foto LaPresse

eu porn

Notte prima degli esami

di Paola Peduzzi e Micol Flammini

I commissari europei davanti al Parlamento: ieri è stata caccia grossa alla macroniana Goulard (rimandata)

L’Europa delle audizioni dei commissari si sente tanto l’America, in questi giorni di studio e di interrogazioni che ricordano le scene che siamo abituati a vedere al Congresso statunitense. Due commissari – della Romania e dell’Ungheria – sono stati già bocciati e forse sostituiti, masticati velocemente da questo Parlamento europeo vorace e un po’ nervoso, che pensa che i regolamenti dei conti debbano e possano avvenire così, en plein air. Ieri c’era uno degli appuntamenti più importanti per gli amanti dell’horror: l’audizione di Sylvie Goulard, la macroniana nominata al Mercato interno. La Goulard si porta addosso fardelli enormi: prima di tutto uno scandalo sulle spese e sulla gestione dei fondi che luccica come un neon in una Commissione votata alle regole, alla sobrietà, alla correttezza e in un mondo in rivolta contro le élite. Poi si porta addosso la Francia, e ancor più Emmanuel Macron, il regista di questa nuova fase europea, invadente e determinato, quindi pesantissimo: per questo, per lui, la Goulard è stata fin dall’inizio considerata l’obiettivo da colpire, e infatti il Parlamento proprio questo ha fatto: l’ha colpita. Molti si sono lamentati che le domande nel merito del suo prossimo incarico siano state ben meno di quelle sulle spese, sulle telefonate, sullo scandalo, a dimostrazione che la battaglia è politica, non soltanto nei confronti della Francia ma anche tra le varie famiglie europee, al punto che gli allarmisti dicevano che le speranze di una conferma sono ridotte allo zero. Alla fine sono state consegnate delle domande scritte alla candidata, un piccolo esame di riparazione in tempo reale, con prova scritta e forse un’altra audizione, un altro orale. Perché lo spettacolo più bello non è tanto il sangue, è il sangue di un macroniano.

 

Cosa mangi a cena? Le prime vittime del Parlamento europeo sono state il ministro della Giustizia di Viktor Orbán, l’ungherese László Trócsányi, e la romena Rovana Plumb. L’Ungheria ha subito fatto la sua controfferta: Oliver Varhelyi, un diplomatico (molto poco diplomatico). Anche la premier romena, Viorica Dancila, che sta di nuovo affrontando un voto di fiducia nel suo Parlamento, ha proposto la sua alternativa: Dan Nica. Un uomo: così si romperebbe il delicato equilibrio di genere tanto coltivato dalla Commissione. Per questo la Dancila ha fatto sapere che la Romania ha anche una commissaria di scorta: Gabriela Ciot. Il primo a essere stato audito lunedì, entrato di fronte a una platea di eurodeputati affamati, è stato lo slovacco Maros Sefcovic, il quale è sopravvissuto alle tre ore di audizioni. Sarà stata la sua area di competenza – è stato designato commissario per i rapporti Interistituzionali e la Lungimiranza (il nostro preferito dopo lo European Way of Life) – ma già con lui i parlamentari si sono sbizzarriti. Gli hanno domandato di tutto, ma proprio di tutto: il deputato tedesco Nico Semsrott, del partito tautologicamente chiamato Die Partei (Il Partito), che indossa sempre una felpa nera con cappuccio in testa, quando è arrivato il suo momento gli ha domandato: “Cosa mangerà a cena questa sera?”. Janusz Wojciechowski invece, il commissario polacco per l’Agricoltura, è stato colto dall’ansia e uscito dall’audizione ha detto ai giornalisti che così è impossibile lavorare e per prepararsi su così tanti argomenti ci vorrebbe più tempo a disposizione. I commissari sono tornati studenti, oggi toccherà a Paolo Gentiloni, designato per il portafoglio Affari economici. 

 

La telefonata che Trump non ha fatto (ma la aspettava). “La linea telefonica era stata segretamente predisposta. Il presidente Trump aspettava. Tutto quel che Hassan Rohani, presidente dell’Iran, doveva fare era uscire dalla sua stanza d’albergo, andare in una stanza sicura dove avrebbe ascoltato la voce di Trump (…). Fuori dalla stanza d’albergo, Emmanuel Macron, presidente francese, aspettava”. Così il New York Times ha raccontato “l’Hollywood thriller” della telefonata che Macron ha cercato di organizzare nei giorni in cui era a New York per l’Assemblea generale dell’Onu: Trump era in attesa, Rohani si è infine rifiutato di farla. Voleva una rassicurazione preliminare: l’America toglie le sanzioni all’Iran. Nel documento ottenuto da Politico Europe (dal corrispondente in Francia, Rym Momtaz), che era il preludio alla conversazione telefonica, si parlava di sanzioni ma anche di altre rassicurazioni – la prima: l’Iran non otterrà mai la bomba atomica – ma il progetto diplomatico di Macron (pare che non si sia occupato d’altro, durante l’assemblea dell’Onu) è fallito. Rohani ha detto di no, Trump avrebbe voluto dire di sì, ma il telefono non ha squillato.

 

Ci metteremmo la firma. A maggio nella città tedesca di Kirchheimbolanden, detta Kibo, al Consiglio comunale è stata eletta  Lisel Heise, cento anni lo scorso marzo, la più anziana politica d’Europa. Il suo arrivo soprattutto ai più giovani non era piaciuto granché, “la demografia rimodella la democrazia”, ha detto lo studioso Wolfgang Gründinger, ma Lisel Heise si è dimostrata tra i più forti sostenitori delle politiche giovanili nella sua città di ottomila abitanti. Lisel, ex maestra e incarcerata durante il nazismo, ha delle idee ben determinate anche in politica internazionale. Obama? “E’ un uomo fantastico”, ha detto al Washington Post. La Brexit? “I suoi sostenitori dovrebbero andare sulla luna”, non proprio “all’inferno” come Donald Tusk, ma quasi. Di cosa avrebbe bisogno la politica? “Di velocità!”.