Vincenzo Santangelo (foto LaPresse)

Grillini che non mollano

Valerio Valentini

“Felici del Pd. Ma reddito e quota 100 non si toccano”, ci dice il sottosegretario Santangelo

Roma. Dei “punti certi”, nel magma di una giornata che scorre impazzita, Vincenzo Santangelo riesce comunque a individuarli. “Quota cento e reddito di cittadinanza non si toccano”, dice il sottosegretario grillino ai Rapporti col Parlamento, uno che la crisi più pazza del mondo l’ha vista innescarsi, come in corpore vili, sulla sua pelle.

 

“Sì, quel mercoledì, 7 agosto, spettava a me indicare il parere del governo sulle ormai fatidiche mozioni che riguardavano la Tav. Sennonché, al dunque, al mio posto si è alzato Massimo Garavaglia, esprimendo l’indirizzo della Lega”. E così il viceministro dell’Economia del Carroccio ha colto tutti di sorpresa. “Non troppo, in verità. Perché noi in Aula avevamo fiutato l’aria, intercettando qualche conciliabolo. Io avevo anche chiesto a Garavaglia di astenersi dall’intervenire, ma lui mi rispose che era un soldato chiamato a eseguire gli ordini del suo capo. ‘Di’ al tuo capo che è molto scorretto’, mi sono limitato a commentare”.

 

In ogni caso, lì lo strappo della Lega si materializzò. “Una sgrammaticatura istituzionale, una forzatura non concordata e non prevista dal regolamento che testimonia della ricerca di un incidente a tutti i costi, da parte del Carroccio, peraltro su un episodio che era inconsistente, trattandosi di una mozione in cui il governo si rimetteva al parere del Parlamento, e in cui la Lega otteneva la maggioranza”. Impossibile, dunque, ricucire? “Credo che anche a livello umano, certi tradimenti non si superano così. Io, poi, sono pure catanese: e per questo un accordo con la Lega l’avevo sempre digerito poco, anche se poi per un anno e più ho trovato nei nostri alleati delle persone leali”.

 

E insomma, adesso, si passa col Pd. “Vedo un dialogo molto interessante, a mio avviso ci sono margini per trovare un’intesa utile per il paese”. Ma come: col “partito di Bibbiano”? “Be’, sarebbe ipocrita nasconderlo: è evidente che col Pd ci sono stati molti scontri, nella scorsa legislatura e anche in quella attuale. La politica, oggi, vive del resto di toni esasperati, l’avversario diventa inevitabilmente un nemico”. Solo che poi, col nemico, volenti o nolenti finite col dovervi alleare. “Io sono ottimista di natura: dal confronto con chi è diverso da te, si esce sempre più maturi e più consapevoli. D’altronde anche con la Lega le distanze erano enormi, all’inizio. E credo che col Pd si possano costruire cose buone per il paese”. I vostri attivisti sembrano crederci meno, in verità. “Ogni volta si utilizzano gli umori della nostra base in un senso o nell’altro, a seconda delle necessità del racconto giornalistico. La verità è che i nostri attivisti, e io sono tra questi, hanno culture politiche abbastanza eterogenee: c’è chi votava a destra, prima della nascita del M5s, e chi a sinistra. Ora, semplificando, un accordo col Pd inevitabilmente viene vissuto con disagio con chi ha una tradizione meno legata al progressismo e al riformismo. Ma starà a noi portavoce spiegare l’opportunità di questa nuova alleanza, e poi impegnarci nell’azione di governo a dimostrare che siamo nel giusto. Io confido che alla fine i fatti ci daranno ragione”.

 

Quanto agli argomenti su cui si può lavorare bene, coi democratici, Santangelo indica con convinzione “i diritti civili, l’energia e l’ambiente: tutti temi su cui avevamo una visione completamente opposta alla Lega”. E poi ci soni le politiche sociali. “Quota cento non credo vada modificata: aspettiamo almeno di vederne gli effetti fino al 2021, e poi decideremo se rinnovarla. Ma stravolgere una riforma del genere dopo appena un anno non mi pare saggio. Stesso discorso per il reddito di cittadinanza, che per noi non si tocca. Va anzi mandato a pieno regime, e poi eventualmente perfezionato, ma senza tornare indietro. Del resto, non mi sembra che le misure elaborate dal Pd su quei settori, e cioè l’Ape social e il Rei, siano state così efficaci”.

 

Servirà un contratto? “Certo”. Ma dal Pd si dicono contrari a una riedizione di questo strumento. “Allora cambiamogli nome: chiamiamolo ‘accordo programmatico’, o ‘patto di governo’. Ma l’idea di fondo mi sembra resti valida: trovare una base per coordinare l’azione che dovrà svolgere l’eventuale esecutivo che verrà”. A proposito: il Pd ha iniziato già a riunire i suoi tavoli di lavoro, per stabilire le priorità dell’agenda. “Mi fa piacere che ci copino: i tavoli tematici sono un nostro metodo di lavoro consolidato. Se gli altri partiti prendono esempio da noi, è un buon segnale”, dice Santangelo, e lo dice come ignorando il senso vero della domanda, che vuole invece sottolineare la bizzarria di un M5s assai silente, in queste ore di trattative, e di un Luigi Di Maio che, mentre al Nazareno si lavora per capire come far nascere questo governo giallorosso, se ne va al mare con la sua bella a Palinuro. “A me risulta che noi le nostre priorità le abbiamo elencate in modo puntuale, e nel luogo più istituzionale di tutti: il Quirinale. Quei dieci punti sono per noi imprescindibili”.

 

Dieci, certo, e undici se si tiene conto di quello centrale: la premiership a Giuseppe Conte. “Certo, per noi la sua riconferma a Palazzo Chigi è sempre stata irrinunciabile, e sono soddisfatto che al Pd sia caduto il veto su di lui. E’ una persona perbene e coerente, merce rara in politica. E a livello internazionale ha svolto un lavoro eccellente: e non solo per avere scongiurato le due procedure d’infrazione. Il punto è che, io che ho 47 anni, fatico a ricordare un presidente del Consiglio che abbia così ben rappresentato il nostro paese all’estero”. E a 47 anni, col nuovo governo, spera di essere confermato nel suo incarico? “In un anno di lavoro come sottosegretario per i Rapporti col Parlamento, ho accumulato molta fatica ma anche una certa esperienza che penso possa risultare utile. Ma non decido. Io, semplicemente, resto a disposizione”.