Foto La Presse

Piccola Posta

Lo stato d'emergenza è un giocattolo in più donato alle oche del Campidoglio

Adriano Sofri

A distanza di parecchi mesi e innumerati morti ancora si gonfiano petti di audaci che non si fanno spaventare da una pandemia qualunque, né umiliare da una mascherina

Sulla pandemia e le misure per difendersene si è messa in scena una grottesca parodia dell’antico contrasto fra il rischio della libertà e l’anestesia della sicurezza. L’inevitabile ragionevolezza della clausura era stata assaltata tempestivamente da qualche più spericolato sprezzatore del ridicolo, cui si è tardivamente aggiunta una retroguardia persuasa che il pericolo sia passato, e si possa abbaiare forte e rivendicare i danni. Una tragedia, e i suoi impiegatucci. A distanza di parecchi mesi e innumerati morti, e con le recidive che incombono da vicino, ancora si gonfiano petti di audaci che non si fanno spaventare da una pandemia qualunque, né umiliare da una mascherina, come se non avessero sentito dire che è del proprio prossimo che si tratta, e specialmente del più vulnerabile, e non del proprio onore virile. Così stando le cose, quale sciocchezza induce il governo e la sua maggioranza a votarsi un’emergenza superflua e a offrire un ulteriore pretesto alla denuncia di un disegno di dittatura?

   

Oltretutto, ogni misura d’eccezione presa da forze e personaggi insospettabili di smanie dispotiche, se non altro per inettitudine, diventa un precedente per chi quelle smanie le abbia sul serio, e anche un’inettitudine all’altezza. Dice Sabino Cassese (che è andato a dirlo nel posto sbagliato, “all’incontro che ha suscitato interesse più per le mascherine del senatore Salvini che per gli argomenti. Accade di frequente nel nostro paese”: appunto) che per le nuove urgenze eventuali cui si dovesse far fronte, il governo potrebbe provvedere coi mezzi ordinari “in non più di un’ora”. E dunque, perché regalare un giocattolo in più alle oche del Campidoglio? Il buon senso continua a starsene nascosto. Sul Mes nella versione aggiornata, quelli (tutti) che la sanno lunga avvertono che tanto si farà, basta lasciar sfogare la voluttà degli ultimatum e delle parole grosse: ma le parole grosse sono diventate tante e tanto ripetute e vociate che diventa ogni giorno più difficile trovare il modo di rimangiarle.

  

Uno come Romano Prodi ha detto del Mes destinato alla sanità, i miliardi a interesse zero e scadenza lunga, le cose argomentate che ha capito chiunque non si sia abbottonato in un partito preso e fesso e vantato della coerenza con il partito fesso e preso. E quando un interlocutore gli ha fatto la domanda ultima, “Ma se è un imbroglio e poi vengono a chiedere conto?”, ha risposto: “Gli ridai i soldi. Se l’interesse è zero, che cosa hai rischiato prendendoli?” Che cosa fareste se la vostra banca, quella che non vi darebbe un mutuo nemmeno a pregarla in aramaico, vi offrisse un mucchio di soldi a tasso zero se non a tasso negativo, e a scadenza decennale? Non li prendereste, magari soltanto per metterli in banca? E se poi aveste anche bisogno di curarvi, voi o i vostri, da una malattia? E’ in scena una doppia farsa: la coalizione dei pieni poteri e del sovranismo strilla all’usurpazione della democrazia e del parlamento. E la maggioranza sfida il buon senso per tenere insieme i suoi cocci, salvo andare in pezzi quando non si vota per non andare alle elezioni, ma per le cose da fare e per fare le cose. L’intervallo fra due tragedie è riempito dalla parodia.