Il presidente americano Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping (Foto LaPresse)

Il futuro tra Trump e Xi? Guerra tecnologica

Eugenio Cau

I due leader potrebbero incontrarsi al G20 di Buenos Aires. La grande competizione tra le due potenze sarà sull'innovazione

Roma. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovrebbe incontrarsi questa sera con il suo collega cinese Xi Jinping per una “cena di lavoro” a margine del G20 di Buenos Aires, e tutti si attendono che i due aprano il dialogo per mettere fine a una “trade war” che danneggia le rispettive economie e indebolisce il sistema mondiale dei commerci. È necessario però usare il condizionale: fino all’ultimo Trump potrebbe annullare l’incontro, come ha già fatto con il presidente russo Vladimir Putin, e anche se la cena ci fosse, tutto dipenderà come al solito dagli istinti, perfino dall’umore di Trump, benché i media americani scrivano che i contatti preliminari siano stati molto positivi.

 

Poco prima di partire per Buenos Aires, il presidente ha detto ai reporter: “Penso che siamo molto vicini a fare qualcosa con la Cina… ma non so se voglio farlo”. Come a dire: ho il potere di far fallire il negoziato quando voglio. Nessuno, nemmeno i più ottimisti, si attende che dal G20 arrivi una soluzione definitiva alla guerra commerciale, per la semplice ragione che la trade war è l’epifenomeno di una competizione molto più profonda, che riguarda la tecnologia. Lo scrive l’Economist nella sua storia di copertina di questa settimana, dedicata al confronto tra Stati Uniti e Cina per il dominio nel settore strategico dei microchip: “Le dispute commerciali che piacciono al presidente Donald Trump sono un po’ vecchio stile”, scrive il magazine britannico facendo riferimento ai molti tweet trumpiani su acciaio, mercato dell’auto, agricoltura. “Ma il conflitto commerciale che conta di più tra America e Cina è una guerra molto da Ventunesimo secolo sulla tecnologia”.

 

Gli osservatori più attenti sanno che ormai la gran parte della competizione tra superpotenze si basa sull’innovazione. Il punto non sono le coltivazioni di soia o le esportazioni di automobili. Il punto è sapere chi dominerà, per esempio, la tecnologia dei microchip, poiché in un futuro piuttosto vicino le automobili saranno computer su ruote, e chi dominerà il lato digitale dominerà il mercato intero. Lo stesso succederà con i sistemi di armamenti, con l’intero settore dei servizi, con le infrastrutture di approvvigionamento energetico: chi conquista il lato tecnologico ha vinto la competizione. Quando poi le automobili svilupperanno sistemi di guida automatica, saranno le tecnologie di intelligenza artificiale e le infrastrutture di connessione a contare più di ogni altra cosa. Su ciascuno di questi campi d’innovazione Cina e Stati Uniti hanno aperto un fronte di battaglia, che non si chiuderà anche se Trump e Xi dovessero arrivare a un’intesa formale per porre fine alla guerra commerciale: la guerra tecnologica rimarrà comunque viva, e plasmerà i prossimi anni di rapporti tra superpotenze.

 

Sui microchip la Cina ha cominciato un’iniziativa molto ambiziosa per ridurre il divario tecnologico, anche a costo di giocare sporco: il New York Times ha appena rivelato che le operazioni di spionaggio digitale e di furto di segreti industriali da parte cinese sono ai massimi livelli, nonostante un protocollo firmato con Washington nel 2015. Per proteggere le sue tecnologie, l’America usa dazi molto dolorosi, come è stato il caso di Zte, oppure protezioni commerciali per impedire acquisizioni, come nel caso Qualcomm. Sul campo del 5G, vale a dire sulle connessioni di nuova generazione, la battaglia riguarda l’influenza internazionale: le aziende cinesi vogliono costruire infrastrutture strategiche nei paesi occidentali, e Washington sta usando diplomazia e minacce per impedirglielo. Sull’intelligenza artificiale, la guerra è per i cervelli: gli Stati Uniti hanno i migliori ricercatori del mondo, ma Pechino ha approntato piani per attirare talenti e ottenere primati. È questa la vera guerra tra superpotenze. Non vi fidate dei tweet trumpiani che parlano di mercato dell’acciaio e bilancia commerciale. L’attenzione degli strateghi è puntata sulla tecnologia.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.