“Così la prescrizione non va”, ci dice il capogruppo Pd in commissione Giustizia

Ermes Antonucci

Riformare con i Cinque Stelle il processo penale e il Csm, ma prima di tutto bloccare entro il primo gennaio 2020 l'entrata in vigore della misura voluta da Bonafede, "che rischia di consegnare processi eterni ai cittadini". Intervista ad Alfredo Bazoli.

Roma. “Il primo passo da compiere per il nuovo governo è rinviare l’entrata in vigore della riforma della prescrizione, perché non possiamo lavorare con questa spada di Damocle sulla testa. Dopodiché occorre affrontare in maniera organica la riforma del processo penale e, in seguito a questa discussione, auspichiamo che anche il tema della prescrizione possa essere rivisto in modo diverso da come è stato valutato e concepito dal governo precedente”. Intervistato dal Foglio, Alfredo Bazoli, capogruppo del Partito democratico in Commissione Giustizia alla Camera, chiarisce la linea dei dem attorno alla riforma della prescrizione approvata da M5s e Lega, la “bomba nucleare” pronta a esplodere il 1 gennaio 2020 e a consegnare processi eterni ai cittadini. Bazoli, che negli ultimi giorni ha partecipato al tavolo di discussione interno al Pd volto a definire le questioni più rilevanti in tema di giustizia, ammette che sul futuro della prescrizione “ancora non c’è nessun accordo specifico tra Pd e M5s”, come del resto emerge dallo scarno rigo e mezzo dedicato alla giustizia contenuto nella bozza del programma di governo rosso-giallo fatta circolare martedì dai pentastellati, in cui la prescrizione non viene neppure menzionata. “Nelle riunioni degli ultimi giorni – specifica però Bazoli – abbiamo messo in evidenza la questione della prescrizione, manifestando tutta la nostra contrarietà sulla riforma, sia per il modo con cui è stata realizzata che per il merito. Non abbiamo quindi cambiato opinione. La questione però è stata soltanto accennata, perché il tempo a disposizione è stato veramente poco”.

“Il tema della prescrizione – aggiunge il deputato Pd – era già stato affrontato in maniera più che adeguata con la riforma da noi proposta e votata nella precedente legislatura, che prevede la sospensione di 18 mesi dei termini di prescrizione in caso di condanna, che possono essere riassorbiti nel caso di assoluzione successiva. Non condividiamo questa ulteriore riforma che è stata approvata, anzi pensiamo sia stato un grave errore, però è inutile andare subito allo scontro frontale. Cominciamo col rinviare l’entrata in vigore della riforma. In seguito sarebbe utile arrivare a una proposta di riforma complessiva del processo penale che renda non più necessario l’intervento sulla prescrizione”.

Il 1 gennaio 2020, però, non entrerà in vigore soltanto la norma voluta dai pentaleghisti che sospende la prescrizione dopo una sentenza di primo grado (sia essa di condanna che di assoluzione), ma anche la riforma sulla intercettazioni varata nel 2017 dal Guardasigilli Andrea Orlando, che cerca di mettere un freno al circo mediatico-giudiziario. Un altro fronte molto delicato per il governo rosso-giallo, tanto più se si considera che, per volontà del nuovo ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, l’entrata in vigore della nuova disciplina è stata rinviata ben tre volte (in ultimo con il decreto sicurezza di giugno). “Anche su questo non c’è stato ancora un confronto sul merito – specifica Bazoli – Noi siamo dell’idea che quella riforma, seppur con alcuni difetti, faccia fare degli importanti passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda la tutela della riservatezza. Anche su questo valuteremo insieme a loro. Se i Cinque stelle hanno proposte migliorative ben vengano, ma rinviare la riforma senza mai farla entrare in vigore non credo sia la soluzione”. Ma ci sono speranze concrete di dialogo con un movimento che auspica “più intercettazioni per tutti”? “Mi rendo conto che quello della giustizia sia un terreno complicato – replica Bazoli – perché i Cinque stelle hanno una visione molto giustizialista e noi, seppur con tante anime al nostro interno, ci siamo solidamente attestati su una posizione più garantista e più attenta ai diritti e alle garanzie dei cittadini. Credo però che l’asse del nuovo governo sarà molto diverso da quello precedente, che aveva reso la giustizia un terreno per la propaganda politica. Se così sarà, penso che si potranno affrontare anche questioni che oggi ci vedono su posizioni differenti”.

Bazoli conferma anche la disponibilità del Pd a riformare il Consiglio superiore della magistratura, travolto dallo scandalo delle nomine, per “evitare le degenerazioni correntizie e per far sì che le scelte nel Csm siano assunte seguendo il merito e non il bilancino delle correnti”, anche se resta la distanza sulla proposta di elezione tramite sorteggio avanzata dai grillini, ritenuta non efficace e “non esattamente in linea con i dettami della Costituzione”. Sulla riforma della giustizia, Bazoli spiega al Foglio che sono soprattutto due i punti messi nero su bianco nella proposta di confronto con i Cinque stelle redatta la scorsa settimana dal Pd. Innanzitutto “il rafforzamento della terzietà del giudice rispetto al pubblico ministero”. Un intervento che, comunque, non passerebbe attraverso la separazione delle carriere, ma con “il rafforzamento o l’introduzione di nuove finestre di controllo giurisdizionale sull’attività dei pubblici ministeri”. Secondo punto: l’introduzione di procedure di definizione, da parte dei procuratori, dei criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale. Una forma di temperamento del principio di obbligatorietà dell’azione penale, da varare senza intervenire sulla Costituzione e in grado di “far emergere dall’opacità le modalità di selezione delle notizie di reato da parte delle singole procure, garantendo maggiore trasparenza”. Anche su questo, però, resta la domanda: i grillini saranno d’accordo?

Ermes Antonucci

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