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I media americani hanno preso un granchio sulla “censura” di Google

Eugenio Cau

Secondo Nbc il motore di ricerca avrebbe tolto la pubblicità a due siti della alt-right. Le cose, in realtà, sono andate diversamente. Ma la questione è tutt'altro che chiusa

Un paio di giorni fa il sito internet della rete americana Nbc ha pubblicato un articolo in cui annunciava che Google avrebbe rimosso la pubblicità da due siti di news di destra e vicini alla alt-right, ZeroHedge e The Federalist, per violazione delle regole della piattaforma. La giornalista autrice dell'articolo scriveva che la decisione di Google era arrivata grazie alle segnalazioni di un think tank britannico che si chiama Center for Countering Digital Hate, che in collaborazione con Nbc avrebbe mostrato a Google una serie di articoli razzisti.

  

La storia è ovviamente diventata virale, ed è stata molto criticata dai conservatori americani, sia per l'azione di Google sia per l'intervento diretto di Nbc contro un concorrente. Ma poco dopo Google ha smentito Nbc, dicendo che The Federalist non era mai stato privato della pubblicità. L'azienda aveva sì aperto un procedimento contro The Federalist, ma non per il contenuto degli articoli. La ragione è che la sezione dei commenti, che non viene moderata dalla redazione, era piena di commenti razzisti e violenti. The Federalist ha chiuso la sezione dei commenti, promettendo di sistemarla, e la questione con Google si è risolta.

  

  

ZeroHedge invece è stato demonetizzato, ma ancora una volta Google ha fatto sapere che la ragione della scelta riguardava la sezione dei commenti.

 

Ovviamente, Nbc è stato sommerso di critiche per aver riportato che Google stesse togliendo pubblicità a The Federalist a causa dei suoi contenuti. I due fondatori del sito hanno scritto nella sezione delle opinioni che Nbc ha cercato di cancellare The Federalist, e molti politici repubblicani americani hanno scritto lettere adirate.

 

Nbc ha senz'altro fatto una cialtronata, ma la vera morale di questa storia riguarda lo strapotere di Google, che in quanto distributore di pubblicità online semimonopolista (assieme a Facebook) si riserva il diritto di metterla e toglierla sulla base di una serie di regole di policy. E quindi sì, anche se questo non è stato il caso Google avrebbe potuto togliere la pubblicità a The Federalist per aver pubblicato articoli razzisti, come avrebbe potuto toglierla a un sito di estrema sinistra per la pubblicazione di articoli di esaltazione dei gulag sovietici. La ragione di business è semplice: gli inserzionisti non vogliono la pubblicità dei loro prodotti vicino a contenuti dannosi o estremisti. Ma questo dà a Google un potere enorme, perché per molti siti l'eliminazione della pubblicità di Google significa la morte.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.