Noi, che voliamo accanto al Sole ma non riusciamo a stasare i tombini di Palermo

Adriano Sofri

Le immagini della nostra stella inviate dalla sonda Solar Orbiter e quelle dei viali allagati nel capoluogo siciliano

L’altro giorno ho sentito Francesca Rigotti, che mi piace molto, parlare del suo ultimo libro, “Buio” (Il Mulino, 12 euro). Non l’ho letto, lo farò. Ha ricordato che quando diciamo “il giorno” intendiamo sia la parte in luce che l’intera giornata: nel “giorno” può essere compresa anche la notte. L’inverso non vale, la notte è solo notte, il buio. E naturalmente questo squilibrio ha a che fare col maschile e il femminile.

   

È noto che succede così anche con il nome “uomo”, che può significare l’uomo maschio e l’umanità intera: donna, al contrario, vuol dire donna e basta (la cosa si complica ulteriormente oggi, ma per il momento facciamo finta di niente). Spesso questo arretrato rende difficile dire le cose. Continueremo a dire che “l’uomo è arrivato sulla Luna” anche dopo che ci arriverà la prima donna – nel 2024, a quanto pare?

   

  

Appunto ieri, in alcuni titoli c’erano due immagini affiancate: una era la fotografia del Sole dalla sonda Solar Orbiter, magnifica, l’altra la fotografia aerea, tremenda, dei viali di Palermo attraversati a nuoto.

   

  

Dice il coro nell’Antigone di Sofocle: “Pollà tà deinà k’ouden anthrópou deinóteron pélei”. Il verso impossibile da tradurre senza perdere la sua ambivalenza: “Molte sono le cose meravigliose, ma nessuna è più meravigliosa dell’uomo”, “Molte sono le cose terribili, nessuna è più terribile dell’uomo”. Ecco: l’uomo, proprio lui, è appena riuscito ad avvicinarsi incredibilmente al Sole e guardarlo fisso nei fuochi che lo incendiano, per fotografarlo. E sempre lui, l’uomo, non è riuscito a stasare i tombini delle sue città.

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