La Corte suprema e il mondo Lgbt
Storica sentenza sui diritti dei lavoratori. I due lati delle battaglie gay culture
La Corte suprema americana ha stabilito che una legge sui diritti civili protegge i lavoratori gay e transgender dalla discriminazione sul luogo di lavoro. Il voto è stato di sei a tre, con il giudice Neil M. Gorsuch che ha scritto l’opinione della maggioranza. A lui si sono uniti il giudice capo John G. Roberts Jr. e i giudici Ruth Bader Ginsburg, Stephen G. Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan (i giudici Samuel Alito, Brett Kavanaugh e Clarence Thomas hanno invece dissentito). Dunque una maggioranza mista conservative e liberal a favore di un caso che riguardava il titolo VII della legge sui diritti civili del 1964, che esclude la discriminazione professionale basata su razza, religione, origine nazionale e sesso. La domanda per i giudici era se l’ultimo divieto – la discriminazione “a causa del sesso” – si applicasse anche a lavoratori gay e transgender.
Si tratta di una decisione liberale e ragionevole che sta perfettamente dentro alla giurisprudenza americana che ormai si esprime in questo senso da molti anni. L’idea di licenziare un dipendente perché cambia sesso è contraria al diritto e al senso comune. C’è stata negli anni una spettacolarizzazione legale e politica delle battaglie attorno alla “gay culture” (e la sentenza, in questo caso, è un frutto positivo di quelle battaglie).
Ma ciò che ci suggerisce la scelta fatta dalla Corte suprema è anche un’indicazione per così dire di metodo. E’ importante continuare a tenere separati i due piani. Ovverosia: la protezione dei diritti concreti di un individuo ma anche il diritto alla critica a un movimento che, come dimostra il caso J.K. Rowling, è tenacemente all’offensiva nelle società occidentali per imporre una ideologia contro la quale ci sono ragioni per dissentire. Le sentenze dunque non mancano, mentre una riflessione attorno al significato culturale di quello che sta succedendo, quella sì.
Isteria migratoria