Zan Zig si esibisce con coniglio e rose. Manifesto pubblicitario del 1899 (Library of Congress)

La spazzatura da smaltire è il governo

Claudio Cerasa

Lo spread che va su, l’occupazione che va giù. Non fatevi ingannare dai litigi sul nulla. La ragione per cui Salvini e Di Maio sono sull’orlo di una crisi non riguarda la loro diversità ma la loro sintonia nel trasformare l’Italia in un paese senza futuro

I migliori giochi di prestigio di solito funzionano quando un bravo mago, prima di presentare la sua illusione, riesce a catturare per un istante la nostra attenzione su un dettaglio secondario, facendoci credere che il fuoco della scena non sia il cilindro che sta per inghiottire un coniglio bianco, ma sia quella nuvola di fumo comparsa improvvisamente sul lato esterno del palco. Da un certo punto di vista, il metodo di governo scelto da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio per guidare il paese è simile a quello usato dagli illusionisti, e la principale magia messa in scena dagli stregoni del cambiamento è quella di far sembrare centrali alcuni dettagli in realtà insignificanti della traiettoria dell’esecutivo trasformando di volta in volta gli elementi secondari in occasioni utili non solo per litigare ma per affermare una verità a cui Salvini e Di Maio sembrano giustamente tenere molto e che il Mario Brega di “Bianco Rosso e Verdone” avrebbe forse sintetizzato così: ’sta mano po’ esse’ fero, come l’opposizione, e po’ esse’ piuma, come il governo: oggi è stata ’na piuma.

  

I litigi basati sul nulla, basati cioè su questioni a volte centrali della vita pubblica del paese, ma marginali per quanto riguarda la scaletta del contratto di governo, permettono a Salvini e Di Maio di litigare a colpi di ceppe lanciate via social su argomenti come i termovalorizzatori, le manine dei condoni, la fedeltà dei tecnici del Mef, l’Alta velocità, i respingimenti dei migranti, le puttane nei giornali, i tempi dell’entrata in vigore della legge sulla prescrizione, e danno così la possibilità al leader della Lega e al capo politico del Movimento 5 stelle di essere percepiti tanto come leader di lotta quanto come leader di governo. I momenti in cui Salvini e Di Maio tentano di usare l’abito della lotta per far valere i propri princìpi su temi del tutto laterali rispetto alle priorità inserite nel contratto hanno però un significato importante in quanto permettono di costruire una narrazione relativa a un tema diventato sempre più centrale all’interno del dibattito dei due schieramenti: dimostrare, attraverso gli appassionati scazzi sul nulla, che in caso di fallimento del governo la colpa è degli alleati che non hanno permesso di mantenere i sogni contenuti nel programma.

 

E’ la linea che da qualche mese a questa parte riferisce esplicitamente ai suoi interlocutori il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, secondo il quale la Lega dovrebbe mandare a quel paese il prima possibile il Movimento 5 stelle e tentare in tutti i modi di costruire una maggioranza di centrodestra. E’ la linea che da qualche mese a questa parte sostiene il mullah del grillismo Marco Travaglio, convinto che Di Maio farebbe bene a valutare seriamente l’utilità di proseguire l’alleanza con Salvini perché il leader della Lega avrebbe stracciato il contratto di governo. Le posizioni di Giorgetti e Travaglio hanno una loro logica se si pensa ai dettagli, al fumo sul palco, ma perdono completamente una logica se si sceglie di mettere al centro il vero problema che rende fragile, debole, sfibrato, sofferente e forse presto morente il governo del cambiamento. Il punto è fin troppo evidente, ed è quello che vediamo ogni giorno quando osserviamo in coincidenza con l’arrivo di Salvini e Di Maio i posti di lavoro persi, la crescita bruciata, i rendimenti dei titoli di stato aumentati, la produzione industriale crollata, le banche entrate in sofferenza, gli investitori stranieri in fuga dall’Italia, la capitalizzazione della Borsa precipitata, lo spread in salita (ieri ha chiuso a 321).

  

Chi non avesse ancora capito qual è il vero dramma del governo del cambiamento, dovrebbe forse fare un piccolo sforzo di riflessione, di onestà intellettuale, e concentrarsi sulla ciccia: la ragione per cui più passa il tempo e più è evidente che Salvini e Di Maio sono incompatibili con la guida della settima potenza più industrializzata del mondo è legata non all’incompatibilità tra i due stregoni del populismo, ma alla loro perfetta compatibilità. Ed è proprio grazie alla splendida sinergia mostrata da Salvini e Di Maio nella demolizione delle riforme che negli ultimi anni hanno rafforzato la credibilità internazionale dell’Italia – il superamento del Jobs Act, l’aggressione alla legge Fornero, la violazione delle regole sul deficit, l’indifferenza rispetto al destino del debito pubblico, le risorse dedicate più alla creazione di assistenzialismo che alla creazione di lavoro – che il nostro paese si trova oggi nella condizione che tutti possiamo vedere: inaffidabile, immobile, ostile alle imprese, incapace di creare lavoro, nemico della crescita, isolato sul piano internazionale, percepito come un rischio dagli investitori.

  

Travaglio e Giorgetti potranno continuare a diffondere la simpatica bufala che i problemi del governo del cambiamento, e di riflesso dell’Italia, siano legati agli scazzi quotidiani registrati sul ceppometro di Salvini e Di Maio. Ma se allontaniamo per un attimo la nostra attenzione dai dettagli insignificanti ci renderemo conto che il problema dell’Italia, e di riflesso del governo, è legato proprio a quello che stanno combinando in perfetta armonia i due illusionisti al centro della scena, il cui cilindro incompatibile con la realtà oggi non sta inghiottendo solo un coniglio come nei migliori spettacoli di magia ma sta inghiottendo più semplicemente il futuro dell’Italia.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.