Dopo “Via col vento”, è ora di una guerra contro il comm. Zampetti

Al direttore - Nella cultura classica il nero è associato ai giorni funesti, alla morte, agli inferi. Nella tradizione giudaico-cristiana il demonio, principe delle tenebre, si personifica nell’etiope che, per la sua “nigredo”, supera anche l’egizio, storico nemico del popolo eletto. Come “niger puer” si presenta il diavolo ad Antonio e a Gregorio Magno, nera è la valle dell’inferno dantesco. Nella “Chanson de Roland” un saraceno, dal significativo nome di Abisso, è “nero come la pece fusa”. Speriamo che i Black Lives Matter de’ noantri lo ignorino. Sarebbero capaci, infatti, di mettere al rogo la Bibbia e i testi delle antiche letterature romanze.

Michele Magno

 

A proposito di degenerazione dell’antirazzismo. Ma di questo passo, quando inizierà una grande campagna di sensibilizzazione del paese contro le inaccettabili battute, in “Vacanze di Natale”, del Commendator Camillo Zampetti, solito rivolgersi ai camerieri orientali in modo piuttosto greve (“Ueh mare nostrum, dai ordine al tuo Shanghai di aiutarti”), solito rivolgersi alle persone di colore in modo sprezzante (“Ueh, Congo”) e solito rivolgersi agli inservienti in modo poco ortodosso (“Hai visto l’animale come è andato via scodinzolando?”). Dopo la rimozione di “Via col vento” dalla piattaforma Hbo e dopo le indiscrezioni sulla possibile rimozione del mitico “Hazzard” dalle piattaforme di Prime video, l’Italia dovrebbe essere all'altezza del nuovo delirio del politicamente correttissimo è organizzare una sessione di stati generali contro le sue “Vacanze di Natale”. Se non ora quando?

 


 

Al direttore - Il 14 marzo 2003 il Cancelliere Schröder si presentò al Bundestag per illustrare un piano di riforme strutturali denominato Agenda 2010. Il piano, centrato sulla liberalizzazione del mercato del lavoro, una profonda rivisitazione del welfare e un programma di abbattimenti fiscali, doveva servire a far uscire la Germania dalla profonda crisi in cui era precipitata e si inseriva nella strategia di riforme propugnata dalla Unione. Il paese era bloccato, non cresceva, aveva problemi di finanza pubblica, per l’Economist era “il malato d’Europa”. Le analogie con l’Italia odierna non mancano. Il varo del piano costò a Schröder la guida del governo e la sconfitta alle elezioni. Ma l’Agenda 2010 riportò gradualmente la Germania a essere competitiva e a crescere. La messa a punto delle proposte fu coordinata da Frank Walter Steinmeier, all’epoca uomo macchina di Schroeder, oggi presidente della Repubblica federale, che si avvalse del contributo dei suoi collaboratori alla Cancelleria e per il capitolo mercato del lavoro della consulenza di Peter Hartz, capo del personale della Volkswagen. Le cronache non riferiscono della esistenza di task force esterne né grandi né piccole. L’implementazione delle misure fu affidata al ministro delle Finanze Hans Eichel. Semplice no? Forse il governo italiano dovrebbe guardare a questa esperienza come modello operativo. Più che convocare grandiosi Stati generali di francese memoria forse dovrebbe fissare un orizzonte temporale alle sue riforme, attuarle e accettare gli eventuali costi politici della loro implementazione. Un’agenda, appunto.

Marco Cecchini

 


 

Al direttore - Sono pienamente condivisibili le osservazioni formulate dal Foglio, muovendo dalla progettata, ma nel frattempo accantonata audizione di Leonardo Del Vecchio, sul ruolo che starebbe assumendo la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche. La suddetta audizione, per di più mentre è in corso una procedura autorizzatoria da parte della Vigilanza unica sull’istanza volta ad accrescere la partecipazione della Delfin in Mediobanca da circa il 10 per cento a circa il 20 per cento, non avrebbe un adeguato fondamento giuridico, si inserirebbe in un contesto caratterizzato da una non esaltante, preventiva azione interdittiva svolta da altri soggetti dimentichi delle regole da osservare, si intersecherebbe con l’esercizio in atto dei poteri della Vigilanza, così finendo con il creare confusione e disorientamento. Non basta disporre dei poteri dell’Autorità giudiziaria per promuovere inchieste a 360 gradi, prive di collegamento con le finalità del lavoro di una tale commissione che è quella di proporre al Parlamento nella sua interezza eventuali riforme o modifiche normative ovvero il compimento di atti di sindacato. I caveat a suo tempo autorevolmente lanciati dal capo dello stato, Sergio Mattarella, con il messaggio in occasione dell’approvazione della legge istitutiva dell’inchiesta, rischiano di essere trascurati. Considerato che la commissione dura quanto dura la legislatura – altra scelta singolare – è chiaro che essa potrebbe, di questo passo, configurarsi nei fatti come un “superorgano di Vigilanza”, con una grave stortura istituzionale. Questi rischi furono indicati dall’opposizione quando era in carica il governo gialloverde. Ora che il governo è cambiato i rischi sono spariti o si vuole un certo “modus vivendi” in nome della politica che, invece, è una deteriore politica?

Angelo De Mattia

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