foto LaPresse

Giggino non vale uno

Valerio Valentini

“Così non si può andare avanti, basta egocentrismi”. Il grillino Presutto sogna la svolta M5s: “Più Pd e meno Di Maio”

Roma. Lui che sulla “Gestione del cambiamento” ha scritto perfino un manuale, nella sua precedente vita da privato cittadino, non ha dubbi: “Il M5s deve cambiare, e molto”. Subito? “E’ anche tardi”, dice Vincenzo Presutto, senatore napoletano del M5s, all’indomani della tribolata riunione che ha sancito la rottura di buona parte del gruppo dalla leadership assolutistica di Luigi Di Maio, mentre ancora le scorie di quella discussione fluttuano tra i corridoi di Palazzo Madama. Un atto di sfiducia, quella richiesta di indire una assemblea straordinaria firmata da 70 senatori su 103? “Una presa d’atto che, così, non si può andare avanti. Ma non è una condanna contro Di Maio: del resto nessuno, nella storia repubblicana, ha rivestito tanti ruoli apicali quanti quelli che lui si ostina a voler gestire: neppure De Gasperi, Moro, Fanfani. E non mi sembra di citare persone di poco spessore”.

  

E dunque, un direttorio? “Non mi sembra un’idea sbagliata: una guida collegiale, demandata a dieci persone apprezzate dalla maggioranza dei gruppi parlamentari, che condividano le responsabilità nella guida del M5s”. Di fatto, è una sfiducia verso Di Maio. “La si può leggere anche in questi termini, certo. Ma non è contro di lui: si tratta, semmai, di proteggere il Movimento, e lo stesso Luigi, dai rischi dell’egocentrismo. Una tentazione che è già costata cara a Renzi e al Pd, a Salvini e alla Lega. Perché caderci anche noi, in questa trappola”.

 

Cambiare, allora. Ma come? “Per il momento, abbiamo chiesto una modifica al regolamento del gruppo al Senato, così da rendere deliberante l’organismo dell’assemblea degli eletti. Ma è chiaro che il tema è più ampio e riguarda, appunto, la struttura del M5s. E quindi questa discussione non la si può risolvere con un post sul Blog e una votazione su Rousseau: va affrontata coinvolgendo i nostri parlamentari, ma anche gli eurodeputati, e i consiglieri regionali e comunali”. E se a quel punto gli si dice che ciò di cui sta parlando è un congresso, Presutto scuote un po’ la testa, forse per quell’eco di vecchia politica che risuona in quella parola. “Però sì, dobbiamo svolgere una discussione ampia e trasparente”. “Una discussione – prosegue Presutto – che ci servirà peraltro a capire anche cosa fare di questa alleanza di governo. Una riforma interna al M5s è propedeutica a qualsiasi tipo di collaborazione organica con altre forze politiche. Se non sappiamo chi siamo, come possiamo mescolarci ad altri?”.

 

Perché è in fondo un po’ questo, ciò che ha in mente il senatore grillino. “Una contaminazione con le altre forze della maggioranza di governo”. Non esattamente, però, del tipo di quelle proposte da Vincenzo Spadafora sul Corriere o da Giorgio Trizzino sul Foglio. “No, io credo che non ci si debba ‘fondere’. Credo che ogni partito e movimento debba mantenere una sua identità, ma condizionandosi e contagiandosi a vicenda col proprio alleato. Da Leu a Italia viva, passando ovviamente per Pd e M5s. Tutti insieme a formare una piattaforma che definirei ‘salutista’, più che ‘riformista’, nel senso che deve porsi come obiettivo la ‘salute’ del paese, a cominciare, ad esempio, dalla non più procrastinabile riduzione del debito pubblico. E immagino questo in uno schema proporzionale, dove la somma delle rispettive specificità, anziché l’aggregazione indistinta, può essere una forza di questo blocco salutista”. Un blocco che avrebbe un “punto di riferimento obbligato in Giuseppe Conte, che già ora è per noi parlamentari, e per me in particolare, un modello d’ispirazione. E che, terminata questa delicata fase di transizione dove è chiamato a mediare tra le varie sensibilità della maggioranza, si porrebbe naturaliter come guida di questa piattaforma”.

  

E Di Maio? “Di Maio potrà magari essere incluso nel ‘comitato dei 10’, magari restare come primus inter pares, anche perché una figura che poi rappresenti il M5s nei tavoli con gli altri partiti dobbiamo pur averla. Ma insomma, la transizione è in atto: nel Pd è avvenuta in maniera dolorosa con una scissione, da noi sta avvenendo in maniera più lenta, ma altrettanto complessa”.

 

Evoca scenari foschi, Presutto? “Ma no”, risponde lui. “Io, da parte mia, la mia rivoluzione la sto già attuando. Da un po’ di tempo rilascio dichiarazioni senza chiedere il permesso agli uffici della comunicazione”. E quasi evocata dalle parole di Presutto, ecco che si materializza nel Salone Garibaldi la figura ineffabile di Ilaria Loquenzi, grande capa della macchina mediatica grillina al Senato che arriva a catechizzare la sua truppa parlamentare all’uscita dall’Aula, per evitare spifferi con la stampa. “Le limitazioni alla libertà di parola e di azione personale – chiosa Preautto – le si accetta se esiste una struttura organizzativa che dimostra efficienza. Ma dopo i 14 mesi di alleanza con la Lega, è evidente che non sia così”.