
Una scena della serie "Baby", prodotta da Netflix in Italia
E se Netflix stesse per comprare gli studi di Cinecittà (che sono statali)?
Un pezzo grosso dell'industria cinematografica ci spiega che è il pubblico italiano più che la capitale ad attrarre il colosso californiano
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Surreale Virginia
Roma. Con un post su Facebook Virginia Raggi ha annunciato che “Netflix ha scelto Roma per aprire la sua nuova sede. Una notizia positiva che conferma come la nostra città sia leader dello sviluppo in Italia. Molte aziende internazionali vedono finalmente in Roma una opportunità di sviluppo e crescita”. La vicepresidente di Netflix Europa, Kelly Luegenbiehl, ha specificato che sarà individuata una postazione nel centro della città e ben collegata dove attrarre i nuovi posti di lavoro. Ma il fatto che Roma sia finalmente la “leader della sviluppo in Italia”, come dice un po' enfaticamente la sindaca, sembra non essere l’unico motivo di questa scelta. Netflix da anni cerca storie nuove in paesi stranieri da cui prendere spunto per produrre serie tv originali con ambientazioni e supporto di produzione locali. Episodi girati in paesi come l’Italia, l’Inghilterra, la Francia, l’Olanda, l’Iran o il Giappone che possano poi interessare a livello mondiale tutti gli utenti. In questi anni si è vista una progressiva decentralizzazione delle serie tv dalla storica e quasi monopolistica produzione americana. Degli esempi possono essere la serie evento inglese “Sex Education”, il tormentone spagnolo della “Casa di Carta” e le due produzioni italiane “Baby”, ispirata alla vicenda del giro di prostituzione minorile dei Parioli, e “Suburra”, ambientata tra Ostia e Roma. Tutte produzioni Netflix che hanno trovato un pubblico anche al di fuori dei loro paesi di origine.
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