(Foto LaPresse)

Cronache nere

Paola Peduzzi e Micol Flammini

39 immigrati morti in un camion in Inghilterra. Un curdo che si dà fuoco a Ginevra. La voce rotta dell’Europa

Abbiamo sempre scelto di raccontare l’Europa in modo spensierato e leggero per restituire al progetto europeo la sua anima originaria, che sa di pace e benessere e apertura, ma oggi il rosa che ci contraddistingue si è tinto di nero e di fuoco, e non riusciamo a ignorarlo. Ieri, nell’Essex inglese, nella zona industriale a ovest di Grays, è stato ritrovato dalla polizia un camion con dentro 39 cadaveri, 38 adulti e un adolescente. La polizia, che è arrivata sul posto chiamata dai volontari dell’ambulanza all’1.40 di notte, ha detto che il camion veniva dalla Bulgaria ed era entrato nell’isola britannica dal Galles, in particolare da Holyhead, che sta sulla costa opposta, quella che s’affaccia sul mare d’Irlanda, il 19 ottobre scorso. Il conducente del camion, Mo Robinson, venticinquenne nordirlandese, è stato arrestato dalla polizia e interrogato. La Bulgaria dice che il veicolo era registrato nel suo paese presso una compagnia di proprietà di una donna irlandese, ma è “altamente improbabile” che i passeggeri – non erano passeggeri: erano trattati come merce, la temperatura poteva scendere a 25 gradi sotto zero, nel container refrigerato – fossero bulgari. Il camion arrivava dal Belgio, e il percorso è considerato “non ortodosso”. Molti dicono che i controlli di sicurezza sono aumentati nei punti di accesso come Calais e Dover, quindi questa via sembra un modo più semplice per arrivare nel Regno Unito. La nazionalità dei 39 morti non è stata ancora resa pubblica, la polizia dice che l’identificazione “sarà lunga”, che le “condizioni erano orrende” per un essere umano, ed è stata aperta l’inchiesta: si tratta di crimine organizzato per il traffico umano, dentro ai confini dell’Europa.

Mentre i politici inglesi sollevavano gli occhi (stanchi) dalla Brexit per denunciare una “tragedia straziante”, a Ginevra, un trentenne curdo si dava fuoco nel cortile dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. L’uomo, che vive in Germania, è ora ricoverato a Losanna: protestava contro il trattamento riservato al suo popolo da parte delle forze turche, che hanno invaso la zona al confine tra Turchia e Siria costringendo i curdi alla fuga (se non scappano, muoiono). L’Europa, oltre alla condanna nei confronti della Turchia, non è riuscita a fare molto altro (l’embargo alle armi è stato deciso singolarmente dai paesi membri, compresa l’Italia). Oggi al vertice dei ministri della Difesa della Nato (di cui fa parte anche la Turchia: non è ancora confermata la presenza del ministro turco) si discuterà la controversa proposta del ministro tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, di creare una zona internazionale di sicurezza nel nord della Siria in collaborazione con Turchia e Russia. Secondo gli esperti ci vogliono 30/40 mila soldati delle nazioni europee con regole d’ingaggio chiare: è una zona di guerra. Chi deve essere protetto, e da chi? Il dilemma – destinato a finire nei parlamenti per lo stanziamento delle truppe – potrebbe essere stato risolto dai turchi e dai russi, che si sono spartiti le varie aree della Siria senza considerare: americani, europei, curdi.

 

Europeismo brutale. Thierry Breton futuro commissario francese? “Perché no?”, dice Sylvie Kauffmann, editorialista del Monde, ex inviata nell’est Europa e poi negli Stati Uniti, una delle voci più rilevanti e ricercate in Europa. “E’ più un uomo d’affari che un politico, ha un curriculum ricchissimo, esperto di tecnologia, è stato a capo di Orange, potrebbe essere la figura giusta”. Emmanuel Macron, dopo la bocciatura, lunga e sofferta, di Sylvie Goulard – non sarà stata anteposta la politica allo stato di diritto durante l’audizione, si è chiesto qualche eurodeputato – ha dovuto trovare un altro nome degno del maxiportafoglio Mercato unico, Digitale, Difesa. Una persona che andasse bene a tutte le famiglie europee e Breton, dice la Kauffmann, potrebbe essere quello giusto. “E’ stato ministro durante il governo Chirac, questo lo colloca più a destra della Goulard”, caratteristica che potrebbe piacere al Ppe. Breton, anche lui, potrebbe incontrare qualche resistenza per conflitto di interessi per il suo ruolo di capo del consiglio di amministrazione del gruppo tecnologico Atos. Macron ancora non ha fatto il suo nome a Ursula von der Leyen, nulla è confermato e continuano così a circolare anche altri nomi. C’è chi parla di Michel Barnier, che per ora rimane incollato al suo ruolo di capo negoziatore per la Forever Brexit, oppure Amélie de Montchalin, che però “è ancora troppo giovane”. Con Breton si romperebbe la regola della parità di genere, “io sono molto femminista, ma si arriva a un punto che… Anche Macron ha a cuore la questione, è stato lui a proporre la von der Leyen come presidente e Christine Lagarde come capo della Bce. Si era impegnato a nominare una donna come commissario, ma poi non è stata colpa sua”, dice la Kauffmann.

 

Tra Macron e la von der Leyen il rapporto è complicato, lui vuole che l’Europa sia forte e determinata e l’ex ministro della Difesa tedesco invece non smette di dare segni di debolezza, eppure lei è stata il risultato e l’espressione della volontà del presidente francese di riformare l’Ue e della sua guerra al processo dello Spitzenkandidat, “è stato un compromesso. Macron avrebbe voluto una figura più forte, come Margrethe Vestager, e con lei la Commissione sarebbe stata diversa, ma poi si è dovuto accontentare, ha scelto un accordo con il resto d’Europa e con la Germania. C’è chi dice, non so quanto sia vero e tendo a pensare che sia esagerato, Macron è più intelligente di questi giochi, che abbia scelto la von der Leyen sapendo che si trattava di un personaggio debole, quindi facile da dominare”. Macron va veloce, troppo veloce per la Francia, troppo veloce per l’Europa, troppo veloce per il mondo. “E’ vero, in Francia ha dovuto rallentare, a livello internazionale ancora non lo ha fatto”. Vorrebbe imporre i suoi ritmi all’Ue, ai suoi partner, si aggira per il mondo presentando la sua agenda ambiziosa. “Le sue iniziative sono spesso inattese, si pensi all’idea del riavvicinamento alla Russia, o la sorpresa di far arrivare l’iraniano Rohani al G7. I suoi sono attacchi che disturbano e scioccano i partner, con i quali non si consulta mai. Questa è la sua strategia, ma a volte capita di pagarne le conseguenze, come con la Goulard dopo aver ucciso il processo dello Spitzenkandidat”. Vuole essere il leader dell’Ue, “ufficialmente la leadership dell’Ue non si conquista mai, leadership e Ue sono due termini che cozzano tra di loro. Angela Merkel non è mai stata la leader ufficiale, ma era riconosciuta spesso come tale”. Si sa, Macron vuole essere il nuovo King of Europe, e il momento è favorevole, “certo! La Germania ha problemi interni, la Gran Bretagna vuole andarsene, dell’Italia non si sa cosa pensare e così anche della Spagna”, quindi il presidente francese corre. “Macron ha molti difetti ma anche meriti, la sua idea di Europa e di politica estera può non essere condivisa, ma lui sta facendo avanzare il dibattito. Per esempio sulla Russia, bisogna parlarne, il dibattito non può rimanere nascosto e non possiamo più permetterci di stare fermi”. Ma “le decisioni in Ue vanno prese insieme, e lui non si consulta, presenta i fatti e questo non piace”, dice Sylvie Kauffmann. Di rendere più veloce l’Ue non c’è modo? “Macron va veloce, è vero. Ma il suo problema con i partner europei non è la rapidità, è il modo di trattare e di imporre l’agenda. In questo, Macron non è soltanto rapido. Macron è brutale!”.

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