Il presidente della Regione Lazio e segretario del Pd Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Ecco la fase due dell'esperimento laziale tra Pd e Cinque stelle

Marianna Rizzini

Come il “laboratorio Lazio” si adegua al Conte bis e come il tema Renzi si riflette in regione

Roma. Lo chiamavano non per niente “laboratorio Lazio”: era il 2018 e la Regione Lazio faceva da specchio rovesciato all’Italia in cui il Pd era scivolato all’indietro e il M5s in avanti. Non c’era un governo Lega-Cinque stelle, dunque, ma un Nicola Zingaretti rieletto governatore – anche se non esattamente con i numeri che sarebbero serviti per governare in totale autonomia – e un M5s locale dialogante su alcuni temi, attraverso l’intermittente accordo informale con l’ex concorrente di Zingaretti e grillina storica Roberta Lombardi. C’era un “programma di lavoro” a cui subordinare di volta in volta accordi parziali, non un’ipotesi di vero e proprio passaggio nella maggioranza, visto anche il livello di acrimonia registrato a livello nazionale tra Pd e M5s. Ora però è il piano nazionale a superare l’avanguardia laziale, con nuovi sottosegretari nel governo Conte bis (Lorenza Bonaccorsi e Gian Paolo Manzella) che sono anche ex assessori di Zingaretti.

 

E qui è cominciata la fase due dell’esperimento laziale, la cosiddetta “interlocuzione circostanziata” Pd-Cinque stelle, con Daniele Leodori, vicepresidente della regione, incaricato di sondare e di trattare: con chi sostituire infatti Bonaccorsi e Manzella? E anche se a un certo punto si è parlato di Roberta Lombardi in persona, sembra ora prendere corpo l’ipotesi di due “tecnici” di area grillina (non tutti nei Cinque stelle sono per replicare lo schema rossogiallo, a partire dal consigliere regionale e veterano grillino Davide Barillari). Intanto si cerca, dalle due parti, di capire che cosa succederà in Umbria, tanto più che Zingaretti, dopo aver scalato la montagna del governo nazionale con il M5s un mese fa, ha aperto al confronto regione per regione: “Io penso che dovremmo provare: se si è fatto un tentativo per governare il paese, perché non tentare, rispettando le autonomie dei territori…?”. Ma c’è un altro fattore che agita il panorama laziale: questi sono infatti anche i giorni in cui si è consumata la scissione renziana. In Parlamento e in comune non tutti hanno sciolto la riserva sul “dove andare ora”: restare nel Pd o spostarsi in Italia Viva? In regione l’unica consigliera renziana risponde al nome di Valentina Grippo. Interpellata in proposito, Grippo, che al momento sta “riflettendo e interloquendo con i territori”, sottolinea intanto quello che a suo avviso è “il vero tema: questo Pd non sembra permeabile da forze nuove, è diventato un avamposto di correnti, sembra aver esaurito la sua forza propulsiva e aver dimenticato la vocazione maggioritaria del Lingotto. E’ vero che questa legge elettorale non ha premiato, ma è anche vero che al momento un partito riformista, verde, per l’innovazione, per il merito, e che parli ai mondi produttivi non c’è”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.