Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

“Un'intesa Pd-M5s è possibile, ma non facile”. Parla Della Cananea

Valerio Valentini

Un anno fa il prof. Della Cananea certificò le affinità tra grillini e dem. Oggi dice: “L’accordo non è facile”

Roma. “Una visione illuministica suggerirebbe che, se la razionalità prevalesse sulle passioni, ci sarebbero margini per un accordo politico”. E però nell’auspicio che fa, Giacinto della Cananea instilla subito il germe del dubbio. “Da osservatore, invece – aggiunge infatti, subito dopo – sono scettico sulla possibilità di un accordo tra Pd e M5s”. E sì che lo scorso anno, quando gli venne chiesto da Luigi Di Maio di condurre uno studio sulla compatibilità dei programmi elettorali dei vari partiti, il professore romano, allievo di Sabino Cassese, evidenziò numerose convergenze tra i programmi grillini e quelli democratici.

 

“E’ vero”, dice della Cananea. “Si trattò di un’analisi rigorosa, condotta sui programmi di M5s, Pd e Lega, e che tenne conto anche di quello del centrodestra come coalizione. E ne venne fuori che sì, i punti di contatto tra M5s e Pd erano superiori a quelli che esistevano tra M5s e Lega”. Poi però si andò in direzione opposta. “La politica segue logiche tutte sue, com’è naturale, e fu scelto anche un diverso strumento. Insieme al gruppo di esperti che elaborò lo studio, sconsigliai di adottare un contratto sul modello di quello tedesco: in Germania il Koalitionsvertrag è uno strumento ben consolidato nella prassi politica, redatto dopo vari mesi di lavoro, durante i quali però l’attività legislativa viene comunque portata avanti”.

 

Ma in ogni caso, se era possibile un anno e mezzo fa, l’intesa demogrillina, perché ora dovrebbe essere improbabile? “Intanto, un anno di governo non è passato invano. E di certo il governo Conte ha adottato delle misure che hanno contribuito a cambiare il quadro, come le leggi che riguardano l’immigrazione e l’accoglienza, nonché alcune scelte che hanno avuto un impatto sulla collocazione dell’Italia in campo europeo e internazionale. Inoltre, un conto è concepire un accordo all’indomani delle elezioni politiche, altro conto è farlo a legislatura già avviata, quando la prospettiva di un ritorno alle urne come sbocco della crisi è, oltre che possibile, concreta. E poi ci sono i tempi per far maturare l’intesa: l’anno scorso ci vollero mesi, stavolta i margini sono molto più stretti”.

 

E’ condivisibile, la fretta di Sergio Mattarella? “E’ una richiesta di decisioni chiare e sollecite del tutto condivisibile, certo. Da un lato, siamo a fine agosto, e tra poco più di un mese, il 27 settembre, bisogna presentare alle Camere la Nota di aggiornamento al Def. E’ una scadenza importante, il primo passo di un percorso delicato verso l’approvazione della legge di Bilancio. Serve ad aggiornare le previsioni, anche tenendo conto delle osservazioni dell’Ue, che a luglio non ha dato avvio alla procedura sul nostro debito pubblico. Dall’altro lato, c’è una legislatura europea da avviare. E non si tratta solo di indicare un commissario, ma anche di partecipare, possibilmente da protagonisti, a tutti i vertici europei e alle riunioni tra i ministri, con un governo nella pienezza delle sue funzioni”. Qualcuno dirà che l’Europa può attendere. “E’ proprio il tema della partecipazione all’Ue e del rispetto dei suoi valori, prima ancora che delle sue regole, un punto dirimente nella definizione di possibili alleanze. Perché sulle politiche pubbliche si possono trovare compromessi, tra Pd e M5s, ma ci sono alcuni aspetti di fondo che vanno chiariti, tra cui la partecipazione all’integrazione più stretta in Europa. E il sentiero per farlo, visti anche i tempi, è molto stretto”.

 

A cosa si riferisce, il prof. della Cananea? “Innanzitutto all’Europa, appunto. E’ più che legittimo che l’Italia faccia sentire la sua voce critica rispetto a certe decisioni e a certe omissioni di Bruxelles, ma bisogna chiarire se lo si fa per rilanciare un’integrazione più forte e coesa, o se lo si fa, come fanno ad esempio alcuni consiglieri economici della Lega, senza escludere di uscire dall’euro. Va detto che il M5s ha progressivamente accantonato le iniziali riserve verso l’Ue e l’euro, e magari un accordo col Pd segnerebbe il completamento di un processo di maturazione. Ma va chiarito in modo netto”. Poi, ci sono altri punti. “Uno riguarda la necessità di un ampio ammodernamento infrastrutturale, non più procrastinabile. L’altro è quello delle politiche necessarie per combattere le crescenti diseguaglianze nel paese. Il governo Gentiloni approvò il Rei, quello gialloverde ha optato per il Reddito di cittadinanza: sono strumenti ben diversi. Su entrambi questi temi mi pare che le divergenze tra M5s e Pd non siano poche, né di trascurabile entità. E per questo, al di là della volontà dei negoziatori, direi che nel complesso un’intesa tra i due partiti non è impossibile, ma certamente non facile”.

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