Boris Johnson alla sua prima apparizione in Parlamento da premier

L'oro secondo Boris

Paola Peduzzi

Il neopremier inglese rispolvera il mito della “golden age” che inizia con la Brexit. L’Europa ha già detto i primi no

Roma. È arrivato il camion giallo dei traslochi a Downing Street, il mandato di Boris Johnson è cominciato (si sistemerà con la sua fidanzata Carrie nell’appartamento al numero 11, che è più grande di quello al 10: furono i Blair i primi a fare lo scambio), la realtà è andata oltre lo scetticismo: in passato lo stesso Johnson aveva comparato le proprio chance di diventare premier del Regno Unito a quelle di “morire decapitato da un fresbee o essere accecato da un tappo di champagne, rimanere rinchiuso in un frigo o reincarnarsi in un’oliva”. Al suo primo giorno di lavoro, Johnson è andato ai Comuni, ha parlato per due ore e mezzo, ha risposto a 129 domande e in sintesi ha detto: noi riusciremo a fare in meno di cento giorni quel che non è riuscito agli altri – a Theresa May – in tre anni. E lo faremo talmente bene che “quando ci volteremo indietro questo straordinario momento ci sembrerà l’inizio di una età dell’oro per il nostro paese”. La Brexit è un’opportunità, dice Johnson, questo è il suo mantra da sempre, e anche se chi c’era prima di lui ha dovuto piegare lo stesso slancio da “Global Britain” alla realtà e al compromesso, Johnson ci riscommette un’altra volta.

 

L’età dell’oro inizia con: l’eliminazione del backstop nordirlandese dall’accordo con l’Ue (cioè l’eliminazione di quel meccanismo di sicurezza che garantisce l’esistenza di un confine senza controlli tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord nel caso in cui gli accordi commerciali tra Londra e Bruxelles non fossero trovati: Johnson vuole che lo status di quel confine sia risolto durante il periodo di transizione); i preparativi per il “no deal” iniziano subito e sono molto più ampi rispetto a quelli già previsti – a occuparsene sarà Michael Gove, vicepremier di fatto, che è stato finora molto cauto nei confronti del no deal, e questa dovrebbe essere una rassicurazione.

 

Come si sa, Gove ha cambiato idea più volte, persino Johnson, all’ultimo voto parlamentare in primavera sull’accordo May (a oggi l’unico esistente e firmato da tutti, inglesi ed europei) aveva dato il suo consenso. Era tatticismo, per entrambi: per Johnson quell’accordo oggi è “inaccettabile”. Inaccettabile è però anche la proposta del neopremier, secondo il capo negoziatore europeo della Brexit, il francese Michel Barnier, il quale ha scritto una lettera in cui ha ribadito che la rimozione del backstop dall’accordo non è possibile, per farlo è necessario riaprire il negoziato, e ricominciare. Il nuovo governo Johnson è convinto che la minaccia credibile di un no deal ammorbidirà anche gli europei: la sua scommessa è anche questa, nell’età dell’oro l’Europa è arrendevole.

 

La domanda che tutti si fanno oggi è: Johnson può riuscire a fare una Brexit ordinata? Le risposte variano a seconda degli schieramenti che sono gli stessi dal 2016: abbiamo già visto tutto. Anche lo slancio iniziale di un premier che dice ancora Brexit means Brexit, e aggiunge: questa volta guardate che è vero. La grande differenza rispetto al passato è la compagine di governo: laddove la May aveva scelto ministri con visioni diverse contando sulla propria capacità di sintesi, Johnson ha fatto una scelta radicale, che vuole sfruttare sia le divisioni europee sia quelle dentro al paese. Il premier conta sui leader europei possibilisti – a partire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel – e sull’incapacità dell’opposizione di organizzarsi. E anche su questo fronte c’è l’opzione più dura: nuove elezioni. Lo scambio in Parlamento con il leader del Labour, Jeremy Corbyn, è stato significativo. Nessuno ti crede, ha detto Corbyn rivolto a Johnson, “il popolo inglese non crede che tu sappia fare le scelte giuste”. Johnson gli ha risposto: “Si è avverata una metamorfosi terribile, come quella della scena finale di ‘Terrore dallo spazio profondo’, alla fine questo euroscettico di lunga data è stato catturato, preso alla giugulare, riprogrammato dai suoi amici. Ora è stato trasformato in un sostenitore del remain e tutti questi flip-flop di questa carriera passata a tergiversare gli costeranno molto cari”. Il primo assaggio c’è stato ieri: il partito liberaldemocratico voleva presentare una mozione di sfiducia al governo, iniziando così la conta. Il Labour ha definito l’iniziativa “infantile e irresponsabile”, utile soltanto a fortificare il Partito conservatore al governo. Ci si muove di tatticismo in tatticismo: è questa la cifra dell’età dell’oro, da tre anni e ancora più adesso.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi