Sistema di riconoscimento facciale (Foto LaPresse)

L'Ue vuole dare una regolata alla sorveglianza indiscriminata

Eugenio Cau

La Commissione europea progetta standard internazionali per il riconoscimento facciale, che dalla Cina si espande in Europa

Roma. L’Unione europea prepara una regolamentazione complessiva delle tecnologie di riconoscimento facciale, e sarebbe la prima a occuparsi di un tema così pressante mentre il Congresso americano ancora discute e i singoli stati europei si dibattono nella gestione della politica quotidiana. La notizia era stata anticipata da Politico Europe un paio di mesi fa, ma è stata rilanciata con materiale fresco (c’è una bozza del disegno di legge) e fonti nuove dal Financial Times. La Commissione europea vuole approvare una nuova regolamentazione che dia ai cittadini dell’Ue “diritti espliciti sui dati del loro riconoscimento facciale” e che limiti in maniera consistente l’utilizzo di questa tecnologia negli spazi pubblici. L’intento della Commissione è di partire dalle regolamentazioni che sono già scritte nel Gdpr, la norma europea per la protezione dei dati personali dei cittadini, secondo cui la raccolta e l’utilizzo dei dati biometrici è permessa soltanto con consenso esplicito.

 

Per riconoscimento facciale si intende quella tecnologia che, grazie all’intelligenza artificiale, riesce a identificare le fattezze del volto di una persona quando questa è inquadrata per esempio da una telecamera a circuito chiuso. Gli esperti ritengono che il riconoscimento facciale costituisca un pericolo inedito e una tecnologia capace come nessun’altra di limitare la libertà di chi ne è soggetto. Non a caso spesso è associata alle politiche di controllo della popolazione di paesi autoritari come la Cina, dove le telecamere di sorveglianza fanno parte del panorama urbano e l’utilizzo del riconoscimento facciale per ragioni di ordine pubblico e censura è la norma. Da poco tempo, in realtà, anche molte capitali europee hanno cominciato a fare uso di questa tecnologia. A King’s Cross, a Londra, ci sono telecamere che scansionano e riconoscono i volti dei passanti senza permesso esplicito. Un’inchiesta dell’associazione Big Brother Watch pubblicata la settimana scorsa dal Guardian ha rivelato che sistemi di riconoscimento facciale sono utilizzati in centri commerciali, musei, auditorium e in altri spazi privati in tutto il Regno Unito. Anche nella stazione Südkreuz di Berlino è attivo un programma che utilizza telecamere di sorveglianza intelligenti per riconoscere in tempo reale comportamenti sospetti, con il sostegno del ministero dell’Interno tedesco e di Deutsche Bahn. In Svezia l’autorità per la protezione dei dati ha comminato la prima multa sulla base del Gdpr perché una scuola usava telecamere a riconoscimento facciale per tenere sotto controllo gli studenti che saltavano le lezioni. La tecnologia è adottata anche negli stadi di calcio in Danimarca, e così via.

 

L’idea che enti privati e pubblici possano conoscere la posizione e le attività di ciascun cittadino in tempo reale turba i difensori della privacy, ed evidentemente anche la Commissione europea, che ha deciso di imporre regole generali per evitare che dalla comprensibile necessità di sicurezza si passi alla sorveglianza indiscriminata.

 

Ursula von der Leyen, la prossima presidente della Commissione, ha annunciato che nei suoi primi cento giorni di mandato svelerà un programma per dare all’Unione europea un “approccio coordinato alle implicazioni umane ed etiche dell’intelligenza artificiale”, e le tecnologie di riconoscimento facciale sono una delle questioni più pressanti.

 

Quando si parla di difesa dei cittadini dai possibili abusi della tecnologia, l’Unione europea è probabilmente il miglior posto del mondo in cui vivere (e non soltanto per le regole digitali). Il Gdpr è considerato un esempio a livello internazionale e, seppur in assenza di un testo definitivo da poter valutare, l’intenzione di definire “standard trasparenti” per lo sviluppo e l’utilizzo della tecnologia va già oltre quanto fatto dalla maggior parte dei governi.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.