Siena, la sede MPS in Piazza Salimbeni. Foto LaPresse

Toh chi si rivede, il Pd (che alle amministrative rischia a Pisa e Siena)

David Allegranti

Tutto il senso del voto di domenica sta nella solita Toscana. Le sconfitte nei due capoluoghi certificherebbero la fine delle “regioni rosse”

Roma. Sì, sì, va bene: ci sono le amministrative e l’Italia è lunga e stretta, con la Sicilia e i suoi capoluoghi al voto, tra cui Ragusa, che diventò grillina anzitempo nel 2013, dove il sindaco uscente Federico Piccitto non si ripresenta e dove si candida Antonio Tringali. Dunque Catania, dove forse vincerà al primo turno il centrodestra, poi Trapani, Messina e Siracusa. E sì, sì, va bene, leghisti e Cinque stelle se ne vanno ognun per i fatti suoi, nonostante governino insieme a Palazzo Chigi; in Sicilia sono addirittura separati in casa nei comizi, nel senso che evitano accuratamente di incrociarsi nella stessa città mentre vanno a sponsorizzare i propri candidati, l’un contro l’altro armati. E sì, sì, va bene, c’è Brescia, dove governa il centrosinistra con Emilio Del Bono, che si ripresenta, ma è il centrodestra che rischia di fare il botto, idem a Vicenza, dove Otello Dalla Rosa alla prima candidatura affronta il centrodestra che alle elezioni politiche ha sfondato (Lega al 25 per cento, boom). Insomma, va bene tutto, ma è nella solita Toscana, a Pisa e Siena per la precisione, che sta tutto il senso delle prossime amministrative, che arrivano dopo i risultati regionali in Molise (al centrodestra) e in Friuli (centrodestra) ma soprattutto dopo la scoppola del 4 marzo.

  

“In Toscana vediamo arrivare adesso quello che altrove c’è stato due anni fa”, dice Lorenzo Guerini. Il Pd rischia di perdere dunque Pisa, Siena ma anche Massa. Le sconfitte in questi tre capoluoghi certificherebbero la fine delle “regioni rosse” (insieme a quella, possibile, a Terni, in Umbria). Il caso Siena è emblematico, forse più dell’anarchica Livorno, dove il M5s ha vinto le elezioni nel 2014. Il “groviglio armonioso” governa da sempre la città del Palio ma il Pd ha trovato il modo di farsi del male. Prima ha cercato di non confermare il sindaco uscente Bruno Valentini, minacciando guerre e tafferugli (attraverso il consigliere regionale turborenziano Stefano Scaramelli), poi l’ex presidente del Consiglio regionale toscano Alberto Monaci, che nel 2012 già disarcionò Franco Ceccuzzi portando il comune al commissariamento e a elezioni anticipate, ha schierato Alessandro Pinciani – iscritto al Pd e pronto per essere espulso – contro Valentini. Insomma, è Pd contro un pezzo del Pd. Assenti i Cinque stelle, che non hanno ricevuto la certificazione da Roma (o meglio dalla Casaleggio Associati) e chissà a chi daranno i loro 6 mila voti. Insomma, è scontato il ballottaggio. Resta da capire tra chi. In campo ci sono anche un ex sindaco, l’arcigno Pierluigi Piccini, ex Ds in altre epoche della sua vita, e Luigi De Mossi, avvocato, per il centrodestra.

   

Pisa invece viene data per persa. Anche lì i renziani volevano un altro candidato e infatti lo stesso Matteo Renzi aveva chiesto all’ex deputato Federico Gelli di presentarsi. Gelli però, rimasto escluso dalla corsa per il Parlamento, ha preferito non farsi fregare (già gli era capitato in passato, quando Renzi lo fermò per la corsa a governatore) ed è tornato a fare il medico. Il Pd le ha provate di tutte ed è riuscito a farsi male comunque: il partito ha lanciato le primarie per tentare di bloccare la candidatura dell’ex assessore Andrea Serfogli, ma nessuno si è presentato e Serfogli è stato candidato. Anche qui il M5s praticamente non pervenuto, visto che dopo duelli incrociati fra meetup concorrenti sono rimasti solo feriti sul campo e un candidato, Gabriele Amore, che rischia di fare poca strada. A farne parecchia potrebbe essere invece il centrodestra a trazione leghista con il candidato Michele Conti, scelto dalla nuova stella della politica toscana, la sindaca di Cascina Susanna Ceccardi. Alcuni episodi di cronaca rischiano di incidere pesantemente sul risultato. A Pisa c’è da qualche anno un serio problema di sicurezza e martedì due carabinieri sono stati aggrediti da decine di senegalesi dopo il sequestro di 160 borse contraffatte (il primo naso fratturato, il secondo lesioni alle costole). Matteo Salvini, che è in campagna elettorale da ministro dell’Interno, ne ha subito approfittato: “Serve tolleranza zero: espulsioni per i clandestini e restituzione alle nostre città di un clima di legalità, questo è il mio obiettivo”. Il resto è una vittoria forse assicurata al centrodestra. Sarebbe, senz’altro, storica.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.