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Con l'Italia l'Europa andrà fino in fondo

David Carretta

La Commissione “politica” di Juncker punta da sempre al compromesso, ma se non c’è un passo indietro le prossime mosse sono chiare. I mercati fanno da contrappeso, ma l’Europa non può permettersi l’eccezione italiana

Bruxelles. “Cercherò fino all’ultimo di convincere il governo, e specialmente il ministro dell’Economia, ad avvicinarsi alle regole comuni”, ha detto ieri il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici: “Potremo non essere in pieno accordo, ma ci serve uno sforzo di avvicinamento in modo che possiamo vedere che l’Italia è ancora quello che deve essere, cioè un membro al cuore della zona euro”. Per l’Italia “non è troppo tardi per mantenere la stabilità, non è troppo tardi per mostrare che la crescita può continuare, non è troppo tardi per dimostrare che le finanze pubbliche sono su percorso credibile”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen, chiedendo a Movimento 5 stelle e Lega di “essere pragmatici” ed evitare di stuzzicare “i dèmoni” dei mercati. L’Unione europea sta lanciando gli ultimi appelli al governo affinché faccia marcia indietro sulla manovra, ma al contempo si sta preparando a una resa dei conti, compresa la bocciatura della legge di Bilancio.

 

La Commissione di Jean-Claude Juncker è “politica” nel senso che ha sempre evitato scontri con i governi nazionali, cercando invece di trovare soluzioni di compromesso per evitare il “Bruxelles bashing” (il dare la colpa di tutto a Bruxelles, ndr). Con l’Italia, come con altri, è accaduto più volte in passato: l’European Fiscal Board, l’organismo indipendente che valuta come viene messo in pratica il Patto di stabilità, ha accusato la Commissione di essere stata “troppo generosa” sulla flessibilità all’Italia. Nel corso degli ultimi anni, l’esecutivo Juncker ha evitato di aprire procedure per deficit eccessivo contro Francia e Belgio. Quando le deviazioni erano eccessive ma temporanee, ha azzerato le multe contro Spagna e Portogallo. Anche in altri settori, come lo stato di diritto e i migranti, la Commissione si è mossa troppo poco e troppo tardi. L’articolo 7 contro la Polonia è stato attivato solo quando la nuova legge sulla Corte suprema è entrata in vigore. L’Ungheria è stata portata davanti alla Corte di giustizia europea per non aver partecipato alla redistribuzione di richiedenti asilo da Italia e Grecia poche settimane prima della fine del programma. Con l’Italia in mano al governo gialloverde la Commissione sta tentando ancora una volta la via del dialogo (basta un deficit al 2 per cento). Ma, a sette mesi dalle elezioni europee, non può permettersi di non reagire di fronte a un governo che sfidi apertamente le regole delle convivenza comune.

 

Sui mercati la situazione dell’Italia “è molto fragile”, ha detto Katainen, evocando per la prima volta un “rischio contagio” ad altri paesi della zona euro. Ma lasciar correre il 2,4 per cento di deficit avrebbe implicazioni politiche più ampie. Significherebbe incoraggiare gli elettori a votare per chi minaccia l’Unione europea: Marine Le Pen potrebbe dire ai francesi che il metodo Salvini (prima ricattare poi tirare dritto) funziona meglio del metodo Macron (dialogare e coinvolgere). Significherebbe anche fornire un’ulteriore arma politica ai partiti populisti del nord Europa che, come Alternative für Deutschland, in origine erano nati per contestare gli aiuti ai paesi indebitati del sud e non certo l’immigrazione. Così la Commissione ha scelto la tattica del logoramento.

 

“La manovra non è stata ancora bocciata”, spiegano a Bruxelles: “Analizzeremo i dettagli quando arriveranno il 15 ottobre”. Dopo una settimana, Moscovici e il vicepresidente responsabile per l’euro, Valdis Dombrovskis, invieranno una lettera per chiedere chiarimenti e modifiche. Dopo un’altra settimana, la Commissione dovrebbe emettere un “parere negativo” sul progetto di legge di Bilancio (la bocciatura) e chiedere al governo di presentare una nuova versione entro tre settimane. In altre parole, il governo avrebbe fino alla seconda metà di novembre per fare marcia indietro. In caso contrario, la Commissione potrebbe lanciare un “early warning” (un avvertimento preventivo che obbliga a una correzione rapida, salvo penale dello 0,2 per cento di pil da mettere in un deposito fruttifero), lanciare una procedura per deficit eccessivo (a causa della violazione della regola del debito) con obblighi di bilancio più stringenti e minaccia di multa e taglio fondi europei, e aprire una procedura d’infrazione (per violazione del trattato) con possibilità di finire in Corte. Ma alla fine, in questa lunga guerra di logoramento, la Commissione spera in un intervento di una potenza esterna molto più efficace di qualche procedura. “Qui non c’entra nulla la Commissione”, dice al Foglio una fonte Ue: “Questa cosa è veramente rischiosa” a causa della disciplina dei mercati.

 

Resta poi la determinazione politica ad andare fino in fondo: ancora una volta la Commissione c’entra fino a un certo punto. Sono gli stati che, per contenere il contagio e per difendere le regole europee, possono decidere che pressioni fare: quando la Francia dice che un’Europa a più velocità è una possibilità concreta, con un cuore che rispetta le regole e gli altri che non le rispettano e però godono di meno dei benefici europei, sta parlando anche all’Italia. Anzi, oggi che si ridiscute l’architettura dell’euro soprattutto all’Italia.

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