Vincenzo Bianconi (foto Facebook)

Il modello umbro è un laboratorio di trasversalismo politico

Giuseppe De Filippi

Il candidato scelto per sfidare la Lega ha avuto buone parole anche per la Lega. Chi è Vincenzo Bianconi

Roma. E’ un tipo diretto senza essere prepotente Vincenzo Bianconi, l’albergatore che potrebbe passare alla storia se dovesse riuscire a trasformare in progetto vittorioso alle urne la mirabile alleanza tra Pd e 5 stelle. Almeno un paragrafo nei libri più accurati se lo è conquistato solo con la candidatura, la prima concordata tra tutti i sostenitori del governo Conte. Nessuna carica politica alle spalle, ma ventidue anni di attività associativa tra gli albergatori nazionali, dalla presidenza dei giovani di Federalberghi in avanti. Ora guida l’associazione in Umbria e si è fatto notare per la determinazione con cui ha condotto tutte le iniziative possibili per tenere, come dice, accesa “la fiammella della vita” nelle zone colpite dal terremoto. E’ di Norcia, e rappresenta la sesta generazione di Bianconi proprietari dello storico Palazzo Seneca trasformato in albergo nel 1850 e del suo notissimo ristorante (con chef che è un cervello di ritorno, riportato in Umbria dopo essersi distinto in Cina e in Giappone). Seneca non sta per il noto filosofo stoico, che di per sé non invoglierebbe all’hotellerie, ma per una famiglia umbra che nel sedicesimo secolo ebbe i soldi e l’estro per tirare su un palazzo di grande eleganza.

 

Nell’impegno per una ricostruzione che non stravolgesse il modo di vivere locale Bianconi è stato un lottatore. Chiamava i giornali, pungolava i politici, soprattutto teneva i suoi concittadini attaccati all’idea di non interrompere il flusso, anche minimo, delle attività economiche, mettendoci un impegno quasi fisico, viscerale. Chiamava e chiedeva attenzione e comprensione, come, da lontano, è sempre facile dare a parole ma meno nei fatti. Così si è fatto conoscere anche fuori dal mondo associativo. In passato, racconta senza problemi, ha votato Pd e anche altre forze politiche. Vuole caratterizzarsi per la fattività, rischiando l’autodefinizione, da prendere sempre con cautela, di essere “né di destra né di sinistra”. Piacque a Luigi Di Maio proprio per questo spirito, un po’ ammiccante al grillismo pre-contiano. Piace certamente anche a Nicola Zingaretti. Risponde alle accuse di trasformismo con quella schiettezza umbra che a volte sembra rasentare l’ingenuità, o, se volete, non dando ad esse nessun peso. Perché dal centrodestra sono andati a scavare su Twitter e hanno trovato qualche suo vecchio tweet a favore, pensate un po’, di iniziative del ministro Centinaio, quando era responsabile del turismo. Ma prenderlo di petto, da presidente degli albergatori umbri con la necessità di avere attenzione per la ricostruzione e il rilancio, non sarebbe stato geniale né sarebbe stato un gesto politico, ma solo una cretinata. Lo accusano perfino di aver votato qualche volta il centrodestra. E ne fanno quindi un campione della politica di oggi, quella che cavalca il trasversalismo politico facendone motivo di forza e poi, però, si candida con uno schieramento in una competizione secca uno contro uno. Ha 47 anni, una moglie architetto, vegetariana e patita del biologico in agricoltura, su cui ha investito. Gli piace stare a casa a giocare a pallone con i due figli. Gli umbri, che dovranno decidere se votarlo e farlo entrare nella storia, in fondo sono uguali a lui. E questa, fuori dalle rabbie salviniane così poco in sintonia con lo spirito locale, può essere una carta vincente.

Di più su questi argomenti: