Ursula von der Leyen con Giuseppe Conte (foto LaPresse)

W la Commissione più europeista che c'è

Redazione

Ma quali scatoloni, in Europa (anche a est) i sovranisti sono stati disinnescati

Il 12 febbraio del 2019 Matteo Salvini aveva invitato i burocrati dell’Unione europea a “preparare gli scatoloni” perché alle elezioni europee sarebbero stati cacciati dal popolo pronto a levarsi di torno i vari Juncker e Moscovici nelle urne dando il voto ai sovranisti e ai nazionalisti. “Il 26 maggio i cittadini finalmente manderanno a casa questa gente”, aveva detto il leader della Lega, rispondendo all’accusa lanciata dall’eurodeputato liberale Guy Verhofstadt contro il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di essere un “burattino” dello stesso Salvini e di Luigi Di Maio. Poco più di sei mesi dopo, possiamo vedere che è accaduto l’esatto contrario. Conte ha ascoltato uno dei consigli di Verhofstadt abbandonando la pochette populista per quella europeista (“la invito a prendere ispirazione da illustri compatrioti italiani Spinelli, Ciampi, Giorgio Napolitano, Mario Draghi e non dimenticare la mia buona amica Emma Bonino”, aveva detto il leader liberale). Salvini ieri è stato costretto a chiudere definitivamente gli scatoloni del Viminale. I capi di stato e di governo dell’Ue e l’Europarlamento hanno eletto una tedesca federalista europea, Ursula von der Leyen, come presidente della prossima Commissione. Le ambizioni dei sovranisti non sono state solo ridimensionate nelle urne (il gruppo Identità e Democrazia a cui appartiene la Lega rappresenta meno del 10 per cento degli eletti al Parlamento europeo), ma quelli che sono al governo hanno perso o rinunciato all’occasione storica di inviare uno dei loro come cavallo di Troia per sabotare o influenzare le politiche dell’Ue. La Commissione von der Leyen sarà, per molti aspetti, più europeista di quella di Juncker.

 

Con la decisione di far cadere il governo Conte 1 prima della nomina del commissario europeo, Salvini ha fatto perdere alla Lega la possibilità di avere un suo uomo nella squadra von der Leyen. Certo Giancarlo Giorgetti non avrebbe ottenuto il portafoglio della Concorrenza o del Commercio. Lui, come Gian Marco Centinaio o Lorenzo Fontana, avrebbero dovuto fronteggiare un’audizione ostile all’Europarlamento. Tuttavia mettere un piede dentro alla Commissione è fondamentale per orientare le dinamiche europee, perché è lì che si inizia a fare la sintesi degli interessi nazionali degli stati membri.

 

A rappresentare quelli dell’Italia ora potrebbe essere Paolo Gentiloni, cioè l’opposto della visione che Salvini ha di come si conduce la politica in Europa. E’ la conseguenza della scelta dell’autoisolamento del leader della Lega nell’Ue (con la conferma dell’alleanza di estrema destra con Marine Le Pen) e in Italia (con la crisi del governo Conte 1). Ma anche i sovranisti più moderati hanno preferito annacquare le loro minacce. Con i loro veti, i Visegrád sono stati propedeutici all’elezione di von der Leyen. Malgrado le lettere al “compagno d’armi” Salvini, il premier ungherese Viktor Orbán ha scelto di indicare come commissario europeo un giurista moderato: il suo ministro della giustizia László Trócsányi, che però non è iscritto al Fidesz. Lo stesso vale per il Partito diritto e giustizia al governo in Polonia, che ha cambiato candidato in corsa (Janusz Wojciechowski al posto di Krzysztof Szczerski) ottenendo la promessa del portafoglio dell’Agricoltura. Nel frattempo alla Romania, governata da un partito socialista nazionalista accusato di corruzione, è stato chiesto di inviare un nome più presentabile di quelli indicati finora.

 

Il timore prima del 26 maggio era che Salvini, Orbán o il PiS polacco potessero paralizzare la Commissione. Invece von der Leyen può dare coerenza alla sua squadra e al suo progetto. Le personalità non mancano: Margrethe Vestager, Frans Timmermans, Sylvie Goulard e Vera Jourová saranno i centravanti dello sfondamento europeista, sostenuti da una buona difesa e un buon centrocampo. Con le mani libere, la sfida per von der Leyen sarà di fare quel che non è riuscito a Juncker: contrastare populismo e sovranismo anche quando sono al governo.