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“Per un europeista questo governo è una scommessa storica”, dice Magi

David Allegranti

Per il deputato di +Europa “ci sono delle contraddizioni e delle ambiguità profonde sulle quali poggia l'esecutivo. Però non c’erano alternative”

Roma. “Per un europeista, la nascita di questo governo è una scommessa storica”, dice al Foglio Riccardo Magi, già segretario dei Radicali Italiani, deputato eletto con Più Europa. Il suo partito ha scelto “l’opposizione costruttiva” lui invece ha optato per una “fiducia critica” al Conte bis. “E’ naturalmente una scommessa estremamente rischiosa, ci sono delle contraddizioni e delle ambiguità profonde sulle quali poggia questo governo. Però non c’erano alternative. Facciamo un po’ di storia recente. Un mese fa correvamo il rischio dei ‘pieni poteri’ di Salvini, adesso questo rischio non c’è più ed è il motivo per cui ritengo quello di Conte un governo di legittima difesa rispetto a uno scivolamento ulteriore verso le violazioni dello stato di diritto, con ricadute pesanti sulle libertà e i diritti politici dei cittadini. Fino a un mese fa l’Italia era fuori dall’Europa, sia in termini diplomatici sia in termini istituzionali e politici, con annesse conseguenze finanziarie, visto che c’era lo spread a 250”.

 

Dal punto di vista delle relazioni internazionali, dice Magi, “l’Italia era in preda a un isolamento tronfio e orgoglioso, e al vittimismo. A furia di dire che l’Italia non è serva di nessuno ci stavamo collocando in una posizione di subalternità non avendo possibilità di incidere nelle politiche concordate a livello europeo”. Già alle Politiche e non solo alle Europee, “come partito avevamo individuato e definito quale fosse il nuovo fronte dello scontro, fra il nazionalismo sovranista e il tentativo di ridare senso all’integrazione europea rilanciando le democrazie liberali”. Un partito come +Europa già per tempo aveva scommesso su questa linea di frattura, osserva Magi, quindi “non può non riconoscere nella nascita di questo governo un cambio di scenario. Per dirla in altro modo, non capisco come si possano salutare le nomine di Roberto Gualtieri, Enzo Amendola, Paolo Gentiloni dicendo che sono ottime notizie e al contempo sostenere che non c’è discontinuità. Questo non vuol dire che noi non siamo pronti a criticare le politiche che potranno fare Gentiloni, Gualtieri, Amendola. Però dobbiamo renderci conto che un cambio di scenario c’è stato, che un salto è stato fatto”.

 

L’analisi del senatore Mario Monti, dice Magi, è “puntuale e preziosa”. Perché? “Perché noi non sappiamo, come giustamente dice Monti, se al governo siano autenticamente europeisti ma sicuramente stanno prendendo impegni europeisti. Ha anche detto che se dovesse valutare la coerenza delle persone certo la credibilità è poca ma devo valutare la possibilità che ci sia un cambio serio nelle politiche. Nel mio intervento alla Camera ho citato una cosa che Marco Pannella ci diceva sempre: dobbiamo giocarci il possibile contro il probabile. Il probabile lo conosciamo, e sono i 15 mesi passati di governo. Il possibile è estremamente rischioso e fragile da costruire ma appunto è possibile”. Dunque “credo che ci sia stato del tatticismo elettorale da parte di chi, nel campo europeista, ha fatto una scelta di giudizio negativo preventiva nei confronti di questo governo. Il mio partito ha preso una decisione, per 4-5 voti ha prevalso la collocazione di Più Europa all’opposizione, anche se tre parlamentari su quattro di Più Europa hanno votato la fiducia. Non credo che ci sarà molta differenza fra l’opposizione costruttiva di Emma Bonino e una mia fiducia critica. Ma in quel tipo di posizione c’è forse un eccesso di tatticismo elettorale, di posizionamento. E così si rischia di morire di tatticismo, visto che poi c’è chi lo fa meglio, come Carlo Calenda o Matteo Renzi”.

 

Ma non vede dei rischi nei Cinque stelle? In che cosa sono cambiati rispetto a prima? “Li vedo eccome. Sono stato relatore di minoranza sul taglio del numero dei parlamentari, continuo a restare contrario. Penso che sia un errore. Così come è un errore averci basato l’accordo. Non c’era evidentemente altra possibilità da parte di chi ha trattato per fare il governo, però quegli elementi – la demagogia, il giustizialismo, il populismo, l’antiparlamentarismo – li vedo tutti. Il Foglio si chiede da settimane se sia possibile romanizzare i barbari. C’è chi dice che gli elementi di demagogia, di antiparlamentarismo, antisistema, dei Cinque stelle non potranno che tornare fuori e deflagrare. Perché c’è il partito di Di Maio e c’è il movimento delle origini. Io penso che nella divisione, seppur semplificata, sia in atto una trasformazione. Non ho le prove ma mi pare che in atto ci sia un processo di metamorfosi”. Un processo che ha portato, come suo effetto, “alle nomine di cui parlavamo prima, come quella di Gentiloni. Significano qualcosa o no? Così come significa qualcosa la riapertura delle interlocuzioni a livello internazionale. Conte che parla con Macron, per esempio. Sono finiti i litigi con la Francia. E’ ripreso il dialogo con la Germania. Insomma, adesso il punto è capire se dalla riapertura di questi percorsi arriveranno dei benefici tangibili e il governo riuscirà a praticare un’agenda diversa”. Magari anche sull’immigrazione, dice Magi. “La retorica salviniana ci ha convinto che la priorità doveva essere tenere 50 o 100 persone a qualche miglio dalle coste. Adesso vedo in modo positivo la trattativa più che avanzata sul meccanismo di ricollocamento dei migranti e dei richiedenti asilo. Penso però che il coraggio di questa maggioranza si misurerà sulla vera urgenza in tema di immigrazione, cioè il mezzo milione di irregolari. Serve una riforma strategica della Bossi Fini per fare in modo che vengano riaperti gli ingressi regolari a partire dalla ricerca di lavoro basata sul fabbisogno del sistema produttivo. Non basta cambiare il regolamento di Dublino”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.