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L'ultimo regalo di Camilleri

Adriano Sofri

Con Riccardino, il libro postumo appena pubblicato, lo scrittore siciliano ha compiuto un gesto straordinario di altruismo: ha preferito una dilazione immaginata alla pubblicazione vissuta di persona 

“C’è compermesso?”.

Sulla porta era comparso Catarella che salutava col pugno chiuso.

Evidentementi si era priparato a tuppiare a modo sò e sulo ‘n ritardo si era addunato che la porta era rapruta.

“Parla, compagno”. (p.106).

   

Qui mi è scappato da ridere. Vado pazzo degli incisi pressoché superflui in cui di colpo mi scappa da ridere.

Tra le due versioni, 2005 e 2016, ci sono differenze minime. Camilleri, cui nel 2016 il libro viene letto dalla sua amica Valentina, va a capo dopo il pugno chiuso. Scrive Evidentimenti invece di Evidentemente, e sulo invece di solo. Tutto chiaro. A p.165 c’è il complemento, ancora più laconico.

    

“Un quarto prima delle sei, si susì per annare a parlare con Catarella.

Raprì la porta e se l’attrovò d’infacci con il vrazzo destro isato in una speci di saluto romano.

“Stavo per tuppianno, dottori”.

“L’avevo capito. Che c’è, camerata?”

Varianti: annare invece di andare. A capo dopo con Catarella. D’infacci invece che davanti. Tuppianno invece che tuppiando. Tutto chiaro.

   

Camilleri spiega tutto, nel 2005 e nel 2016. Sarà l’ultimo Montalbano, quello della resa dei conti e del commiato. Aspetterà molto a lungo, e intanto ne verranno fuori tanti altri, tutti penultimi. Nel 2004-2005 Montalbano sta già invecchiando – deve una decina d’anni al suo personaggio televisivo – e l’Autore, a ottant’anni, pensa che sia ora di metter fine alle cose. L’ha scritto e consegnato a Elvira amica del cuore – e messo in cassaforte, dice la leggenda, non c’è cassaforte alla Sellerio – quando l’ha corretto aveva 91 anni compiuti ed era sorpreso di aver ancora voglia di scrivere, e anzi di essere ancora vivo. C’è una cosa che mi colpisce specialmente, in questa estate di Riccardino che subentra alla primavera del Covid (che storia hai perduto, maestro). Camilleri non ha scritto Riccardino perché uscisse postumo. Voleva che comunque la sua relazione con Montalbano avesse questo regolamento finale. Però, quando lo riprende, a 91 anni, e passano altri due anni pieni e il libro è sempre lì in attesa, non può non aver messo in conto che andasse com’è andata, e che Riccardino uscisse postumo, e anzi a commemorare e festeggiare l’anniversario del suo congedo. Il fatto è che il libro deve la sua importanza definitiva all’invenzione del corpo a corpo fra Montalbano e l’Autore (questo è: il terzo personaggio di un supposto triangolo, il Montalbano televisivo, è qui una comparsa indulgentemente snobbata dall’uno e dall’altro). Ora uno scrittore che si affida a una tale invenzione, sentendola forte e sorprendente – l’Autore dubbioso del personaggio che invecchia, il personaggio che riconosce all’Autore i suoi diritti ma resta irriducibilmente renitente, come Pinocchio con Geppetto – e però rinuncia alla voglia, addirittura alla fretta, di pubblicarla e vedere l’effetto che farà sui suoi milioni di lettrici e lettori, è un caso straordinario di altruismo, o di più fine ambizione, forse. La rinuncia a esserci in pro di una dilazione che forse ha immaginato, e la dilazione immaginata gli deve essere sembrata più bella e grata che la soddisfazione vissuta – di persona. Un regalo. Alle sue donne, ai suoi lettori in tutte le lingue, agli italiani che hanno imparato una lingua, e alla Sicilia ancora una volta riscattata dalla letteratura agli insulti che le vengono da tanti, siciliani e no.

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