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Il M5s implora alleanze in Ue e spera che il governo giallo-rosso aiuti

David Carretta

Va bene la fine del rapporto con Matteo Salvini, ma Bruxelles non dimentica i gilet gialli, l’euroscetticismo e i porti chiusi

Bruxelles. Per il Movimento 5 stelle la fine del governo con Matteo Salvini potrebbe aprire le porte di un gruppo politico rispettabile all’Europarlamento. Almeno questo è l’auspicio dei 14 eurodeputati pentastellati, nel momento in cui tutta l’Unione europea guarda con il fiato sospeso alla trattativa a Roma sul governo giallo-rosso. Per loro è innanzitutto una questione di soldi, di posti e di agibilità politica. Dopo le elezioni europee e prima dell’inizio legislatura i 5 stelle hanno bussato a quasi tutte le porte – Verdi, Liberali, Comunisti, euroscettici moderati stile PiS polacco, indipendentisti fiamminghi e catalani – ma alla fine si sono ritrovati senza casa: non-iscritti. Il che significa meno soldi e meno funzionari, più difficoltà a ottenere incarichi dentro l’Europarlamento, l’impossibilità di presentare emendamenti e risoluzioni in Aula a nome di un gruppo. Buona parte degli assistenti parlamentari dei deputati 5 Stelle della scorsa legislatura sono stati licenziati per essere sostituiti su richiesta di Di Maio dagli ex funzionari dello staff comunicazione che avevano perso il posto per lo scioglimento del gruppo con Nigel Farage. “Stare nei non-iscritti ti toglie un sacco di diritti” e “hai meno possibilità di incidere”, ha ammesso Dino Giarrusso il 18 luglio, due giorni dopo il voto decisivo del M5s per far diventare Ursula von der Leyen presidente della Commissione, che ha rilanciato le voci di un possibile ingresso degli eurodeputati pentastellati in Renew Europe, il gruppo più liberale e europeista che c’è. Ma le cose non saranno facili.

 

Il voto a von der Leyen è servito a riconquistare un po’ di credibilità dopo cinque anni trascorsi a braccetto con Farage nel gruppo Efdd e il fallimentare tentativo di Luigi Di Maio in vista delle elezioni del 26 maggio di creare un’alleanza tra partiti antisistemici in Europa, tirandosi dietro anche qualche gilet giallo. Visto il sostegno a von der Leyen, e soprattutto dopo la rottura con Matteo Salvini in Italia, “speriamo che le porte (di un gruppo) finalmente di aprano”, dice uno degli eurodeputati M5s chiedendo di rimanere anonimo. Per logiche di rapporti di forza interni all’Europarlamento dopo la Brexit, a una parte dei liberali fanno gola i 14 eletti dei 5 Stelle. Con l’uscita del Regno Unito, Renew Europe perderà 17 britannici. “E’ chiaro che non possiamo accettare il M5s se è alleato con Salvini, ma li abbiamo nel mirino per il dopo Brexit”, spiega al Foglio una fonte di Renew Europe. Un’eventuale richiesta di ingresso è destinata però a scontrarsi a forti resistenze interne. Era già accaduto nel primo tentativo effettuato nel gennaio del 2017 quando Renew Europe si chiamava ancora Alde. All’epoca la leadership del M5s negoziò in gran segreto un accordo (compresa una parte su soldi e posti) con l’allora presidente del gruppo, Guy Verhofstadt, e lo fece approvare in tutta fretta dalla piattaforma Rousseau. Ma l’operazione saltò per la rivolta dei deputati semplici dell’Alde. Quando a metà luglio si sono rimesse a circolare voci di una trattativa per l’ingresso del M5s, molti eurodeputati liberali hanno chiesto un chiarimento al nuovo presidente di Renew Europe, Dancian Ciolos. La risposta è arrivata all’ultima riunione del gruppo, appena prima della pausa estiva: “Assolutamente non si negozia con il M5s”.

 

Le altre porte a cui il M5s può ribussare all’Europarlamento sono quelle dei Verdi e dei Comunisti. Del resto alcuni dei 14 eurodeputati pentastellati ammettono di essere più affini alla sinistra ambientalista o all’estrema sinistra. Il salto da Farage agli eredi di Daniel Cohn Bendit è tanto acrobatico quanto il passaggio da Salvini a Nicola Zingaretti e vale un po’ di poltrone. Ma gli attacchi all’Ue, il sostegno ai gilet gialli, la difesa della politica dei porti chiusi e 14 mesi di governo con Salvini saranno più difficili da dimenticare a Bruxelles che a Roma.