Raccontami un film

Mariarosa Mancuso

In mancanza di Fassbinder, il migliore per iscritto, affidarsi a Luis Molina (e vedere “Il bacio della donna ragno”)

Se va avanti così, i film ce li faremo raccontare. Per iscritto. Faccenda difficile, come ognuno sa. Vale l’esperienza personale: a furia di leggere qualsiasi cosa (si cominciò mossi da noia precoce, con i giornali anche vecchi e già adibiti a usi di cucina) scappa il nervosismo: ma quel dettaglio non potevi dirlo prima? (o dopo, o mai). E vale l’esperienza collettiva: quando sfogliavamo – poi abbiamo smesso, era una tortura, molti hanno continuato a giudicare dal fraseggio – il materiale stampa che riassume la trama del film (dicono “sinossi” più chic). Chi raccontava tutta la storia, chi raccontava una scena soltanto (da noi ingenuamente scambiata per l’inizio, ma non succedeva niente altro), chi offriva dettagli e spiegazioni di cui il film era privo.

 

In cima ai narratori di film (per iscritto) sta Rainer Werner Fassbinder. Purtroppo ne ha raccontati pochi – perlopiù melodrammi di Douglas Sirk – in un libretto di cui non ricordiamo il titolo (Amazon per questi scopi funziona come l’automobilina a pedali, e non soccorre neanche maremagnum). Ricordiamo però benissimo lo strazio con cui il tedesco racconta i figli ingrati che regalano un televisore con il fiocco alla madre vedova che preferirebbe una love story con il giardiniere Rock Hudson.

 

Secondo in classifica viene Luis Molina, nel romanzo di Manuel Puig “Il bacio della donna ragno” (questo in kindle c’è). Sta in un carcere a Buenos Aires, per corruzione di minori (che tanto minori non erano, era l’omosessualità a essere fuori legge). Divide la cella con un militante clandestino che sta per essere interrogato (si fa per dire). Molina ha una passione sconsiderata per i film di Hollywood, che magnificamente narra scena dopo scena, con sbalorditiva ricchezza di particolari. Il giovanotto rivoluzionario all’inizio non ne vuol sapere. Vorrebbe storie più virili e coraggiose, e se ci sono donne devono essere guerrigliere che prendono il fucile per un altro mondo possibile (e anche piuttosto urgente, nell’Argentina alla fine degli anni 70).

 

Molina non ne vuole sapere, cinema vuol dire fanciulle eleganti: “Fra le palme finte di carta stagnola, come quella delle sigarette, sai, dietro le palme si vede la luna piena ricamata di lustrini che si riflette sul mare di seta. E’ un molo tropicale, e si sente solo il vaevieni delle onde, imitato dall’orchestra con le maracas”. Siete già lì? Noi sì (e bravo il traduttore Angelo Morino, se però volete leggere la sparatoria all’O. K. Corral non è roba per voi). Il compagno di cella addirittura sgama il film di propaganda nazista e si infuria, viene calmato con “Il bacio della pantera”, di Jacques Tourneur (altra femmina elegante e pericolosa). Molina adora soprattutto la regia melodrammatica, da film anni 40: “La faccia di lei in primo piano, con dei toni grigi straordinari in un’ombreggiatura perfetta, con una lacrima che le sta cadendo. Mentre le scappa, la lacrima dall’occhio non brilla molto, ma quando le scivola per lo zigomo altissimo brilla quanto i diamanti della collana”. Potremmo anche pagare il biglietto, prima di leggere.