(foto d'archivio LaPresse)

In Spagna è guerra fra le madri del femminismo socialista e i nipotini queer

Giulio Meotti

I nuovi attivisti accusano le veterane socialiste di “transfobia”

Roma. La teoria gender – che vuole cancellare la distinzione biologica uomo-donna facendone una costruzione culturale – in Spagna ha trovato un nemico di peso. Non il cardinale Antonio Cañizares, protagonista di tante battaglie contro il governo socialista di José Luis Zapatero, e che ha detto: “Vogliono distruggere la famiglia come voleva fare l’Unione sovietica”. E neanche il partito di destra Vox di Santiago Abascal. Ma le femministe del Partito socialista al governo. La coalizione del premier Pedro Sánchez sta subendo una guerra interna sul femminismo. Il casus belli è una dichiarazione del Psoe per cui il diritto all’autodeterminazione sessuale contenuto nella nuova Legge sull’infanzia “manca di razionalità giuridica”. Il partito è diviso fra il tradizionale mondo femminista – pioniere di lotte sociali e guidato da Carmen Calvo – e l’ala radicale guidata dal ministro dell’Uguaglianza, Irene Montero, che accusa il primo di essere “transfobico”. Quest’ultima posizione, propria di Podemos, va forte anche tra i giovani socialisti. A causare lo scisma, l’articolo 9.3 della Legge sull’infanzia approvata da Sánchez, che deve superare l’iter parlamentare e che afferma: “I ragazzi e le ragazze avranno il diritto di decidere il proprio orientamento sessuale e l’identità di genere…”. In pratica a sedici anni si è il gender che si dichiara. Le femministe del Psoe dicono invece che il genere è “la costruzione sociale del sesso biologico con cui si nasce”.

 

Tra le voci più critiche c’è quella di Carla Antonelli, deputata all’Assemblea di Madrid e la prima donna trans entrata in politica in Spagna, che parla di “opuscolo transfobico avvolto nella seta”. Il Psoe ha sempre sostenuto la lotta per i diritti Lgbt. Ma quando Podemos è salito al governo, tutto è cambiato. E la sinistra ha dovuto scegliere tra la bandiera del femminismo ortodosso e quella del “transattivismo”, brandita dalla formazione viola. E ora il partito di Sánchez è diventato il nemico numero uno dei gruppi Lgbt che lo descrivono come “transofobo” come il franchismo. Dice Mar Cambrollé, presidente della Trans Platform Federation: “Chiediamo agli attivisti di non partecipare a eventi organizzati dal Psoe”. Il femminismo storico sostiene che le leggi trans di Podemos “invadono” i diritti delle donne, visto che è sufficiente che una persona dichiari di sentirsi donna per esserlo legalmente. A ispirare l’opposizione al gender c’è una filosofa di sinistra come Alicia Miyares, che al Mundo parla non solo di “imperialismo culturale” e di “cancellazione delle donne”, ma accusa Podemos e pezzi del Psoe di essere “afflitti dal virus del postmodernismo o dal relativismo culturale” (Cañizares qui concorderebbe).

 

Un’altra femminista, Amelia Valcárcel, definisce il gender “un cavallo di Troia” che consuma il femminismo da dentro. Le socialiste avevano iniziato a capire dove tirava il vento quando Podemos ha nominato Beatriz Gimeno, già a capo della Federazione Lgbt, direttrice dell’Istituto per le donne e la parità. “Hanno sequestrato il ministero dell’Uguaglianza, c’è stato un attacco da parte di collettivi queer a strutture che abbiamo lottato per 40 anni. Faranno saltare in aria le politiche di difesa delle donne”, avevano detto fonti socialiste femministe al Mundo. Anche sull’utero in affitto le veterane socialista hanno posto il veto. Come Carmen Calvo, che dice: “La maternità surrogata usa i corpi delle donne più povere”. Di “femminismo che vìola i diritti delle donne anche se mascherato da progressismo” parla l’ex vicepresidente del Psoe Ángeles Álvarez. Si arriva alla decisione l’8 maggio a Madrid di non celebrare più la festa della donna, ma dei “corpi femminilizzati”. Una utopia di acronimi multicolori che dovrà mettere la museruola non solo ai vescovi, ma anche alle femministe.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.