Marco Pannella nel 1970 (foto LaPresse)

Un consiglio alle sardine: riscoprite Pannella e Pasolini

Guido Vitiello

Il movimento ittico non riesce a trasformare le pretese in richieste puntuali. Per imparare, bisogna fare una nuotatina dalle parti di due vecchi pescatori d’anime

Sono sopravvissute al logo ambulante di Saviano, agli eterni movimentisti Vauro e Santoro, agli eterni apparatchik Fratoianni e Stumpo, ma ho il terrore che la benedizione di Erri De Luca, il vate generazionale degli infiniti anni Settanta, sia loro fatale. Il mio è perciò un servizio di pronto intervento, per salvare quel che di buono c’è nelle sardine dall’acqua ristagnante in cui vorrebbero tuffarle. Accorro a bordo della navicella corsara che Pasolini guidò alla volta del digiunatore Pannella. L’obiettivo del digiuno, scrisse sul Corriere nel luglio del 1974, era “una richiesta di garanzie di normalissima vita democratica” discendenti dai principi “metapolitici” della Costituzione. Ebbene, quattro delle sei “pretese” delle sardine – che i ministri lavorino nelle sedi istituzionali, che si esprimano nei canali propri, che la politica sia trasparente nell’uso dei social network, che l’informazione informi – appartengono a quella stessa famiglia. E in fondo anche la quinta – che la violenza sia bandita dal dibattito – a patto di amputarne la coda velenosa, che invita a equiparare violenza fisica e verbale (non sia mai). Solo la sesta pretesa – abrogare il decreto sicurezza – ha un contenuto politico positivo. Ma la forza di Pannella, per Pasolini, stava nel tradurre i princìpi metapolitici in una prassi politica realistica. Ed è questo che vi manca, care sardine: trasformare le pretese in richieste puntuali. In lotte. Fatevi una nuotatina dalle parti di quei due vecchi pescatori d’anime. Non si pascono di cibo mortale, e voi non finirete sott’olio.

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