Luigi Marattin. Foto Imagoeconomica

Marattin unchained

David Allegranti

“Voto Minniti ma il congresso non risolverà i guai del Pd. La manovra? Un pericolo”, dice il deputato dem

Roma. Luigi Marattin, ex consigliere economico di Palazzo Chigi ai tempi di Renzi, non vede l’ora di incontrare le “migliori menti in circolazione” che lavorano con Laura Castelli, viceministra dell’Economia, quelle di cui ha parlato al Corriere della Sera in un gustosissimo dialogo con Fabrizio Roncone. “Onestamente, non ce n’eravamo accorti. Tolga loro il bavaglio e li faccia parlare… Anche se, a dire il vero, Castelli non mi pare accompagnata da delle menti in generale, figuriamoci le migliori!”, dice Marattin. Quelle menti, intanto, nascoste nel Palazzo, lavorano alacremente alla legge di Bilancio. Al Pd non piace, anche se Marattin salva la parte relativa alla finanza locale. “Quel pezzo lì, che io ho seguito quando ero a Palazzo Chigi, non è male ma deve essere migliorato. Infatti abbiamo presentato pochi emendamenti qualificati e spero che potremo avere un dialogo con il governo, spero che potremo lavorare insieme. Nel complesso però la legge di Bilancio è terribile”. Il deficit è eccessivo, “ma se ci hanno ripensato abbassandolo di qualche decimale io sono contento. Certo, il Pd ha sempre detto, e io sono d’accordo, che troppo deficit è sbagliato, perché così ci mangiamo tutto lo spazio fiscale che potrebbe servire quando arriverà la prossima recessione. Gli Stati Uniti sono al nono anno consecutivo di espansione economica, che è un record. Il ciclo europeo, anch’esso in espansione anche se non è un record, è uno dei più lunghi”. Insomma, è “fisiologico che nel giro di 12-18-24 mesi il ciclo si inverta e ci sia una recessione. In questo caso, presentarsi con un deficit già vicino al 3 per cento e il debito sopra il 130 per cento significa non avere armi per combattere la recessione. Per fare una politica anticiclica devi usare il deficit quando l’economia va male”. Marattin fa un parallelo con la medicina: “Se quando sei un po’ stanco ti prendi gli antibiotici poi quando ti viene la febbre davvero non hai più nulla da prendere”.

  

Marattin si definisce un “rigorista”, ma in certi casi fare deficit è persino utile e giusto, “eppure tutto questo deficit non viene usato per le tre cose che sarebbe necessario fare adesso: meno tasse, investimenti pubblici, sostegno alle famiglie che lavorano. Al contrario, questo deficit viene usato per il più grande programma di assistenzialismo clientelare della storia della Repubblica: quota 100, reddito di cittadinanza, pensione di cittadinanza. Per questo è una legge di Bilancio pericolosa e sbagliata”.

  

Marattin sosterrà Marco Minniti al congresso, “anche se questo congresso non mi entusiasma per nulla. Dico però si all’opzione Minniti, che mi pare meno lontana delle altre da quello che io penso. Lo choc della globalizzazione, che è iniziato con la caduta del Muro di Berlino e finito con la prima grande crisi della globalizzazione, è durato 25 anni. Gradualmente, siamo passati dal mondo vecchio a quello nuovo e ora siamo nel post-choc. Nel frattempo è stato travolto tutto quello che c’era prima, dal modo di fare economia alla politica. E’ stato infatti travolto anche il tradizionale campo da gioco delle offerte politiche. Non dico che non esista più la distinzione tra destra e sinistra, ma senz’altro si è affievolita. Oggi da una parte ci sono Steve Bannon e i suoi, dall’altra una cosa diversa che deve essere ancora costruita. Gli altri parametri sono tutti saltati. Lo dimostra anche la Lega, una forza tradizionalmente di destra, che oggi vuole mandare in pensione la gente prima”.

  

In un mondo così, dice Marattin, la parola d’ordine “non è protezione, ma opportunità e accompagnamento. Non vorrei più sentir dire che il mondo è cambiato ma che bisogna stare tranquilli perché c’è il potere pubblico che ti tiene al riparo dalla necessità di cambiare. Anzitutto, bisogna dire che il mondo è meglio di prima anche se non tutti riescono a cogliere le opportunità da soli. E li’ che lo stato deve aiutarti, molto meglio di quanto non abbia fatto”. Minniti è la risposta giusta a queste difficoltà, dice Marattin. Il discorso non vale per il congresso, destinato a non migliorare le condizioni di salute del Pd. “Non sono sicuro che questo congresso risolva i problemi del centrosinistra o del Pd. Le ultime due volte abbiamo vinto con il 70 per cento in nome di una linea politica che è stata bombardata dall’interno più che dall’esterno fin dal primo giorno. Vorrei capire perché stavolta dovrebbe accadere qualcosa di diverso, tenuto conto del fatto che se va bene si vincerà con il 51 per cento. Il punto è che il Pd fa fatica a essere una comunità politica. E in un partito il gruppo dirigente è legato da rapporti di rispetto e di comunanza; marcia insieme seppur con le differenze. Il Pd invece non è più una comunità politica, spero che torni a esserlo anche se qualche dubbio mi viene. Minniti, comunque, mi pare la persona più vicina a innescare qualcosa del genere”. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.