(foto LaPresse)

E' il ripudio del termine "buonisti" la precondizione per discutere di migranti

Adriano Sofri

Provo sconcerto ogniqualvolta vedo qualcuno abusare di quella parola

Giacomo Papi ha scritto qui un articolo molto bello, intitolato: “I migranti e il rischio di essere tacciati di buonismo”. Vi si esprimeva fra l’altro lo sconcerto per l’impiego del termine “buonisti”, in un’intervista a questo giornale, da parte del responsabile per la sicurezza del PD, Carmelo Miceli. Nel mio caso lo sconcerto è stato doppio, perché ho conosciuto bene – bene, credo – Miceli nella veste di avvocato di parte civile nel processo trapanese per l’assassinio di Mauro Rostagno. Penso che qualunque discussione sul punto dei migranti e su quello delle migrazioni - per distinguere almeno fra le persone e il “problema” - debba avere come condizione preliminare il ripudio della parola “buonisti”, anche solo per inciso (“con buona pace dei buonisti”). E’ una parola d’ordine: alla rovescia.

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