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L'europeismo ritrovato placa il rating e galvanizza il Cernobbio club

Renzo Rosati

La fine dei no euro al potere è uno scampato pericolo per le agenzie, l’èlite dell’Ambrosetti si mette al vento del nuovo governo

Roma. La scelta di Moody’s sull’Italia, arrivata oggi, è comunque in linea con le opinioni delle altre agenzie di rating. Standard & Poor’s ha in calendario la revisione il 25 ottobre, quando forse avrà preso forma la legge di bilancio 2020; il suo rating è BBB con outlook negativo. Fitch si era espressa il 9 agosto lasciando immutato il rating di tripla B con outlook negativo. Dbrs, la più benevola, ci assegna un BBB high con outlook stabile. Tutte hanno commentato il cambio di governo benedicendo soprattutto la svolta europeista. Proprio Dbrs ha sottolineato il “rapporto più costruttivo con la Ue e la stabilità politica nel breve periodo”. Ma ha aggiunto come “potrebbe rimanere aperta la questione della bassa crescita. E un’agenda fiscale basata sul proseguimento di politiche redistributive quando l’economia è stagnante probabilmente non migliorerà il pil dell’Italia”. Anche Fitch identifica nell’“uscita della Lega, partito euroscettico, il maggior fattore di instabilità per i mercati”. Eppure, “se per ora sono state evitate nuove elezioni il rischio politico interno è ancora significativo. Mentre il governo entrante dovrà fare i conti con gli stessi problemi del precedente sul fronte della riduzione del debito, con la crescita che resta debole in maniera persistente”. In fotocopia l’umore di S&P, che aggiunge come l’Italia “possa negoziare meglio con l’Europa più flessibilità solo in cambio di riforme strutturali”. Dunque niente aperture di credito al buio se almeno non si vede che cosa ci sarà nella manovra 2020. Ciò che ci si aspetta è un obiettivo minimo di stabilizzazione del debito, ed uno massimo di cambio di rotta non solo sul fronte europeo ma nelle riforme: il sottinteso è che quelle simbolo gialloverdi, Reddito di cittadinanza e quota 100, non sono definibili tali. Il che spiega come la drastica riduzione dello spread e gli aumenti di borsa nei primi giorni di formazione del nuovo governo non bastino a festeggiare oltre misura.

 

Da Cernobbio, dove ieri si è tenuta la prima giornata del Forum autunnale Ambrosetti, la cautela non è risuonata altrettanto evidente. L’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha parlato di “fiducia nel nuovo governo e positività per il paese”. Toni Volpe, amministratore delegato di Falk Renewables, dice “meglio di così mi sembra difficile”, giudizio peraltro riferito soprattutto alla “transizione energetica”. Alberto Bombassei, presidente di Brembo e già politico nella lista di Mario Monti, afferma che Giuseppe Conte “già con il precedente governo ha dimostrato di essere una persona molto preparata e di avere imparato il mestiere velocemente”. Alla fine le parole di maggiore realismo sono arrivate, per ora, da un banchiere e da un esponente di spicco del centrodestra. Afferma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo: “Dal nuovo esecutivo mi aspetto quello che si aspetta l’Italia: affrontare i problemi della crescita. Ma per crescere bisogna contenere il debito pubblico”. E dice sinceramente Renato Brunetta, economista ed ex ministro di Forza Italia: “Il clima che si respira è di favorevole attesa e di pericolo scampato dalle elezioni. Paolo Gentiloni e Roberto Gualtieri in parte tranquillizzano e danno garanzie al mondo delle imprese e finanziario. Poi c’è da aggiungere la caduta dello spread. Le prospettive, invece, sono nelle mani degli dei. Quello che vedo è un governo debole e un centrodestra inesistente per colpa di Salvini. La cosa da fare subito è un grande accordo per un centrodestra liberale, europeo, atlantico, democratico e plurale senza uomini soli al comando”. Anche questo è nelle mani degli dei. Ma Brunetta indica in fondo la verità: lo scampato pericolo lascia per ora uno spread che è sì caduto, ma resta quasi doppio di quello spagnolo e portoghese, e di un giudizio dei mercati sul debito tuttora a rischio junk, spazzatura.