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Consigli per la quarantena

Pedro, te adoro

Mariarosa Mancuso

Macché libri che piacciono solo a chi li ha scritti, leggete il diario di Almodóvar e guardate le commedie che suggerisce

Aiuto. Stanno arrivando. Per mettersi in salvo non basterà allontanarsi entro i limiti consentiti dall’ennesimo decreto (mai avremmo pensato di assistere, fuori da un romanzo e fatte le debite proporzioni, a discorsi e complicazioni da Azione parallela – ecco a cosa sono servite le molte ore, qualcuna pure di noia, trascorse leggendo “L’uomo senza qualità” di Robert Musil). Stanno arrivando, già compaiono nei bollettini editoriali, facendo i conti hanno richiesto meno lievitazione di una pagnotta fatta in casa. Sono i diari della pandemia e del confinamento.

 

“In queste settimane molti si sono chiesti cosa pensasse dell’epidemia e del confinamento Michel Houellebecq”, scrive il Corriere della Sera. Su Repubblica esce lo stesso testo, peraltro proveniente da una conversazione in onda su France Inter, senza fare illazioni sulla nostra voglia, che è pari a zero, di conoscere i pensieri del depresso cronico. L’editoria appena riavviata dopo la crisi propone ghiottonerie come questa: “Un diario che entra sotto la pelle della cronaca, per restituirci il cuore di una grande mutazione”, “al termine della quale non saremo più gli stessi” (aspettiamo con terrore i successivi: diari intramuscolo, diari endovenosi, diari fleboclisi). Diciamo il peccato ma non il peccatore, nella speranza che ci ripensino. E smettano di stampare libri che piacciono solo a chi li ha scritti.

 

Un solo diario vogliamo leggere, quello che Pedro Almodóvar ha pubblicato su eldiario.es, tradotto per i lettori italiani sul sito di Rolling Stone. Abbiamo avuto sempre un debole per Pedro, dai primi e sgangheratissimi film ambientati nel convento delle monache o con le disperate casalinghe madrilene (“Dolor y gloria” fa morire di tristezza, ma è 100 per cento Almodóvar). Racconta una cena da Jane Fonda, una telefonata di Madonna, un incontro con Warren Beatty sul set del film “Dick Tracy” – più interessanti degli scrittori che narrano di aver caricato e poi vuotato la lavapiatti (ma non si dovevano levare le parti noiose, dal cinema e dalla letteratura?).

 

Pedro consiglia una serie di commedie screwball (è la palla a effetto, non si sa dove finisce la traiettoria). Dopo il musical, il genere cinematografico che più mette allegria. Sempre ambientato in magnifiche case, con magnifici vestiti, tacchi alti e cappellini (del tipo non disinfettabile). “Il magnifico scherzo”, per esempio, dove lo scienziato Cary Grant, aiutato da uno scimpanzé, trova una formula che ringiovanisce lo spirito. Il liquido finisce nell’acqua potabile, e tutti tornano bambini capricciosi (ogni riferimento a politici, decreti, proclami è puramente casuale). “Scandalo a Filadelfia” o “A qualcuno piace caldo” sono tanto raccomandati che li avrete già visti. D’accordo al 100 per cento con Pedro suggeriamo “Partita a quattro” di Ernst Lubitsch. “Design for Living” era il titolo originale. Anno 1933, prima del codice di censura Hays che impose alle coppie sposate del cinema i letti gemelli. Qui si parla di triangoli, con Miriam Hopkins e Gary Cooper, per una volta senza stivali e cappellaccio western.

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