Virginia Raggi (Foto LaPresse)

Il Mandato zero di Raggi, così la sindaca punta a ricandidarsi

Marianna Rizzini

Gli indizi che fanno pensare a una nuova candidatura del sindaco che prima diceva “per carità”

Roma. “Arrivare viva alla fine di questo mandato già sarebbe un successo”. Così parlava Virginia Raggi a fine 2017, quando le veniva chiesto se intendesse ricandidarsi (e di solito aggiungeva come postilla un “nel M5s esiste la regola dei due mandati”). Oggi però, in tempi di neogoverno rossogiallo (e con la regola dei due mandati finita nella lista delle cose grilline perfettibili), Raggi sembra animata da tutt’altro spirito, al punto da far pensare che una ricandidatura non sia da escludere. Primo indizio: il 23 settembre il sindaco, su Facebook, propone una sorta di “tagliando” del proprio mandato: “Oggi avviamo una nuova fase politica che rafforzerà il lavoro della Giunta di Roma per la città”, scrive, “…imprimiamo un’accelerata decisiva per portare a compimento il programma politico sulla base del quale i cittadini ci hanno eletto…è il momento di compiere lo scatto decisivo per Roma. E’ il momento della responsabilità. Vogliamo metterci la faccia fino in fondo, senza alcuna esitazione. Per questo ho deciso di rinnovare alcuni assessorati chiave per la città: Infrastrutture; Città in Movimento; Persona, Scuola e Comunità solidale; Patrimonio e Politiche Abitative”.

 

Secondo indizio, l’apertura al Pd, neo alleato a livello nazionale e in Umbria (non a caso anche a Torino il sindaco Chiara Appendino ha inaugurato la stagione dell’appeasement). “Siamo molto contenti di dove sta andando il nuovo governo, per cui non c’è nessun tipo di preclusione a collaborazioni” - ha detto Raggi a proposito di un possibile accordo con il Pd per l’ingresso di esponenti democratici al vertice di alcune commissioni in Campidoglio, rimaste vacanti dopo il rimpasto. E l’impressione era quella di un preventivo consolidamento del dialogo anche se dal Pd arrivava un no – “il giudizio sulla giunta Raggi come ribadito più volte è negativo e continua a esserlo. Continueremo ad agire in Aula e nelle commissioni consiliari attraverso proposte e atti per contrastare il declino della nostra città” - diceva il capogruppo pd in Campidoglio, Giulio Pelonzi. Terzo indizio: la natura del rimpasto stesso, volto a rasserenare gli animi e a compattare le truppe all’interno del Movimento – ché la discordia interna non gioverebbe, in futuro, in caso di ricandidatura. E le tensioni si immagina si stempereranno anche dopo la soluzione per interposta persona del caso Stefàno (Enrico), dal nome del consigliere grillino che in luglio si era dimesso dalla carica di vicepresidente vicario (carica assunta dopo l’arresto per corruzione dell’ex presidente dell’Aula Marcello De Vito). “Errore non revocare De Vito”, aveva detto Stefàno. Ma oggi, forse anche a suggello della pace, Veronica Mammì, moglie di Stefàno, già assessore municipale, è stata nominata assessore comunale alle Politiche sociali.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.