale sostenuta dalla forza delle sue esportazioni. L’Europa non può restare indietro. Anche di questo la nuova leadership di Francoforte dovrà occuparsi.

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