Roberto Morassut, sottosegretario all'ambiente del Pd (foto LaPresse)

Morassut spiega perché il governo non ha pregiudizi sui termovalorizzatori

Luciano Capone

"Bisogna guardare al ciclo in maniera completa, partendo dalla produzione dei rifiuti e avendo come obiettivo la differenziazione". Chiacchierata con il sottosegretario all’Ambiente del Pd

Roma. “L’ambiente è un terreno su cui Pd e M5s hanno sensibilità comuni, anche se con soluzioni e percorsi diversi. Ormai è il momento di non relegare più questi argomenti in un angolo delle politiche pubbliche, ma di metterli al centro della politica economica. E’ quello che intendiamo fare con il decreto Clima, che smuoverà circa 15 miliardi”. Roberto Morassut, sottosegretario all’Ambiente, è un volto storico della sinistra romana e uomo chiave del Pd zingarettiano: “Come Pd abbiamo proposto la creazione di un fondo da circa 50 miliardi, che in 15 anni dovrà servire per guidare la transizione energetica e ambientale”. Un elemento fondamentale del programma di governo è il Green New Deal. Ma sotto l’etichetta quali misure concrete ci sono? “Dobbiamo rispettare gli impegni presi a livello internazionale: il dimezzamento delle emissioni entro il 2030 e l’azzeramento entro il 2050, decarbonizzazione entro il 2050. Nel decreto ci sarà un impegno contro il consumo di suolo in modo da consentire la trasformazione urbanistica delle città senza un allargamento del loro perimetro. E poi c’è il tema dei rifiuti, da affrontare in un’ottica di economia circolare, facendo in modo che le aziende abbiano un quadro normativo certo sul recupero delle materie prime”. A proposito di rifiuti, una differenza tra Pd e M5s è la questione termovalorizzatori. Vanno fatti o no? “Già il termine termovalorizzatori è sbagliato, indica impianti molto diversi tra loro. Secondo le linee guida europee solo il 10 per cento dei rifiuti deve andare in discarica o deve essere processato industrialmente, l’obiettivo è quindi creare un’economia circolare per recuperare i rifiuti”. Ma nel frattempo, prima che si arrivi a un così alto livello di differenziata, se ci sono zone in cui vanno fatti, come si procede? “Non bisogna avere un approccio ideologico come ce l’ha la Lega, non è vero che c’è bisogno di un impianto in ogni provincia. Bisogna guardare al ciclo in maniera completa, partendo dalla produzione dei rifiuti e avendo come obiettivo la differenziazione. Poi, è naturale che dove è necessario vanno costruiti i nuovi impianti”.

 

In Germania il governo Merkel ha presentato un pacchetto per il clima, ma solo dopo che Cdu e Spd si sono riuniti per 20 ore discutendo ogni dettaglio. Il governo è partito con un decreto del ministro dell’Ambiente Costa, poi non approvato in Cdm, senza coperture e senza una condivisione con gli altri ministeri. E’ un modo serio di affrontare il tema? “Va detto che l’Italia parte indietro rispetto ad altri paesi, quindi ritengo che non sia sbagliato porre il tema al centro del dibattito pubblico, anche in maniera drastica, come fa il ministro Costa”. Nella bozza c’era il taglio ai sussidi ambientalmente dannosi, che però vuol dire aumentare le accise sul gasolio ad agricoltori e trasportatori e l’Iva sulle bollette elettriche delle famiglie. Si proseguirà su quel fronte? “Dobbiamo azzerare l’uso delle energie fossili, ma la transizione va accompagnata con delle compensazioni. Bisogna stare attenti a non danneggiare l’attività economica, per questo ogni decisione verrà presa dopo una discussione con tutte le parti coinvolte”.

 

L’ecosistema della maggioranza è cambiato dopo la nascita del partito di Renzi. Il governo è sostenibile? “Serve un po’ di ecologia politica. Questo governo nasce in discontinuità, per dare agli italiani la certezza di portare il paese fuori dal pantano. Come dice Zingaretti, non vogliamo un contratto e due programmi giustapposti, ma un progetto e un linguaggio condivisi. Bisogna quindi evitare che la maggioranza diventi una babele di sigle e linguaggi, altrimenti queste emissioni inquinano la maggioranza”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali