(foto LaPresse)

Scaricare Immuni sul proprio smartphone: buoni motivi per farlo

Lorenzo Borga

Efficace solo se il 60 per cento della popolazione la adotta? No, anche con un numero inferiore di utenti si ridurrebbero i possibili contagi

No, non è vero che l’app di tracciamento dei contatti Immuni funziona solo se il 60 per cento della popolazione la scarica sul proprio smartphone. È un’informazione che continuiamo a leggere e ascoltare ovunque: “per essere efficace deve utilizzarla almeno il 60 per cento, altrimenti non serve a nulla”, leggiamo sui giornali e sentiamo affermare da commentatori e commentatrici. Ma non è così.

 

Della percentuale del 60 per cento si inizia a parlare con insistenza da metà aprile, e la stima viene attribuita genericamente a degli “esperti”. In realtà si tratta di uno dei risultati del team dell’Università di Oxford che sta lavorando alle ricerche epidemiologiche sul nuovo coronavirus. Il gruppo di ricercatori, di cui fa parte anche l’italiano Luca Ferretti, ha modellato il funzionamento di un’app di tracciamento digitale dei contatti in una città ipotetica di un milione di abitanti. Il contact tracing classico, che si basa su ricerche fatte a mano dagli operatori, è infatti troppo lento e macchinoso e richiede circa tre giorni per rintracciare i contatti, mentre un’applicazione mobile potrebbe renderlo possibile nel giro di qualche ora. Per questo ne hanno raccomandato ai governi l’utilizzo, che richiede tuttavia un investimento continuo nei tamponi e anche nel tracciamento tradizionale umano (come ha ricordato tra i primi Eugenio Cau su queste pagine) e un’adozione massiccia dell’app da parte degli utenti.

 

Ecco, proprio questo è il punto: per rendere efficaci le applicazioni sviluppate dai governi è necessario che molti utenti le scarichino e le usino, ancor di più ora che Google e Apple – e quindi Immuni – hanno basato il tracciamento sull’utilizzo del Bluetooth e non sui dati di posizione del Gps. Infatti, per rilevare un contatto a rischio è necessario che entrambi gli individui – quello che si scoprirà infetto e quello che verrà avvisato del pericolo dal software – abbiano installato e reso funzionante l’applicazione. Così, se l’app di tracciamento fosse adottata dal 10 per cento della popolazione, la probabilità di tracciare un contatto tra due persone sarebbe il 10 per cento del 10 per cento, vale a dire l’1 per cento. Se venisse invece utilizzata la posizione, basterebbe anche un solo smartphone attivo per avvisare le persone a rischio perché si potrebbero rintracciare i contatti attraverso lo studio di dove l’individuo positivo si è recato nelle ultime settimane. Ma questo non significa che serva raggiungere il 60 per cento di adozione, per renderle utili. L’epidemiologo Christophe Fraser, che guida il team di ricerca di Oxford, sostiene infatti che “i modelli mostrano che possiamo fermare il contagio se circa il 60 per cento della popolazione usa l’applicazione”, come hanno riportato tutti i giornali dimenticandosi però di pubblicare anche la frase successiva: “ma anche con un numero inferiore di utenti stimiamo una riduzione nel numero di casi e morti per coronavirus”. Come riporta il Mit Technology Review, le applicazioni di tracciamento digitale iniziano a essere efficaci infatti a livelli molto più bassi. I ricercatori hanno stimato che se l’80 per cento dei possessori di smartphone scaricassero l’app – più o meno il 60 per cento della popolazione totale, bambini e anziani inclusi – questo potrebbe essere sufficiente per fermare la pandemia senza nessun’altra forma di intervento (al di fuori della quarantena obbligatoria degli ultra-70enni, che viene ipotizzata dal team di ricerca). Ma si tratta di un caso estremo: nessuno penserebbe di lasciare in mano alle sole app di tracciamento la lotta all’epidemia. In tutti i paesi, Italia compresa, sono ancora in vigore forme di lockdown seppur alleggerite e regole di distanziamento sociale e fisico. La Bbc riporta la stima degli epidemiologi: anche con un numero inferiore di download al 60 per cento, ogni 1-2 utenti verrà evitata in media un’infezione da coronavirus. 

 

Fonte: “Effective Configurations of a Digital Contact Tracing App: A report to NHSX”, rielaborata dal Mit Technology Review. Scenario ipotizzato in una popolazione di 1 milione di abitanti.

 

Ma chiarito il malinteso sull’efficacia dell’applicazione, quanti la stanno scaricando? Per quanto non sia necessario raggiungere la soglia del 60 per cento, è fondamentale che il maggior numero possibile di persone usi questi software. In Italia le ultime stime, che risalgono al 10 giugno, sono di 2,2 milioni di scaricamenti di Immuni (mentre non sappiamo quanti l’abbiano effettivamente attivata dopo averla installata, e c’è chi ritiene siano molti meno). Se comparati al numero di smartphone disponibili in Italia nel 2019 secondo l’indagine Auditel-Censis, circa 43 milioni e mezzo, gli utenti che usano Immuni sembrano ancora esigui. E lo rimangono anche tenendo conto del fatto che l’app sviluppata da Bending Spoons non è disponibile per tutti gli smartphone. Quelli non compatibili dovrebbero rappresentare meno di uno smartphone su dieci (basandosi sui numeri di statcounter per Android e di DeviceAtlas per iOs): tutti gli altri lo sono.

 

E negli altri paesi? Singapore a fine maggio contava un’adozione del 25 per cento, come la Norvegia, mentre l’Islanda raggiungeva circa il 40 per cento. Ma si tratta di paesi che hanno utilizzato modelli di app differenti da quello sponsorizzato da Apple e Google, e quindi Immuni. Mentre stati più simili al nostro per dimensioni, Francia, Germania e Regno Unito, non hanno ancora rilasciato le loro applicazioni come riporta il Mit Technology Review. Non è dunque facile farsi un’idea di quanti scaricheranno Immuni, che da oggi viene resa operativa in tutto il paese. Potremmo fidarci dei sondaggi, come quello condotto in Italia da un team di ricercatori alla fine di marzo secondo il quale quasi il 60 per cento sicuramente scaricherebbe l’app, percentuale più alta di altri paesi europei. Ma lo sappiamo, la paura fa brutti scherzi ed è probabile che in così tanti abbiano risposto positivamente guidati dal terrore di essere contagiati e di infettare i propri familiari in una fase iniziale della pandemia: ora che il virus lo conosciamo meglio e che ci abbiamo fatto l’abitudine, è probabile che molti abbiano cambiato idea sottovalutando il rischio.

 

Ma non è questo il momento di ripensamenti. Scaricare Immuni potrebbe salvare delle vite e allo stesso tempo mantenere le riaperture, se il governo farà trovare pronto il sistema sanitario. Per il bene nostro e di chi ci sta attorno, scarichiamola. La scusa di farlo solo una volta che verrà raggiunto il 60 per cento dei download non tiene più.

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