(foto LaPresse)

Girotondo politico punto it. L'attualità raccontata da chi guida i giornali online

Luca Roberto

Come i direttori delle principali testate digitali leggono la nascita del Bisconte, la scissione di Renzi e il contesto che gli gravita attorno. Parlano Costa, Gambino, Gomez, Scarlino e Zagni

Dalla stagione delle ipotesi ci si è tuffati nella prima piena fase operativa. Il governo Conte bis non è più un'elucubrazione teoretica, è in carica da oramai venti giorni e occupa il dibattito pubblico. Abbiamo, qualche giorno fa, cercato di capire come i direttori e gli opinionisti di punta dei massimi quotidiani cartacei italiani leggano la fase in atto, a seguito anche della scissione che ha portato alla nascita del nuovo soggetto politico di Matteo Renzi. Adesso proviamo l’equivalente dematerializzato di quell’esperimento, parlando con i colleghi che quel dibattito lo animano nelle arene virtuali che finiscono con punto it.

 

Giovanni Zagni: “La parola chiave del BisConte è: continuità”

 

L’avevano già fatto per il primo governo Conte, ora tocca ai 29 punti del contratto rossogiallo: a giorni Pagella Politica pubblicherà il nuovo “tracker”, un monitoraggio puntuale del programma di governo (è online dal 27 settembre, qui). Dice Giovanni Zagni, direttore dell’unico sito italiano dedicato interamente a monitorare le dichiarazioni dei politici, che “il fact-checking è un po’ come il dentista: ogni tanto serve ma lo odiano tutti”. Da osservatore privilegiato delle dinamiche politiche, che futuro vede per il governo? “Se si considera il contratto, quello che stupisce è la sostanziale continuità con il governo precedente”, dice Zagni. “I due terzi circa dei 29 punti usano parole diverse ma sono molto simili per quello che riguarda, in generale, l’azione di governo. Tranne piccoli aggiustamenti, il più lampante dei quali in campo migratorio. Ma si tratta più di un cambio di linguaggio che di un cambio di sostanza”. Eppure il nuovo esecutivo promette di fare di più sul tema dei rimpatri. “Ma sono costosissimi - ammonisce Zagni. I numeri tra questo governo e lo scorso sono più o meno identici. Ora si pone l’accento sulla necessità di cambiare le regole a livello europeo, come pure facevano i gialloverdi. Però a Bruxelles ci vuole una maggioranza qualificata e bastano i paesi di Visegrád per bloccare tutto. Mi pare insomma che si tenti di mandare la palla in tribuna”.

 

Un’altra questione che evidenzia la mancanza di una forte discontinuità tra il primo e il secondo governo Conte, dice Zagni, è quella dei vincoli di Bilancio: “Ottenere maggiori margini di flessibilità significa guadagnare pochi punti decimali. Si potrà davvero scorporare la spesa per investimenti dai vincoli europei? Non credo che nel breve termine sia possibile farlo in modo strutturale”.

 

Zagni, poi, è ancora incerto sulla lettura da dare alla scissione di Renzi. Secondo lui si può raccontare in due modi: “uno razionale e uno psicologico. Nel primo caso bisogna considerare che si va, probabilmente, verso una legge elettorale proporzionale. In quel caso ha senso che il Pd abbia una gamba a destra per prendere voti in quell’area. L’altra lettura ha a che fare col carattere del senatore fiorentino: è il suo modo, in una fase calante della sua esperienza politica, di sentirsi ancora vivo. Spero però che non sia così, che un movimento politico che potrebbe raccogliere fino al 5 per cento delle preferenze degli italiani, stand agli ultimi sondaggi, non dipenda dall’emotività del leader”.

  

Francesco Costa: “Un partito alternativo al Pd ha senso ma Renzi ha esaurito il suo percorso”

 

Quanto può durare un’alleanza come quella tra due fazioni così eterodosse come Partito democratico e Movimento cinque stelle? Secondo Francesco Costa, vicedirettore del Post, “è abbastanza chiaro già adesso che il piano sia costruire una coalizione pienamente politica, anche perché la scelta di unirsi a livello locale non è giustificata da un’emergenza democratica in Umbria. Mi sembra plausibile la si possa addirittura replicare alle prossime elezioni politiche. Nei piani dei più forti sostenitori di questa strada, penso a Franceschini, mi sembra ci sia il desiderio di una riedizione dell’Ulivo o dell’Unione, con Pd e Cinque stelle come cardini di una coalizione di centro sinistra”. Uno schema che dovrebbe, a rigor di logica, giocare a favore di un partito di nuova formazione e che gravita in quell’area politica. E infatti “la scissione di Renzi politicamente ha un senso” dice Costa. “Questo è un governo verso il quale dentro il Pd erano quasi tutti più che ostili. Lo stesso Zingaretti, a crisi aperta, sostenne non fosse una strada percorribile. E quindi che nascano delle alternative per chi nel centrosinistra non vede bene questa coalizione, da Renzi a Calenda, a me sembra sensato. Poi bisogna vedere se Renzi è l’interprete migliore di questa istanza politica. A oggi l’ex premier è il più impopolare leader politico, lo dicono tutti i sondaggi da mesi. A me sembra che abbia esaurito il suo percorso, anche a causa di un iper-presenzialismo dal quale non riesce a scostarsi. Ho anche il timore che questa strada, e cioè dare agli elettori del centrosinistra un’alternativa valida alla coalizione giallorossa, possa essere uccisa da Renzi, che per molti italiani oggi - per i motivi più disparati - non è un leader politico da prendere in considerazione”.

 

A proposito di leadership, come ne esce quella di Matteo Salvini da questa fase convulsa che in un mese lo ho relegato all’opposizione dopo mesi di campagna elettorale condotta dal ministero dell’interno? “Partiamo dalla premessa che da quando al governo c’è una coalizione molto eterogenea come quella tra Pd e Cinque stelle, due soggetti per motivi diversi entrambi sconfitti, il Pd alle politiche, i cinque stelle alle europee, i guai in cui possono infilarsi da soli sono tali che Salvini potrebbe essere resuscitato senza neanche impegnarsi troppo” sottolinea il vicedirettore del Post. “Detto questo, lui approfitterà dello stare all’opposizione, e cercherà di vincere le elezioni locali per guadagnare consensi. Non è scontato che, se dalla parte del governo non dovessero arrivare regali, lui torni in carrozza. Mi sembra, onestamente, che abbia un po’ perso la bussola. Lo stesso peccato di hybris che gli ha fatto perdere il governo in quel modo un po’ assurdo si stia rivedendo anche in queste settimane in cui dimostra di non saper cambiare mai registro. Mi sembra che se dovesse perdere le regionali in Umbria e in Emilia Romagna e il governo dovesse vivacchiare abbastanza da far passare dei mesi, Salvini potrebbe dover anche affrontare qualche malumore dentro il suo partito”

   

Peter Gomez: “Una legge per escludere Salvini è pericolosa. Renzi può diventare cruciale”

 

Secondo il direttore del fattoquotidiano.it, Peter Gomez, è difficile prevedere quanto possa tenere l’attuale maggioranza, “se pensiamo che fino a qualche settimana fa sembrava impossibile che Lega e Cinque stelle non arrivassero nemmeno alla legge di bilancio”, dice al Foglio. Eppure è possibile ipotizzare che tengano “almeno fino all’elezione del capo dello stato nel 2022, dopo di ché saranno trascorsi 4 anni e mezzo dall’inizio della legislatura e avendo i parlamentari maturato il diritto alla pensione, può succedere di tutto”.

 

Quali sono le finalità che spingono Pd e Cinque stelle a stare insieme? “Sicuramente l’opposizione a Salvini, ma anche la tenuta dei posti di governo. L’alleanza territoriale che stanno tessendo in Umbria mi sembra l’unione di due debolezze. È ovvio che una volta che deroghi alla regola generale  lo schema si può riproporre altrove. Ma cosa succede se quella coalizione perde? Io credo che indubbiamente possa avere degli effetti sul governo”.

 

Chiediamo, allora, come si possa interpretare la mossa di Renzi, e cioè staccarsi dalla casa madre per fondare un partito personale dopo aver per anni rivendicato logiche maggioritarie. “Se si torna a un sistema pienamente proporzionale è ovvio che anche un partito con il 4 o il 5 per cento può avere il suo senso. Prendi gli esempi di Craxi e Spadolini ai tempi del pentapartito. In più per Forza Italia si pone una grande questione anagrafica. Non sappiamo se tra qualche anno esisterà ancora, se dovesse scomparire una buona parte di voti da quel bacino potrebbe finire a Renzi, non solo a Salvini” risponde Gomez. Che sul leader leghista dice “Salvini è il futuro del centrodestra. Ha commesso un errore politico molto grave, ma non sappiamo se il governo attuale riuscirà a portare a casa dei risultati concreti. Certo ritornare al proporzionale lo sfavorirebbe. Trovo in ogni caso molto grave che si tenti di fare una legge per lasciare fuori la Lega. Ricorda molto quello che avvenne con il Partito Comunista e il Movimento Sociale. E’ un meccanismo che produrrà danni per il paese”.

 

Matteo Scarlino: “Pd e cinque stelle rischiano di fare la fine di Tsipras”

  

Facciamoci aiutare un attimo da un osservatore privilegiato della cronaca politica locale. Matteo Scarlino è il direttore di Roma Today, l’edizione della capitale del gruppo City News che raggruppa 50 edizioni metropolitane. “Anche a livello territoriale il comune denominatore tra Pd e Cinque stelle è la paura del voto” dice al Foglio. “Con la differenza che se in Umbria ai cinque stelle conviene coalizzarsi, per il semplice motivo che in quella regione non sono mai stati forti, nelle regioni meridionali, dove i cinque stelle sono tendenzialmente il primo partito, il discorso è molto diverso”.

 

Prendiamo allora il caso specie di Roma. Non trova che i nuovi equilibri a livello nazionale impongano al Pd di fare un passo indietro rispetto ai propositi di opposizione alla Raggi? “Il tema amministrazione Raggi è un tema complesso. Tanto il M5s nazionale come il Pd locale non vogliono mischiarsi alle vicende del sindaco, che al momento è al minimo storico di consensi perché incapace di rispondere alle esigenze della città. Ma il fatto che sia la stessa Raggi a non fidarsi dei vertici nazionali dei Cinque stelle e del Pd lo si vede dalla selezione di soggetti appartenenti alla cosiddetta 'combriccola del vaffa' nella nuova giunta, tra cui storici attivisti dei meet-up” risponde Scarlino. E Salvini, invece, rischia di diventare irrilevante o può rientrare al governo in tempi brevi? “Un governo che dura tanto è un problema per il segretario del Carroccio. Vedo come una strategia perdente il trascinarsi avanti di elezione amministrativa in elezione amministrativa. Potrebbe arrivare cotto. È vero che i sondaggi lo danno ancora in alto, è ancora in una sorta di luna di miele, Però questa storia di sfruttare lo stesso messaggio alla lunga può essere deleteria. Deve sperare che per il governo giallorosso valga l’effetto Tsipras: ovvero che l’assunzione di responsabilità non si traduca in un risultato nelle urne”.

 

Giulio Gambino: “Renzi non poteva fare altro che andarsene”

 

Il direttore del quotidiano online “The Post Internazionale”, Giulio Gambino, crede che il governo Conte Bis “possa durare perché cercheranno di andare d’accordo, hanno capito che il cattivo è Salvini, il nemico si salva all’occorrenza”. Così com’è d’accordo che “questo laboratorio umbro possa essere tranquillamente replicato in altre elezioni amministrative, tenendo conto che ogni elezione amministrativa è diversa dall’altra”.

 

Cosa pensa della fuoriuscita di Matteo Renzi dal Pd? “La scissione Renzi non poteva non farla adesso, paradossalmente ha fatto bene. Poi il fine è evidente, cioè avere il coltello dalla parte del manico. Ha provato in tutti i modi a scalare il Pd, l’hanno sempre fatto fuori, non poteva fare altrimenti” dice Gambino al Foglio. E su Salvini ha un atteggiamento più prudente di chi lo considera politicamente il passato. “Ha fatto una grandissima stronzata, ma su questo la penso come Gianpaolo Pansa (che su The Post Internazionale tiene la storica rubrica “Il Bestiario”), quando dice che il leghista non è finito. Adesso cercherà di tirare fuori qualche mossa per vendicarsi”.

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