Applausi alle gloriose sardine
Altro che scatola di tonno grillesca, questo è uno spettacolo rassicurante
Noi vecchietti che non abbiamo fatto i tristi girotondi per accerchiare e debellare il Cav. con i nostri cerchietti, noi che non ci piaceva il popolo gognesco dei fax di Mani pulite, noi che non siamo mai stati popolo viola o quelli del vaffa di Gribbels, noi che non capiamo più i grandi ideali come la lotta catalana per la secessione, come la lotta per la gratuità di WhatsApp in Libano, come la furiosa rivolta contro le diseguaglianze nel Cile liberale e ricco, noi che consideriamo casseur e burini i rivoltosi della classe media periferica francese contro lo splendore riformista di Parigi, e che appena appena sappiamo riconoscere qualcosa di meno sinistro della Cina di Xi nelle battaglie medievali di Hong Kong, noi siamo qui pigiati come sardine nell’ammirazione incondizionata per la ribellione improvvisa del pesce azzurro, che tra l’altro fa bene (dicono) al colesterolo.
Prima Bologna, poi Modena, ora la bella minaccia popolare, allegra e social, aggredisce a quanto sembra mezza Italia, e se non va buca la minaccia fish and chips promette, promessa suadente, irresistibile, di ridimensionare la bullaggine politica e sopra tutto la retorica insopportabile dell’ex Truce divenuto senatore e chefe supremo del centrodestra a trazione putinian-trumpiana. Nicola Porro, che della materia se ne intende anche se è solo l’intelligente della compagnia dei bauscia, detto con affetto e ironia, dice che sono dei cazzari. E Mattia Santori, il tipico carino dei quattro amici al bar, in conversazione amabile con Myrta Merlino invece che in una qualche arena o piazza pulita, si districa tra i numeri di Bologna canterina in piazza, in attesa di Modena, spiegando che sardine, il nomen omen, viene dall’idea di radunare la gente stretta in metri quadrati tot, ma stretta stretta, appunto, come loro, appunto, le sardine. Che spettacolo rassicurante, imbarazzante di festosità, che bella delega politica e di gruppo, anche e principalmente per chi nello sciame della manifestazione, Lucio Colletti lo chiamava così, ha smesso di entrarci tanto tempo fa e non ci entrerà mai più.
Il divino pesciolino Mattia ha detto che la rivolta contro la Lega che non lega è indirizzata essenzialmente alla sua retorica, e questa, così chiara, così ficcante, così bella, ancora non l’avevamo sentita. Prima di Bologna la rossa, che poi vediamo dopo il voto, prima del partigianato, prima delle coop, prima di Carmelo Bene che legge Dante dalla Torre degli asinelli, prima di tutta la tradizione, “Bella Ciao” compresa, ecco, viene l’insopportazione non per Salvini com’è, politicamente parlando, ma per il senatore come parla, come comunica, e per quello che dice nel vuoto dei significati. E se anche fosse un movimento spontaneo che ha imparato la sua grammatica al Dams, io che sono per l’Università di Salamanca con il suo gruzzolo di metafisica e diritto naturale, io che non sopporto il trionfo postmoderno dei segni sui volumi, ecco, mi compiaccio, e parecchio. E osservo felice un controfenomeno in atto. Avevamo appena finito, nonostante l’uso e l’abuso dei social che ci riguarda quasi tutti, e malgrado si ceda perfino al binge watching del “Metodo Kominsky” su Netflix, avevamo appena finito di dire che i social sono la mannaia della ragione discorsiva, che trasformano tutti in stronzi, quand’ecco che si vede il contrario: gli stronzi si manifestano sui social, e sono tantissimi anche loro, forse la maggioranza, ma poi quattro tipi per niente stronzi usano i social, e in particolare il vituperando Facebook, per inscatolarsi come sardine, altro che il bluff della scatola di tonno grillesca, e mettersi felicemente in commercio. Speriamo bene. Applausi.
storia di una metamorfosi