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Le giravolte grilline insegnano che gli anticorpi del populismo esistono

Claudio Cerasa

Europa, euro, democrazia rappresentativa, alleanze: il M5s negli ultimi mesi è stato costretto a cambiare linea su diversi fronti e a declinare il suo estremismo in partite in cui l’estremismo è quasi irrilevante per il futuro dell’Italia. Una buona notizia

Nell’appassionante romanzo di formazione che in questa pazza fase della nostra vita politica vede come protagonisti i campioni del populismo grillino vi è un nuovo gustoso capitolo che vale la pena sfogliare e che riguarda un fenomeno interessante con cui si stanno ritrovando a fare i conti i pezzi da novanta della politica italiana. Negli ultimi mesi, il Movimento 5 stelle, in modo più o meno volontario, è stato costretto a cambiare linea su diversi fronti e anche un giornale come il nostro che considera il grillismo uno dei più pericolosi virus politici presenti nel nostro paese non può fare a meno di notare che alcune svolte, per quanto possano essere precarie e per quanto possano essere opportunistiche, esistono davvero. Il Movimento 5 stelle ha svoltato sull’Europa, accettando di votare, insieme con Forza Italia e Partito democratico, una presidente della Commissione europea dell’odiato Partito popolare, proveniente dall’odiato governo dell’odiata Angela Merkel. Ha svoltato sulla democrazia rappresentativa, accettando di trasformare il Parlamento sovrano in un argine contro il sovranismo populista. Ha svoltato sull’euro e sulla Nato, accettando di affidare il governo del paese a un presidente del Consiglio convinto che l’Italia debba essere fedele al Patto euro-atlantico. Ha svoltato sul nazionalismo, accettando di scaricare in Europa i vecchi alleati dell’AfD per tentare di avvicinarsi ai nuovi alleati europei (Verdi?, En Marche?). Ha svoltato sul rapporto con gli altri partiti, accettando di allearsi con quasi tutti i gruppi parlamentari presenti in questa legislatura (manca solo Forza Italia, ma la legislatura è lunga, come sa bene Matteo Renzi, e mai porre freni alla provvidenza). Ha svoltato sulle alleanze nei territori, accettando di presentarsi alle elezioni in Umbria in una coalizione con il Pd (l’Umbria è probabilmente in piccolo quello che Pd e M5s sognano di fare un giorno anche a livello nazionale: partiti che fanno un passo indietro per candidare un uomo della società civile come federatore, modello Giuseppe Conte).

 

Le svolte del Movimento 5 stelle sono svolte dettate più dalla disperazione che dalla convinzione e sappiamo bene che le cose senza forma sono quelle che di solito prendono le forme più mostruose. Ma le svolte sono comunque svolte, non si possono non registrare e non si può non riconoscere che di fronte a queste svolte il populismo grillino presenta tratti sempre pericolosi (il Movimento 5 stelle è pur sempre il partito che sogna un paese governato dalla gogna, è pur sempre il movimento che sogna un paese governato dal totalitarismo giudiziario, è pur sempre un movimento che sogna un paese governato dall’ambientalismo cialtrone, è pur sempre un movimento che sogna di giocare con lo stato di diritto a colpi di prescrizioni abolite, è pur sempre un movimento che non è riuscito a emanciparsi dalla grammatica della decrescita) ma meno pericolosi rispetto a qualche tempo fa. Non si tratta di cambiare giudizio sul Movimento 5 stelle (che resta un partito a vocazione eversiva) ma si tratta di ragionare sulle sue trasformazioni, sia quelle visibili sia quelle invisibili.

 

Sulle prime, vi abbiamo detto. Sulle seconde, vale la pena sfogliare un nuovo capitolo interessante scritto dal Movimento 5 stelle che è quello che potremmo definire in un certo senso il populismo a costo zero.

 

Negli ultimi mesi, il Movimento 5 stelle, in mezzo a mille trasformazioni, non ultima essere stati costretti a cedere all’anti atlantismo avendo affidato a Luigi Di Maio il ruolo di ministro degli Esteri, ruolo per il quale occorrerà rifocillarsi di popcorn, ha scelto di declinare i propri istinti anti casta usando una tecnica sofisticata che potremmo tentare di riassumere così: facciamo i pazzi sulle cose sulle quali sappiamo perfettamente di non poter toccare palla. Nasce così, come è successo qualche mese fa, la volontà di affidare a qualcun altro la gestione della partita delle Olimpiadi invernali (ricordate l’asse tra Lega e Pd?) non potendo il Movimento 5 stelle permettersi di appoggiare progetti utili per l’Italia ma da sempre demonizzati dal M5s. Nasce così, come è successo qualche settimana fa, la volontà di affidare a qualcun altro (sempre Lega e Pd) la gestione della partita dell’alta velocità (Torino-Lione) non potendo il Movimento 5 stelle permettersi di appoggiare progetti utili per l’Italia ma da sempre demonizzati dal M5s. Nasce così, come vedremo nei prossimi giorni, la volontà di scaricare su qualcun altro (sempre Lega e Pd) la responsabilità di non bloccare la Gronda, non potendo il Movimento 5 stelle permettersi di appoggiare progetti utili per l’Italia ma da sempre demonizzati dal M5s (e chissà se uno schema simile verrà scelto per rinviare nel tempo l’abolizione della prescrizione). Nasce così, come è successo qualche giorno fa, il voto contrario al Parlamento europeo su Christine Lagarde per la presidenza della Bce, considerata dal M5s una nemica del popolo in un contesto in cui il voto del M5s è risultato essere del tutto ininfluente (nonostante il pacchetto Lagarde fosse compreso nel pacchetto von der Leyen). Nasce così, come è successo con i voti su Rousseau a favore del governo di svolta e a favore dell’alleanza con il Pd in Umbria, la volontà di voler confinare lo scempio della democrazia digitale solo all’interno del perimetro virtuale del Movimento 5 stelle (in questo governo, a differenza del governo precedente, non esiste un ministro per la democrazia diretta e a differenza del governo precedente non è prevista nessuna legge che vada a modificare l’articolo della Costituzione che permette a ogni parlamentare di essere eletto senza vincolo di mandato imperativo).

 

Tutto questo, si dirà, per dire cosa? Che il Movimento 5 stelle è diventato presentabile? Che il grillismo fa meno paura di prima? Che il populismo cattivo può diventare un populismo buono? Nulla di tutto questo.

 

L’ideologia grillina, in purezza, resta un pericolo per l’Italia e il Pd dovrebbe pensarci due o tre volte prima di trasformare un’alleanza costruita al governo per rispondere allo stato di necessità in un’alleanza strategica per rispondere a un proprio deficit elettorale. Ma ciò che risulta interessante è che l’algoritmo del grillismo deve aver capito che un partito populista che ha ambizioni di governo deve fare di tutto per evitare che il proprio estremismo possa causare danni al paese che si vuole governare. Difficile pensare che le giravolte grilline possano essere premiate dagli elettori (quanto saranno contenti i sostenitori del M5s a governare con il partito di Matteo Renzi?). Ma è anche difficile pensare che sia una cattiva notizia avere un paese che nel giro di pochi mesi costringe un partito anti sistema a declinare il suo estremismo in partite in cui l’estremismo è quasi (quasi) irrilevante per il futuro dell’Italia. Gli anticorpi del populismo esistono. E’ ora di provare a farli diventare anche popolari.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.