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Renzi: “I populisti mandano l'Italia a gambe all'aria. E' ora di un'alternativa”

Claudio Cerasa

L’Italia diventata un rischio. La truffa politica di Salvini e Di Maio. L’opposizione che manca. Le critiche a Tria e Moavero. Le ragioni per essere ottimisti di fronte alla politica della paura. Una chiacchierata a tutto campo con Matteo Renzi

L’economia che non va. La crescita che non c’è. La disoccupazione che aumenta. Le aste dei titoli di stato in sofferenza. Lo spread che continua a salire. La credibilità del paese che non smette di scendere. Le istituzioni internazionali che mostrano ogni giorno segnali di sfiducia. La procedura di infrazione alle porte. E una domanda che inizia a rimbombare forte tra le casse della politica: ma realisticamente quanto può durare questo governo?

 

Matteo Renzi, ex segretario del Pd, ex presidente del Consiglio, in questa conversazione con il Foglio parla di tutto questo. Parla del governo che lui definisce di “cialtroni”, dell’economia che rischia di esplodere, della pericolosità della traiettoria politica di Salvini e Di Maio, del ruolo “inutile” svolto secondo lui dai così detti “ministri del buon senso”. E in un’ora di chiacchierata, il senatore del Pd parla anche del ruolo dell’opposizione, del congresso, del suo ottimismo, di una richiesta di Gentiloni e Delrio e degli elettori in cerca di alternative diverse anche dal Pd.

 

“Se ci pensiamo bene – dice Renzi – l’eccezionalità del percorso di Salvini e Di Maio è quella di essere riusciti a fare gravi danni al paese solo attraverso l’uso delle parole. Se avessero generato danni realizzando il loro programma, avremmo potuto contestarne l’efficacia delle loro riforme. Invece con loro non importa aspettare le leggi: come in quella vecchia pubblicità, con loro basta la parola. Dici Salvini e Di Maio e, zac, l’Italia subisce un danno sui mercati. Hanno messo in campo una strategia non troppo diversa da quella che permise anni fa al famoso stopper del Cagliari Comunardo Niccolai di passare alla storia: il metodo dell’autogol. La questione è semplice: le affermazioni e le promesse di Salvini e Di Maio hanno reso l’Italia un paese meno affidabile, meno credibile, più a rischio, meno attrattivo per gli investimenti stranieri. Hanno messo in pericolo le nostre banche e hanno procurato all’Italia un danno che, quantificato solo sugli interessi in più che il nostro paese pagherà nel 2019 sui titoli di stato, già oggi vale sei miliardi di euro. E la ragione per cui sta succedendo tutto questo mi sembra piuttosto evidente: Salvini e Di Maio hanno scelto di aggredire tutte le riforme che negli ultimi anni hanno permesso all’Italia di diventare un paese più affidabile, più credibile, e lo hanno fatto prendendo di mira alcune riforme chiave che dal 2014 in poi hanno permesso al nostro paese di diventare nuovamente attrattivo. Parlo naturalmente della riforma del lavoro e parlo naturalmente della riforma delle banche popolari. Se l’Italia negli ultimi anni non è andata a gambe all’aria è stata anche per queste riforme. E se l’Italia riandrà nuovamente a gambe all’aria, cosa che purtroppo oggi non possiamo escludere, sarà perché Salvini e Di Maio hanno scelto di distruggere ciò che ha ridato credibilità al nostro paese”.

 

Il senatore Matteo Renzi continua il suo ragionamento suggerendo ai propri compagni di partito di smetterla di cercare il meno peggio tra la Lega e il Movimento 5 stelle e invitando chiunque voglia fare opposizione a questo governo a non fare il gioco di Salvini e Di Maio, di metterli cioè uno contro l’altro, e di considerare il governo sfascista per quello che è una perfetta simmetria tra due populismi compatibili. “La debolezza strutturale di questo governo è legata non ai dissidi che esistono tra i due vicepremier ma alla sintonia che esiste quando parlano di Europa, di vaccini, di pensioni, di lavoro e quando fanno di tutto per aggredire il partito del pil. Salvini, secondo una certa narrazione, avrebbe dovuto essere il portavoce dell’Italia produttiva, ma a me sembra che oggi la sua scommessa camaleontica sarà anche la ragione della sua futura condanna politica: la Lega ha scelto di giocare sullo stesso terreno del grillismo, ha scelto di puntare più sul partito dell’assistenzialismo che sul partito della produzione e l’elettorato sul quale Salvini riesce oggi a far presa è lo stesso di Di Maio. Pensiamoci bene: come si fa a produrre crescita o ricchezza o lavoro se i soldi si spendono per dare incentivi a stare sul divano di casa e per creare leggi come il reddito di cittadinanza che piuttosto che generare lavoro sono destinate ad alimentare il lavoro in nero? Alle ultime elezioni il centrodestra di Salvini ha ricevuto un discreto numero di voti per abbassare le tasse ma una volta arrivato al governo ha dimenticato tutte le sue proposte. A me non interessa capire se Salvini ha cambiato idea sulla Isoardi, mi interessa capire se ha cambiato idea sulla Fornero: le questioni private sono private, la scelta sulla pensioni riguarda tutti. Aveva promesso la flat tax al 15 per cento ma al posto della flat tax ha fatto la fat tax, la tassa sugli zuccheri, e l’unica flat tax che ha fatto è quella sugli evasori. E, a proposito di flat tax, sugli evasori ha ragione Enrico Zanetti quando nota che la rinuncia ufficializzata lunedì dal governo di introdurre la rottamazione di sanzioni e interessi sugli avvisi bonari certifica che non esiste pace fiscale per chi ha dichiarato fedelmente all’Erario e poi non ha pagato mentre c’è pace fiscale per chi non ha dichiarato all’Erario ed è stato beccato dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle entrate. In pratica: hai diritto alla pace fiscale solo se sei stato un evasore puro. Mi stupisco però che qualcuno si possa stupire: dal governo dei condoni, con tutto il rispetto, era difficile aspettarsi dell’altro”.

 

A questo punto del ragionamento la nostra chiacchierata con Matteo Renzi arriva a toccare un tema importante che riguarda la difficoltà con cui le opposizioni presenti oggi in Italia stanno creando un’alternativa al governo dello sfascio. L’ex segretario del Pd affronta il ragionamento parlando della piazza Sì Tav di Torino: “E’ difficile dire oggi quale partito riuscirà a intercettare le piazze che hanno manifestato, e che spero continuino a manifestare, contro i colori del governo. Sarà difficile che quelle piazze, quel popolo del Sì, siano rappresentate dalla politica tradizionale, ma la forza di quelle piazze oggi mi sembra interessante per un’altra ragione: stanno costringendo il governo a dare delle risposte su alcuni temi strategici per il futuro dell’Italia – Tav, Terzo Valico, Gronda, Alta Velocità – e stanno aiutando a dimostrare che quando si è al governo la forza dei fatti è più forte della retorica della fuffa. Quelle piazze sono una sberla non tanto alla decrescita di Di Maio, quanto alla promessa farlocca di Salvini di rappresentare l’Italia dello sviluppo economico”.

  

Eppure, facciamo notare a Renzi, i sondaggi non dicono quello che l’ex segretario sostiene: l’Italia è bloccata, sì, ma il consenso della Lega non smette di crescere. “Io penso che tutti i sondaggi vadano presi con le molle perché non c’è sondaggio che sia in grado di quantificare quante sono le persone che andranno a votare al prossimo giro. Io penso, osservando anche i risultati ottenuti dalla Lega in Trentino e in Alto Adige, che il consenso di Salvini sia alto ma non così alto come certificano i sondaggi. E penso che il vero tema delle prossime elezioni, non solo quelle europee, sarà riuscire a motivare quel trenta per cento di elettori che oggi non risponde alla domanda su chi andrebbe a votare. Non lo fa perché non si sente rappresentato da chi sta al governo ma non lo fa anche perché non si sente rappresentato da chi sta all’opposizione. E la partita del futuro, per chi vuole costruire un’alternativa a chi sta portando l’Italia verso un precipizio, nasce anche da qui”.

  

A ottobre, alla Leopolda, pensando probabilmente a quel terzo di elettorato, Matteo Renzi ha scelto di lanciare una serie di comitati civici da posizionare a fianco del Partito democratico e nelle ultime settimane in molti si sono chiesti se i comitati siano o no il seme di un nuovo soggetto politico. Sulla sua pagina Facebook, da qualche tempo a questa parte, Renzi ha messo alcuni like ai commenti di alcuni utenti che gli chiedevano di dar vita a un nuovo movimento politico e la domanda per l’ex segretario è dunque evidente: ma Renzi sta pensando di uscire dal Pd? “Se permette, se vogliamo uscire dai retroscena, il punto mi sembra più semplice. I comitati che stanno nascendo si rivolgono a chi ha voglia di agire, di reagire, di fare qualcosa per far sentire la sua voce contro un governo pericoloso per l’Italia. Esiste nel nostro paese una fisiologica esigenza di mobilitazione ma il compito di chi fa opposizione non può essere quello di mobilitare la rabbia: deve trovare una chiave per generare idee, per creare un vaccino contro lo sfascio”. Sì, insistiamo, ma Renzi cosa vuole fare? “Poco dopo la sconfitta del 4 marzo, tutti – in primis Paolo Gentiloni e Graziano Delrio – mi hanno chiesto di fare un passo di lato e di restare fuori dalle dinamiche del Pd al prossimo congresso. Come se ciò che era accaduto fosse dipeso solo da me. Del resto se la sinistra perde dal Brasile alla Baviera, se i socialisti francesi e olandesi stanno al 5 per cento, notoriamente, è anche lì per colpa del mio carattere. Mi colpisce la mancanza di serenità nel giudizio da parte di chi dopo aver avuto tutto grazie al nostro coraggio, ora pugnala alle spalle. Ma lo stile è come il coraggio di don Abbondio: chi non ce l’ha non può darselo. Da parte mia vivo con grande serenità questa richiesta: mi chiedono tutti di star fuori, starò fuori. Adesso non hanno alibi: facciano un bel congresso. Io intanto giro il mondo, leggo libri, studio. E faccio il senatore di Firenze”. Questo significa che Renzi non farà campagna per Minniti? “Chi conosce Marco Minniti sa che difficilmente si può considerare espressione di una qualche corrente: è più credibile considerarlo un capellone che non un uomo di corrente. E poi diciamola tutta: ho sempre rifiutato di fare la corrente. Lo considero un errore politico nel tempo dei partiti sui social, lo considero un suicidio per il Pd che vive di fuoco amico. E poi mi lasci dire che chi fa politica costruendo correnti per avere sempre una bella poltrona a disposizione mi fa tristezza. Io ho vinto e ho perso ma ho sempre rischiato. Non mi sono nascosto nelle correnti per salvarmi. Prima di fare una corrente – l’ho detto ai miei amici – restituisco la tessera”.

  

Renzi fa una pausa, consulta alcune agenzie, risponde ad alcuni messaggi e continua il suo ragionamento. “Se mi guardo avanti è scritto che prima o poi torneremo. E’ scritto che chi ha creato più posti di lavoro, chi ha riportato su la crescita dell’Italia, chi ha abbassato le tasse e chi ha fatto tornare il nostro paese affidabile prima o poi tornerà. Non so quando e non so come, ma prima o poi succederà, la ruota girerà e la storia dimostrerà che occasione ha perso la vecchia ditta del Pd che invece di fare la guerra ai populisti ha fatto la guerra a chi ha provato a cambiare l’Italia. Del resto per loro era più importante riprendersi la ditta che salvare l’Italia. E pur di riprendersi la ditta hanno fatto la guerra al Matteo sbagliato. Ma questo è un tempo privilegiato: posso studiare, viaggiare, imparare. Prima o poi torneremo. Il problema però non è quando ma cosa troveremo quel giorno: che Italia avranno lasciato i populismi irresponsabili”.

 


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Domanda: ma se Salvini dovesse decidere di capitalizzare il suo consenso andando presto alle elezioni, il Pd avrebbe il dovere di cercare un’altra maggioranza in Parlamento prima di andare a votare? “Forse non avete capito bene chi è Salvini. Salvini è un bluff. Pensavamo fosse come Batistuta ma sta dimostrando di essere come Oscar Dertycia: e questa la capiscono solo i tifosi della Fiorentina. Salvini è un leader spregiudicato nella comunicazione – sono curioso di capire quando verranno resi noti i costi della struttura di Luca Morisi, se davvero Salvini ha usato parte dei 49 milioni del finanziamento pubblico della Lega per mettere in piedi la macchina di odio che ha costruito sui social – ma è un doroteo quando si parla di meccanica politica e io penso che non abbia alcuna intenzione di andare alle elezioni anticipate. In fondo sa anche lui che una condizione migliore di oggi difficilmente la troverà, e sa benissimo che presentandosi agli elettori dovrebbe spiegare perché, dalle tasse alle pensioni, ha imbrogliato i suoi elettori, promettendo cose non soltanto sbagliate ma semplicemente irrealizzabili. E’ un bluff Salvini così come è un grande bluff il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio, che tra Ischia, i condoni e l’alleanza con il partito che porta i soldi in Tanzania, ha perso tutta la sua presunta verginità. E guardi, se non fosse che di mezzo oggi c’è l’economia potremmo dire che un giorno potremo ringraziare Di Maio e Salvini per quello che stanno facendo”. In che senso? “Voi giornalisti, con malizia, l’avete chiamata la strategia del pop-corn. Io provo a metterla in maniera diversa: in soli sei mesi i populisti al governo hanno dimostrato che la politica delle fake news non funziona perché è incompatibile con la realtà – e anche gli elettori del Movimento 5 stelle se ne stanno rendendo conto, avete visto Di Maio che nella sua Pomigliano è stato costretto a uscire da una porta secondaria di una scuola che stava visitando? – e prima o poi qualcuno dovrebbe ringraziare il sottoscritto per non aver reso possibile un accordo con il cialtronismo grillino. Dopo di che, sì, io penso che se la Lega volesse andare alle elezioni il Pd dovrebbe accettare la sfida e dovrebbe provare a battere i populisti alle urne, ma ho come l’impressione che questa mia idea sia minoritaria all’interno dei gruppi parlamentari. Il Movimento 5 stelle non vuole le elezioni, la Lega neppure e se Salvini dopo le europee cercherà di rompere gli equilibri di questo governo non cercherà i voti in Italia ma li cercherà in questo Parlamento”.

  

Intanto però, da qui alle europee, c’è una manovra da portare a casa, uno spread arrivato alle stelle, una possibile procedura di infrazione da affrontare, e non è detto che tutto possa filare liscio fino al prossimo 26 maggio, data delle elezioni. E quando pensa ai prossimi mesi Matteo Renzi non può fare a meno di pensare a due ministri sui quali invita a fare una riflessione: Enzo Moavero e Giovanni Tria. “Con tutto il rispetto possibile io credo che Tria e Moavero oggi siano persino peggio di Salvini e Di Maio. Salvini e Di Maio corrispondono a due visioni politiche che combatto. Tria e Moavero invece sono stati individuati come i custodi della tenuta istituzionale del paese. La classe dirigente o presunta tale li ha scelti. Ma un ministro dell’Economia che ha perso credibilità non serve più a nulla. E un ministro degli Esteri che dopo averci regalato il Fiscal compact, ai tempi di Mario Monti, e dopo aver contribuito a farci perdere l’Ema a Milano, ai tempi di Paolo Gentiloni, oggi riduce un vertice internazionale, il cui esito è stato cancellato più velocemente di una conversazione su Snapchat, a una photo opportunity sulla Libia, beh, è un ministro che non mostra attenzione al servizio dello stato ma mostra solo servilismo al nuovo potere. Eppure, insisto, qualcosa di buono c’è in questo governo”.

  

In che senso? “Nel senso che la cialtronaggine non paga. Il tempo è galantuomo e sta mostrando i primi segnali: la doppia condanna di Marco Travaglio è solo l’inizio di un percorso che ci vedrà in tribunale prima e sui media poi all’attacco contro i profeti dell’odio. Grazie a questo governo, poi, sarà chiaro che per governare serve studiare. Che bisogna essere preparati. Che non si può promettere ciò che non è realizzabile. Sono sinceramente ottimista sul futuro. Sono convinto che chi gioca con la società della paura e della chiusura non ha futuro. Il futuro è di chi difende la società aperta, di chi ha fiducia nel progresso, di chi considera il nero da combattere non l’immigrato di colore ma il lavoro in nero, di chi crede che creare lavoro sia più importante che alimentare l’assistenzialismo. E sono convinto infine che le prossime Europee saranno uno spartiacque perché dimostreranno che il boom sovranista in Europa è una fake news, perché dimostreranno che il populismo nazionalista è un pericolo per l’interesse nazionale e perché dimostreranno che l’Europa ha gli anticorpi per respingere chi la vuole distruggere. L’Europa va cambiata, non va distrutta, va riformata anche con il sostegno di soggetti politici alternativi al populismo come per esempio i Verdi in Germania e Ciudadanos in Spagna. Scommetto che il bluff del sovranismo diventerà chiaro per la maggioranza degli italiani in un tempo inferiore a quello che si potrebbe credere. Bisogna essere pronti. Spietati contro i cialtroni. Ma senza perdere la fiducia nel futuro e con una parola chiave per costruire una sana alternativa allo sfascismo: l’ottimismo”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.