Opera di Piero Manzoni

IL BI E IL BA

Cattiveria d'artista

Guido Vitiello

Usura, gay e bengalesi per un frullato di odio. La prima pagina del quotidiano La Verità di ieri. Un caso di etichetta fedele al contenuto.

Non sempre le etichette la raccontano giusta sul contenuto del barattolo. Prendete il caso di Piero Manzoni, e delle sue novanta lattine con la dicitura “Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta e inscatolata nel maggio 1961”.

 

L’opera ha offerto lo spunto per mille conversazioni, magari non a tavola, ma senz’altro nei libri, nei cataloghi, nelle aule universitarie, nei vernissage, nelle conferenze. Jean Clair la menzionava in un pamphlet, “De immundo”, tutto dedicato all’attrazione dell’arte contemporanea per la lordura, l’oscenità e la scatologia. Eppure: siamo sicuri che le scatole di Manzoni contengano veramente ciò che dicono di contenere? C’è chi assicura che siano piene di gesso. Altri ipotizzano che si tratti di comuni scatolette di carne a cui è stata cambiata l’etichetta.

 

Uno studioso di cui mi fido mi ha detto di aver saputo che un collezionista, non resistendo alla curiosità, ne ha aperta una e l’ha trovata vuota. Uomo intrepido, questo collezionista. A me, che sono più schizzinoso, sarebbe bastata (e avanzata) la dicitura deliziosamente disgustosa per stabilire che non era il caso di indagare sulla corrispondenza tra l’etichetta e il contenuto. Un po’ come ieri, quando ho visto la prima pagina della Verità e mi sono bastati tre titoli – “Il fratello arrestato per usura: ecco perché la Cirinnà odia la famiglia”, “Voli chiusi ai bengalesi: tanto arrivano sui barconi” e “Il film sul gay coprofago: soldi (nostri) buttati” – per trovare la conferma che, qualunque prelibatezza ci fosse nelle pagine interne, l’arte contemporanea non fa per me.

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