(Foto LaPresse)

Di Virginia Raggi resterà soltanto la monnezza

Gianluca De Rosa

Ama al collasso, città sull’orlo di un’altra emergenza rifiuti. Tre anni di nulla in Campidoglio. Tutta la storia

Roma. In principio era solida la fede in un avvenire profumato. Raccolta differenziata al 70 per cento, sacchetti intelligenti per identificare i proprietari della monezza e quantificarne il peso. I rifiuti avrebbero perso talmente la loro concretezza maleodorante da diventare, anche linguisticamente, un’altra cosa. Materiali post consumo. La desolante realtà tre anni e mezzo dopo ha tutto un altro puzzo. Non solo quello dei rifiuti accatastati vicino ai cassonetti, ma quello misterioso della surreale vicenda di Ama, la società municipalizzata capitolina dei rifiuti. Martedì, con una lunga coda di polemiche e dopo appena tre mesi dal suo insediamento, si è dimesso il consiglio d’amministrazione guidato da Paolo Longoni. Il settimo cambio ai vertici dalla società della monnezza capitolina da quando Virginia Raggi è sindaco di Roma. E se opposizioni, sindacati e lavoratori cominciano a chiedersi con sempre più preoccupazione quali siano i piani dell’amministrazione per l’azienda che ancora non è riuscita ad approvare il bilancio consuntivo 2017 – causa di scontro con l’uscente e con il precedente cda – i romani iniziano a temere di essere travolti da un'esondazione di monnezza.

 

Anche perché Virginia Raggi ha scelto per il futuro della società l’amministratore unico Stefano Zaghis, già nello staff del presidente dell’Assemblea capitolina arrestato Marcello De Vito. Esperienza nel settore de rifiuti? Zero, per stessa ammissione della maggioranza grillina in Campidoglio. Niente panico però. Ad affiancarlo con funzioni operative sarà Mauro Bagatti, amministratore unico per i tre mesi e mezzo intercorsi tra il cda che si è dimesso ieri e il precedente, e da anni tra i quadri di Ama. Insomma, uno che l’azienda la conosce. Sostanza più che forma. Perché in fondo la gestione di Ama in questo momento somiglia spaventosamente allo stile informale del titolare delle partecipate e del bilancio capitolini, quel Gianni Lemmetti tutto t-shirt dei Metallica e conti in ordine. Chissà se basterà però per evitare che la città torni sommersa dai rifiuti. I consiglieri dimissionari prima di andarsene hanno cercato di mettere in sicurezza i flussi. “Almeno fino al 31 dicembre per i rifiuti di Roma dovrebbero esserci sbocchi”, ha spiegato Massimo Ranieri, uno dei consiglieri uscenti. Fino al 14 ottobre a garantire la Capitale sarà la proroga dell’ordinanza firmata lunedì dalla Regione Lazio che impone ad alcuni impianti fuori dalla provincia di Roma di prendere una parte dell’indifferenziata capitolina. Dal 14, poi, la Capitale potrà mandare fino a fine anno i rifiuti nelle Marche e in Abruzzo.

Lo stallo in Ama però va avanti da tempo. E non riguarda solo i rifiuti, ma anche conti e gestione della società. E sembra far parte di un piano sulle partecipate capitoline più ordito che scritto. Protagonisti: l’assessore Lemmetti e il direttore generale capitolino Franco Giampaoletti, a differenza del primo, sempre elegante. E calmissimo. Sono stati loro due i primi a incontrare Zaghis ieri sera. Nei mesi scorsi il Campidoglio ha continuato a disertare le assemblee dei soci di Ama e a mostrare una assoluta rigidità sulla vicenda del bilancio consuntivo 2017, al centro dello scontro con il cda che si dimise a febbraio e con quello che lo ha fatto martedì. E pensare che questa volta gli amministratori, andando incontro alle richieste del Campidoglio, avevano presentato un consuntivo che stabiliva una perdita di 136 milioni di euro, a differenza del leggero avanzo proposto dall’ex ad Bagnacani. Continuava però ad essere inserita nella voce crediti una posta da 18 milioni per i servizi cimiteriali. Da qui il nuovo scontro fino alle dimissione. Per il cda uscente però si tratta di un pretesto, uno specchietto per le allodole.

 

Che cosa ha dunque in testa il Campidoglio per Ama? E’ questa la domanda che oggi molti si fanno e di cui pochissimi conoscono la risposta. Una parziale si trova nelle recenti risposte che la sindaca dà sulla questione rifiuti “Roma si occupa della raccolta e non dello smaltimento”. E a ben vedere gli impianti di Ama, dopo l’incendio del Tmb Salario, trattano solo il 24 per cento delle 3mila tonnellate di rifiuti indifferenziato che ogni giorno Roma produce. E a questo punto perché dovrebbe continuare a farlo? Uscendo dalla sede di Ama dove aveva appena consegnato le sue dimissioni Massimo Ranieri aveva detto: “Roma avrebbe bisogno di realizzare gli impianti. Se i piani per Ama erano altri avrebbero potuto dircelo subito”.

Di più su questi argomenti: