Perché Mattarella non vuole “contratti”

Redazione

Ciò che serve, per il Quirinale e per la Costituzione, è un accordo politico

I vari tentativi ermeneutici che si avventurano a dare interpretazioni sofisticate alla decisione di Sergio Mattarella di concedere qualche giorno al Movimento cinque stelle perché presenti una proposta di soluzione della crisi sono forse un po’ superflui. Il capo dello Stato, seguendo la Costituzione, verifica se esiste una maggioranza parlamentare precostituita in grado di sostenere un governo che si presenti con l’ambizione di arrivare al termine naturale della legislatura. Non gli basta e non gli serve un “contratto”, che giustapponga esigenze dei vari interlocutori, in mercato di scambi inconciliabili come fu per la nascita dell’esecutivo gialloverde – da questo punto di vista, una definitiva bocciatura delle metodologie populiste – ma ha bisogno di una coalizione politica (che può sostenere un governo multipartitico o anche monocolore) che dia almeno la garanzia di poter approvare nei tempi prescritti la legge finanziaria e che non autolimiti la propria durata.

 

Altrimenti tanto vale andare alle elezioni già in autunno. Ma il metodo di questa coalizione dovrà essere un accordo politico, non un elenco di punti. Il programma sarà poi quello che il presidente del Consiglio incaricato leggerà in Parlamento per chiedere la fiducia, e non certo la somma algebrica dei dieci punti letti da Luigi Di Maio e dei cinque citati da Nicola Zingaretti. Mattarella viene da un’esperienza politica in cui si sono viste combinazioni di vario tipo, ma nelle quali era sempre presente il nocciolo di una alleanza politica, magari competitiva, magari tattica, ma di una certa solidità. E’ questo nucleo vitale che può essere identificato in pochi giorni, se esiste, oppure rifiutato. La mediazione sui singoli provvedimenti e sulla loro tempistica sono conseguenze e non possono essere predeterminate né in quattro giorni né in quattro settimane. Mattarella ha più volte ricordato che non spetta a lui costruire coalizioni e accordi, ma solo verificare che esistano e siano effettivamente sostenibili. I giochi delle parti e le manovre oblique, che ci sono questa volta come tutte le altre, non riguardano il Quirinale, il cui interlocutore è il Parlamento dove le crisi nascono a talora si risolvono.

 

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