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Il "permesso premio" che rischia di diventare il miglior assist ai giustizialisti

Ermes Antonucci

La decisione di concedere ore di libertà al ragazzo condannato per aver ucciso una guardia giurata nel 2018 è inopportuna. Ma lo sdegno non provochi un ripensamento sui permessi per i detenuti

Un’ondata di sdegno e polemiche si è scatenata attorno alla concessione di un “permesso premio” a uno dei tre assassini, allora minorenni, della guardia giurata Francesco Della Corte, brutalmente aggredito il 3 marzo 2018 davanti alla stazione della metropolitana di Piscinola, a Napoli, dove prestava servizio, e poi morto dopo quasi due settimane di agonia in ospedale, il 16 marzo. I tre minorenni (all’epoca avevano 15, 16 e 17 anni) massacrarono a sprangate la guardia giurata nel tentativo di impossessarsi della sua pistola, per poi venderla e ricavarne 5-600 euro. Lo scorso gennaio i tre ragazzi sono stati condannati in primo grado a 16 anni e 6 mesi di reclusione dal tribunale dei minori di Napoli al termine del rito abbreviato, per omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà.

 

A far esplodere le polemiche è stata la decisione di concedere un’autorizzazione a uno dei giovani per uscire temporaneamente dal carcere minorile di Airola (Benevento), dopo poco più di un anno di detenzione cautelare, e festeggiare il 18esimo compleanno con la propria famiglia, in una canonica a poca distanza dal carcere. Nel corso dell’incontro sono state scattate alcune foto della festa (con il ragazzo in compagnia della fidanzatina e di amici sorridenti) che qualche giorno dopo una parente del giovane ha pubblicato su un social network, provocando la comprensibile reazione dei familiari della guardia giurata uccisa. Annamaria, la vedova di Della Corte, ha ricordato che i tre giovani “non hanno mai mostrato un minimo pentimento per l’atroce delitto commesso ai danni di un padre di famiglia”. “Io, che ho perso mio marito devo piangere. Loro, invece, che me lo hanno ucciso, stanno ridendo”, ha aggiunto. Piene di rabbia anche le parole della figlia della guardia giurata, che ha puntato il dito nei confronti di chi ha dato il nullaosta: “Mi permetto di ricordare che di recente ho compiuto 22 anni ma non ho spento candeline e non ho avuto torte e regali. E lo sa perché? Perché chi oggi festeggia ha ucciso mio padre, la persona più importante della mia vita”.

 

“Quelle foto – ha precisato Nicola Pomponio, il legale del giovane – non sono state postate dal mio assistito ma caricate da un parente a sua insaputa. Non c’era alcuna intenzione di offendere il dolore dei parenti della vittima, specie a pochi giorni dal processo d'appello”. Nel frattempo, però, le polemiche hanno raggiunto la dimensione nazionale. Il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha detto di comprendere la rabbia dei familiari di Della Corte, aggiungendo che il problema “è che questo Paese morirà di bulimia normativa”. Mentre è notizia di oggi che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha incaricato l’ispettorato di via Arenula di compiere accertamenti preliminari sul caso, “volti a valutare la correttezza della procedura ed eventuali condotte disciplinarmente rilevanti”.

 

Sulla vicenda occorre fare alcune precisazioni. Innanzitutto non è corretto parlare di “permesso premio”, dal momento che questo può essere concesso solo dopo una condanna in via definitiva (dal tribunale di Sorveglianza). Inoltre, non è ancora chiaro se la Corte d’appello per i minorenni, che fra pochi giorni si esprimerà sul processo di appello nei confronti dei tre giovani e che ha autorizzato la temporanea uscita del ragazzo dal carcere, fosse al corrente che si sarebbe tenuta una vera e propria festa (risulta, infatti, essere stato autorizzato solo un pranzo con i familiari più stretti). Ciò che è certo, però, è che si è di fronte a una decisione piuttosto insolita, di cui gli avvocati impegnati quotidianamente ad assistere persone sottoposte a custodia cautelare faticano persino a rintracciare un precedente, in cui a un detenuto incarcerato preventivamente è stata concessa l’autorizzazione a uscire temporaneamente per festeggiare il proprio compleanno.

  

Alla base di questa decisione vi saranno state probabilmente valutazioni da parte dei giudici che riguardano il percorso di reinserimento sociale dei minori condannati (ben diverso da quello degli adulti), tuttavia non può non colpire l’inopportunità di concedere un permesso a un ragazzo che, oltre ad aver brutalmente ammazzato una guardia giurata solo un anno fa, non ha mai manifestato pentimento per il gesto.

 

La decisione rischia così di costituire il migliore assist ai giustizialisti che affollano il Paese, sempre pronti a invocare “più carcere per tutti” di fronte a una giustizia troppo clemente. Questa volta con un pericolo ulteriore, e cioè che l’ondata di sdegno possa anche contribuire a un ripensamento – in senso restrittivo e manettaro – sui permessi per i detenuti, come notato in un’intervista al Mattino da Gemma Tuccillo, capo del dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità: “E’ pienamente comprensibile e merita il massimo rispetto la reazione suscitata dalle foto, ma va sottolineato che, nel complesso, l’istituto del permesso legato al trattamento ha dato buoni risultati ed è una delle tappe fondamentali del programma di recupero. Del resto, senza entrare nel merito del caso in esame, l’opinione pubblica viene colpita dalle situazioni patologiche nelle quali i giovani ne hanno fatto un uso distorto, a fronte di una casistica complessivamente rassicurante”.

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