La maschera di Luigi Di Maio in un carro del carnevale di Viareggio (foto LaPresse)

Piroette a 5 stelle

David Allegranti

Chi cambia idea è un “voltagabbana”, ma solo se non fa parte del partito di Grillo

Roma. I “voltagabbana”, termine caro a Luigi Di Maio, sono da sanzionare con centomila euro di multa soltanto se lasciano i Cinque stelle. Va tutto bene invece se mollano altri partiti per candidarsi alle elezioni con il Movimento. “Traditori” nel primo caso, “illuminati” nel secondo.

     

Leonardo Franci, candidato del M5s alle politiche nel collegio di Siena con un lungo passato nel centrodestra, ieri ha spiegato di essere stato iscritto alla Lega – come scoperto dal Foglio – a sua insaputa. “Nel 2017 a Montevarchi ho dato 20 euro a un mio caro amico, candidato consigliere comunale per la Lega Nord, Andrea Pesucci. Un aiuto personale dato a un amico. Certo, non potevo mai pensare che quella fosse una modalità per iscriversi al partito e mi meraviglio che una persona, senza saperlo, possa trovarsi così tesserato alla Lega”. Il Foglio però ha potuto visionare la ricevuta della tessera che lo qualifica come “sostenitore” a tutti gli effetti. Nel documento, rilasciato ad Arezzo, c’è “la firma del tesserato”. Quindi Franci non ha soltanto dato “20 euro a un caro amico”, ma si è iscritto alla Lega. Oppure – viene il dubbio – qualcuno ha firmato al suo posto?

 

L’aspirante deputato del partito di Beppe Grillo, classe 1983, ha comunque la tessera e la candidatura facile: è stato candidato per due volte, nel 2009 e nel 2011, in liste a sostegno di candidati sindaci di centrodestra ed è stato iscritto a Forza Italia-Pdl dal 2006 al 2011, come risulta dalle informazioni in possesso del Foglio. Chissà se anche in questo caso c’è di mezzo un amico troppo zelante. “Leonardo Franci lo conosco, voleva candidarsi a sindaco di Montevarchi per il centrodestra nel 2016: riflettemmo bene, poi candidammo Silvia Chiassai e facemmo bene, perché abbiamo vinto”, dice Stefano Mugnai, coordinatore regionale di Forza Italia in Toscana e candidato alle prossime elezioni. “Nella riflessione c’era anche il fatto che la volta prima aveva preso solo 14 preferenze, non un buon viatico per candidarsi a sindaco”, ha aggiunto Mugnai. Nel 2011 Franci si candidò a consigliere comunale nella lista civica di centrodestra Prima Montevarchi e, prima ancora, in un’altra lista civica di centrodestra nel 2009 a Bucine (21 preferenze).

      

“Le persone del centrodestra che mi conoscono a Montevarchi – spiega Franci – mi avevano chiesto in passato la mia disponibilità: ma entrambi non ci siamo trovati né sul programma né sui contenuti. Sono un imprenditore, stringo la mano a tantissime persone, se non dovessi parlare con alcune persone per differenze ideologiche il mio fatturato scenderebbe a zero”. Eppure, secondo il regolamento del M5s l’aspirante candidato al parlamento “non dovrà aver mai partecipato a elezioni di qualsiasi livello, né aver svolto un mandato elettorale o ricoperto ruoli di amministratore e/o componente di giunta o governo, con forze politiche diverse dal MoVimento 5 Stelle a far data dal 4 ottobre 2009”.

 

La tempistica dà ragione a Franci, nel caso delle elezioni del giugno 2009, ma in quelle del secondo caso, avvenute nel 2011, no. Secondo Franci però la candidatura del 2011 “era in una lista civica, palesemente civica, che candidava a sindaco un esponente del civismo di Montevarchi” (sostenuto però anche dalla Lega Nord). Franci non è l’unico nel M5s ad avere un passato nel centrodestra: Tiziano Mugnai, in lista al plurinominale della Toscana 4, nel 2009 si è candidato con la lista di centrodestra “Per un’altra San Giovanni”.

      

Insomma, il M5s s’indigna per i “voltagabbana”, poi però si riempie di candidati che hanno cambiato casacca. Come Salvatore Caiata, presidente del Potenza, una mezza vita trascorsa a Siena, dove è stato anche dirigente del Pdl, e oggi candidato in Basilicata, o Nicola Cecchi, ex renziano e oggi sfidante di Renzi nel collegio uninominale di Firenze. “Rivendico il mio diritto a cambiare idea”, dice Cecchi che appena un anno e mezzo fa faceva campagna elettorale per il Sì al referendum. “Allora la pensavo così, poi ho cambiato idea. Si può, no?”. Insomma, aggiunge Cecchi, “ho valutato, riflettuto e ho pensato che le mie idee coincidono con gran parte delle cose che dicono i 5 stelle”.

 

Ma sì, tanto destra e sinistra non esistono più, che vuoi che sia la differenza fra Pd e M5s? Formidabile questo partito di Davide Casaleggio, tra le truppe di riciclati che piroettano e fanno sfoggio di presunta purezza e gli indignati ex rivoluzionari da salotto pronti a mettersi la cravatta della domenica. Una piroetta tira l’altra: chi nel 2016 difendeva strenuamente la Costituzione, oggi scrive regole incostituzionali, come la multa da 100 mila euro; chi vuole suonarle ai voltagabbana, attira voltagabbana, perché le multe si fanno solo a chi abbandona il M5s. E’ il destino più classico riservato agli incendiari: nascere rivoluzionari e finire in braccio alla borghesia più rassicurante.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.