Il premier greco Alexis Tsipras (Foto LaPresse)

Il fronte Tsipras (e oltre) marcia diviso alle elezioni europee

Gregorio Sorgi

Nella sinistra radicale ci sono grandi divergenze, inconciliabili. Alcuni esponenti ci spiegano perché

Roma. Marciare divisi e colpire uniti. Questa è grosso modo la strategia della sinistra radicale in vista delle elezioni europee: ogni forza politica giocherà la propria partita e poi, eventualmente, le coalizioni si faranno in parlamento. L'idea di creare un fronte unico progressista contro la destra populista non è mai stata messa in pratica. Il filo diretto tra Emmanuel Macron e la sinistra europea si è raffreddato nelle ultime settimane e i problemi domestici del presidente francese sono solo una parte della spiegazione.

 

In realtà, una parte consistente della sinistra crede che una coalizione larga da Macron a Tsipras non sia praticabile. Il capo delegazione di Syriza al Parlamento europeo e vicepresidente dell'Aula, Dimitrios Papadimoulis, ha detto al Foglio che “con Macron ci sono delle convergenze sul tema dei diritti. Ma il nostro gruppo vuole ridurre le diseguaglianze e combattere contro il neo-liberismo. Macron su questo la pensa molto diversamente e lui è il primo a trascurare un'alleanza con la sinistra. EnMarche sta dialogando con Verhofstadt, che certo non è un socialista”. E tra gli esponenti di Gue/Ngl – il gruppo parlamentare che raggruppa partiti di sinistra, comunisti e verdi a Bruxelles – in molti pensano che un’alleanza unica anti-sovranista sia un clamoroso autogol.

 

Questo il ragionamento: un'alleanza unica contro la destra rischia di trasformare le elezioni europee in un referendum sull'Ue, e il rischio è quello di perdere. L'alternativa più plausibile dunque è di andare ognuno per la propria strada, senza alcun vincolo politico. Nell'universo della sinistra europea ci sono diverse visioni sul futuro dell'Europa e un contenitore unico rischia di portare alla luce queste contraddizioni. La presidente del gruppo Gue/Ngl Gabriele Zimmer spiega al Foglio che “siamo divisi tra chi pensa di estendere la democrazia a livello europeo e chi, come i socialisti olandesi, è convinto di consolidarla solo a livello nazionale.” Questo rende molto difficile una coalizione pre-elettorale.

 

Lorenzo Marsili, cofondatore di Diem25, un movimento transnazionale guidato da Yanis Varoufakis, l’ex-ministro dell’Economia greco padre del referendum anti-euro, spiega al Foglio “che Jean-Luc Mélenchon, il leader della France Insoumise, ha un atteggiamento salviniano verso l'euro e i migranti. Podemos non ha una posizione sull'Europa. Noi invece abbiamo una linea chiara: siamo europeisti e anti–establishment. Se la sinistra vuole avere un programma comune non può tenere dentro tutto”.

 

I partiti sotto l'ombrello di Diem25 si presenteranno in 18 paesi europei e il loro candidato alla commissione sarà Varoufakis. In Francia si sono affiliati con Génération.s, il movimento fondato dall'ex candidato socialista alle presidenziali Benoît Hamon (prese il 6 per cento). In Polonia con Razem, che significa “Insieme”, ed è stato ribattezzato “il Podemos polacco”, e in Danimarca con Alternative, un partito ambientalista che ha avuto successo nelle scorse elezioni. In Italia ci sono dei contatti assidui tra Diem25 e l'ex grillino Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

 

Potrebbe entrare a fare parte della coalizione anche +Europa, che è ancora indecisa su cosa fare in vista delle europee. Il deputato Alessandro Fusacchia, molto vicino a Emma Bonino, ha detto al Foglio che “ci sono delle sensibilità diverse nel partito sopratutto sui temi economici e sociali. Stiamo dialogando con molte forze politiche, tra i quali verdi, liberali e Diem25. La scelta finale la prenderemo nel congresso del partito che si terrà a gennaio. Naturalmente dobbiamo essere alternativi alla destra, però non possiamo essere visti come i protettori dello status quo. Vogliamo presentarci con un proposta politica nuova”.

 

L'assenza di un candidato unitario per la sinistra è un rischio calcolato. La scommessa è che la somma di deputati eletti tra le diverse famiglie progressiste sia maggiore rispetto a un ipotetico fronte anti-sovranista. Il sistema proporzionale con il quale si svolgeranno le elezioni rende più facile questa strategia, anche se lo sbarramento al 4 per cento la trasforma in molti casi in una scommessa. Il progetto è quello di unire le forze dopo il voto. Papadimoulis spiega che “tra i progressisti ci sono tre famiglie politiche: i verdi, i socialisti e la sinistra.

 

È molto difficile concordare un programma comune prima delle elezioni, però bisogna assolutamente trovare le convergenze tra i diversi gruppi una volta in Parlamento per costruire una maggioranza contro la destra”. Un altro deputato riassume bene il messaggio: “L’importante è avere una maggioranza europeista in parlamento. Poi se c’è ne uno in più di Macron o di Varoufakis non importa nulla”. Syriza svolgerà il ruolo di pontiere tra la sinistra e il resto del fronte progressista. Il partito di Tsipras conferma di volere “continuare a fare parte della sinistra europea” però “allo stesso tempo teniamo dei rapporti molto costruttivi sia con i socialisti che con i verdi”.

 

Il prossimo congresso tra i partiti della sinistra si terrà a febbraio, ma fonti vicine a Zimmer confermano che “non verrà deciso né un programma né un candidato”. I conti si faranno in parlamento. I verdi e la sinistra europea contano più di 100 seggi e, vista la crisi dei partiti socialdemocratici, sono fiduciosi di guadagnarne altri a maggio. I loro voti potrebbero spostare gli equilibri in un’eventuale coalizione anti-sovranista, o così si augurano.