Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il tutto tranne Salvini fa godere il Cav.

Claudio Cerasa

Vince se si fa un governo. Vince se questo Parlamento arriva al dopo Mattarella. Vince pure se si vota. La gran battaglia tra il Cav. e Salvini ci ricorda perché all’Italia serve una nuova destra per mettere in mutande l’estremismo nazionalista

E’ possibile che tutto finisca a ramengo, come direbbe Matteo Salvini, è possibile che alla fine la Lega vinca, è possibile che alla fine un governo non nasca, è possibile che alla fine Pd e M5s non riescano a mettersi d’accordo, è possibile che alla fine l’Italia torni alle elezioni ed è possibile che alla fine il centrodestra scelga di presentarsi unito di fronte agli elettori mettendo la destra non truce nelle condizioni di essere spappolata dalla destra più truce. E’ possibile che tutto questo accada ma per come si sono messe le cose nelle ultime ore, specie dopo il primo incontro ufficiale di ieri tra i vertici del Pd e quelli del M5s, con i democratici che hanno registrato “un clima positivo, senza ostacoli insuperabili” e con i grillini che hanno giurato “di non avere altri tavoli aperti”, è molto più probabile che tutto questo non accada, che Salvini non vinca e che alla fine dei giochi le consultazioni consegnino all’Italia un vincitore a sorpresa nella sfida tutta interna al centrodestra.

 

Un anno e mezzo fa, come ricorderete, le consultazioni al Quirinale si conclusero con una vittoria rotonda di Matteo Salvini e con una sconfitta netta di Silvio Berlusconi. Un anno e mezzo dopo, lo scenario del voto non anticipato potrebbe rendere possibile il risultato opposto e clamoroso: una vittoria rotonda di Silvio Berlusconi e una sconfitta netta di Matteo Salvini. Silvio Berlusconi non lo può confessare apertamente e non lo può dire ufficialmente, ma chi lo conosce bene sa che nella testa del Cav. non rendere possibili le elezioni a Matteo Salvini, e dare così una lezione a un leader politico che Berlusconi non ha mai sopportato, costituirebbe uno scenario se non da sogno quanto meno da sballo. Chi lo ha osservato con attenzione giovedì poco dopo mezzogiorno al Quirinale – quando l’ex presidente del Consiglio, trattenendo a fatica la tentazione di elencare la sua agenda anti Truce con le dita di una mano, ha rivendicato il dovere di un paese come l’Italia di difendere non solo l’euro ma anche i valori non negoziabili della tradizione liberale, democratica, europea, occidentale e garantista del nostro paese, tutti valori poco cari alla destra truce – non può non aver notato che Berlusconi ha usato buona parte degli undici minuti dedicati alla lettura del comunicato steso dopo le consultazioni per dare una serie di dolci e severi schiaffi al suo presunto alleato.

 

Noi, e non voi, siamo una destra che ama l’Europa. Noi, e non voi, siamo una destra che ama la moneta unica. Noi, e non voi, siamo una destra che ama l’atlantismo. Noi, e non voi, siamo una destra che ama il garantismo. Noi, e non voi, siamo una destra attenta alle imprese. Noi, e non voi, siamo una destra che ha a cuore le libertà della terza economia più importante dell’Europa. Berlusconi non potrà mai ammetterlo apertamente ma con discrezione e con senso pratico sta facendo di tutto per evitare che si possa realizzare lo scenario da incubo immaginato da Matteo Salvini, che coincide con l’andare a votare il prima possibile e passare con la ruspa sulle macerie dei valori non negoziabili della nostra democrazia liberale. Con un po’ di tempo in più, invece, con un bel governo anti Salvini, le possibilità che nasca una destra non truce, capace cioè di emanciparsi dall’estremismo illiberale di cui è ostaggio la Lega e che presto i pezzi da novanta della Lega del nord potrebbero cominciare a mal sopportare, nel caso in cui Salvini dovesse davvero finire all’opposizione (vero Luca Zaia?), piuttosto che decrescere potrebbero finalmente iniziare a crescere.

 

Ed è per questo che pur non potendolo ammettere apertamente, lo scenario di un esecutivo formato da Pd e M5s potrebbe riportare la destra berlusconiana e post berlusconiana non solo al centro della politica parlamentare (tra tre anni si elegge il presidente della Repubblica e se a sceglierlo fosse questo Parlamento, dove Forza Italia ha quasi gli stessi parlamentari della Lega, è verosimile che possa essere replicato lo schema Ursula, con una conventio ad excludendum che penalizzerebbe splendidamente i partiti sovranisti) ma anche al centro della scena politica (con quale credibilità la Lega potrebbe fare opposizione a un governo formato da un partito con il quale ha governato per un anno e mezzo?). Il Cav. comprensibilmente si lecca i baffi. E mentre finge di essere disposto ad andare alle elezioni con Salvini (e se dovesse capitare mai come oggi Salvini avrebbe bisogno della tosta presenza di una destra presentabile nella sua alleanza, per non destare troppi sospetti e dimostrare agli elettori di non essere ostaggio dei Borghi e dei Bagnai) è anche impegnato contemporaneamente a creare i presupposti giusti per far sì che tutto possa accadere tranne che regalare il paese al caro amico Matteo S. Lo fa facendo sapere al Partito democratico (e a Renzi) di essere pronto a sacrificare qualche parlamentare (non subito, tra qualche mese) per far nascere un gruppo capace di dare al possibile governo Pd-M5s una maggioranza parlamentare più ampia rispetto a quella che avrebbe un governo rossogiallo.

 

Ma lo fa anche facendo sapere ai Cinque stelle che in caso di incapacità di Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio di dar vita a un cambiamento del cambiamento il Cav. sarebbe disposto davvero a seguire lo schema Gianni Letta, sostenendo cioè quello che giovedì lo stesso Berlusconi ha definito “un esecutivo autorevole” capace di “scongiurare l’uscita dall’euro” (scenario che però al presidente della Repubblica non piace per niente). Le consultazioni che riprenderanno martedì prossimo presentano mille sfumature interessanti e offrono mille spunti di riflessione ma tra le molte partite incrociate che si stanno giocando in queste ore, quella forse più divertente e suggestiva riguarda il bazooka messo in campo dalla destra non truce per evitare di regalare il paese a una destra truce che, in quanto a mostruosità, non è meno orrenda di un governo formato da Pd e M5s. Il governo che nascerà, se mai nascerà, è un governo che raccoglierà le adesioni di tutti coloro che si sentono in dovere di costruire un whatever it takes politico per salvare l’Italia da Salvini (e se il governo che potrebbe nascere volesse anche lavorare a una legge elettorale proporzionale il Cav. non avrebbe problemi a parlarne ad Arcore Luigi Di Maio). E’ difficile dire se il governo nascerà (diciamo che al 70 per cento oggi potrebbe nascere) ma quale che sia la geometria che troverà il Parlamento non si potrà non notare da qualche parte, in quel disegno, il volto sorridente del Cav. pronto a elencare con le dita di una mano tutte le ragioni per cui Matteo Salvini, come scrisse tempo fa l’Economist sul Cav., è il vero leader unfit to lead Italy. E’ il cambiamento, bellezza.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.